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02/05/2023

Un governo di piazzisti

La prova finale che ci troviamo a fare i conti con un governo di piazzisti l’ha offerta proprio la premier Giorgia Meloni quando, alla comunicazione ufficiale, ha sostituito un video con lo stile di chi vende materassi in televisione illustrando il “fantasmagorico” decreto sul lavoro, concludendolo poi platealmente con l’apertura della porta sulla sala che da lì a poco avrebbe ospitato il Consiglio dei Ministri. Piazzisti dunque, incluso come ha detto il prof. Rovelli, l’essere anche “piazzisti di guerra”.

Nel merito del decreto stanno uscendo alcune anticipazioni che non promettono niente di buono (dalla reintroduzione dei voucher come forma di retribuzione all’eliminazione del Reddito di Cittadinanza, riduzione delle tasse sul lavoro solo per pochi mesi, estensione dell’apprendistato oltre i 29 anni etc.).

Insomma un pugno di polvere negli occhi sul quale costruire la narrazione di un governo “attento ai problemi dei lavoratori” e non solo a quelli degli imprenditori, dei concessionari di beni pubblici, degli evasori fiscali.

Una cortina fumogena necessaria per attenuare i colpi delle misure antipopolari che dovranno essere adottate per obbedire ai diktat europei, i quali dopo la “pausa pandemica” sono tornati a far sentire il loro peso sulle priorità economiche e sociali del paese.

Un governo di destra non ha e non può avere a cuore gli interessi di lavoratrici, lavoratori, disoccupati, giovani precari, perché li ritiene la parte sbagliata della società, un male necessario al quale riservare le briciole.

Perché le sirene di cui ascoltare il canto sono quelle degli interessi dei ricchi ritenuti “gli unici in grado di fare crescita economica” (cosa completamente diversa dallo sviluppo, peraltro). È la manifestazione più esplicita del dogma del trickle down, lo “sgocciolamento” della sola ricchezza eccedente verso il basso.

Abbassare le difese immunitarie della parte povera della società attraverso la dealfabetizzazione è stato il lavoro propedeutico fatto negli ultimi decenni. Le disuguaglianze sociali sono fondamento della disciplina sociale e delle gerarchie da rispettare.

Aver esteso il segmento di società che vive nell’insicurezza economica e sociale fa sì che ogni briciola distribuita verso il basso sia vissuta come un'“ancora di salvataggio”. E del resto l’insicurezza è l’humus che consente di tenere al riparo le classi dominanti dalla rivalsa delle classi subalterne.

Questi ultimi anni, di “insicurezza”, ne hanno vista e distribuita a tonnellate: siamo passati dall’emergenza pandemica all’inflazione galoppante, dal boom della povertà e del lavoro povero alla guerra in poco più di trentasei mesi.

Se a questa condizione materiale aggiungiamo la totale perdita di credibilità della rappresentanza politica oggi a disposizione, il combinato disposto per un governo di destra, demagogico, socialmente selettivo e autoritario, è al meglio delle sue possibilità.

Ma a guastare le vendite televisive e il fumo negli occhi del governo agiscono due fattori: il primo è la realtà dei fatti. Il secondo sono le spinte soggettive al cambiamento del quadro esistente. Il primo comincia a pesare come un macigno, le seconde stanno lavorando per crescere spostando le macerie lasciate in decenni dal centro-sinistra nella società.

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