Tra la notte e l’alba di questa mattina i militari israeliani hanno invaso il complesso ospedaliero Al Shifa, il più grande di Gaza, sotto assedio da sei giorni. Lo ha riferito l’agenzia di stampa palestinese Wafa, aggiungendo che, mentre continuano i bombardamenti aerei di copertura su parte della struttura, carri armati israeliani si sono stabiliti al suo interno, in particolare nei reparti di medicina specialistica, al pronto soccorso e nel reparto terapia intensiva. Secondo il network televisivo Al Arabiya, i militari israeliani hanno allontanato i giornalisti dal complesso, disponendo tornelli elettronici all’entrata ovest dell’ospedale.
Violenti scontri sono scoppiati intorno alla struttura e al suo interno.
Uno dei portavoce militari israeliani, Peter Lerner, ha spiegato all’emittente statunitense CNN che i militari israeliani non stanno “invadendo” Al Shifa, ma stanno conducendo un’“operazione mirata e precisa in una parte specifica” dell’ospedale, “al fine di sconfiggere Hamas”.
Ashraf al-Qudra, portavoce del Ministero della Salute di Gaza, ha detto che non c’è nulla che richieda di sparare all’interno dell’ospedale Al-Shifa perché non c’è alcuna forma di resistenza palestinese e ciò che l’occupazione israeliana sta facendo costituisce una forma di terrorismo contro medici e pazienti.
All’interno di Al Shifa, intanto, si trovano attualmente circa 650 pazienti, di cui cento tra pazienti in terapia intensiva e neonati prematuri, 500 medici e tra i quattromila e i cinquemila sfollati.
Nella Striscia di Gaza sono state uccise 11.255 persone, tra cui 4.630 bambini, 3.130 donne e 682 anziani, mentre 29 mila sono rimaste ferite.
3.250 sono dispersi e ritenuti morti sotto le macerie, tra cui 1.700 bambini.
Combattimenti a Gaza
La divisione 162 delle forze armate israeliane ha occupato il campo profughi di Al Shati e punta a ricongiungersi con la divisione 36 che è entrata nella Striscia da est, raggiungendo la costa. Nelle ultime ore ci sono stati almeno quattro scontri tra militari israeliani e combattenti palestinesi ad Al Shati. Secondo i militari, quasi tutte le altre case del campo erano dotate di trappole esplosive. Circa 150 mila-200 mila palestinesi sarebbero fuggiti dal campo quando le truppe israeliane sono entrate.
Nonostante l’operazione militare israeliana, da Gaza sono stati lanciati alcuni missili in direzione del territorio israeliano. Tre persone sono rimaste ferite, di cui una in modo grave, a Tel Aviv.
Cisgiordania. Il silenzio sulla mattanza in corso
In Cisgiordania dal 7 ottobre sono stati registrati 196 palestinesi uccisi e 2.700 feriti.
“Con l’inizio dell’attuale guerra a Gaza, sembra che Israele abbia trovato un’opportunità appropriata per aumentare il ritmo degli obiettivi, dato che ha una copertura internazionale, e non ci saranno critiche per il lavoro sul campo o per i crimini che compie in Cisgiordania”, ha detto al Palestine Chronicle l’analista palestinese Suleiman Bisharat.
Secondo Bisharat, questi attacchi israeliani a Jenin e Tulkarm mirano a porre fine alla Resistenza nel nord della Cisgiordania in modo che non si estenda ad altre città, e in modo che l’aggressione contro Gaza non sia un’opportunità per aprire un altro fronte di battaglia, che indebolisce l’esercito israeliano.
Libano. Hezbollah continua ad attaccare postazioni israeliane
In Libano movimento Hezbollah ha rivendicato un attacco contro la postazione militare israeliana di Birket Richa. “A sostegno del nostro incrollabile popolo palestinese nella Striscia di Gaza e a sostegno della sua resistenza valorosa e onorevole, i combattenti della Resistenza islamica hanno colpito la postazione di Birket Richa e le aree di raduno militare circostanti, con missili, che hanno raggiunto direttamente l’obiettivo”, ha spiegato il movimento. Hezbollah ha anche annunciato di aver colpito anche un’altra postazione militare israeliano nel nord di Israele, nei pressi della città di Kiryat Shmona, mentre le forze israeliane hanno risposto con colpi di artiglieria.
Negli Stati Uniti una rivolta morale contro Biden per il suo sostegno a Israele
Cresce il dissenso interno all’amministrazione Biden per il suo sostegno a Israele nella guerra a Gaza. Qualche migliaio di funzionari dell’Amministrazione Biden hanno contestato apertamente il sostegno dato a Israele dal presidente. Gli assistenti parlamentari che lavorano per i deputati democratici al Congresso manifestano contro i propri capi, con dei sit-in davanti al Campidoglio. La guerra di Gaza sta spaccando il partito democratico in modo clamoroso, portando le divisioni dentro i gangli vitali dello Stato.
Più di 400 esponenti di nomina politica e membri dello staff di circa 40 agenzie governative, scrive il New York Times, hanno inviato una lettera di protesta al presidente sollecitandolo a chiedere urgentemente un cessate il fuoco immediato nella Striscia e a spingere Israele a consentire l’arrivo degli aiuti umanitari nel territorio palestinese. Si tratta dell’ultima di varie lettere di protesta inviate da dirigenti di vari rami dell’amministrazione Biden.
Israele continua gli attacchi contro il segretario dell’Onu Guterres
Il ministro degli Esteri israeliano, Eli Cohen, ha invitato il segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, a dimettersi “dal momento che non merita di guidare l’Onu”. Cohen ha dichiarato che “Antonio Guterres non merita di guidare le Nazioni Unite. Non ha promosso alcun processo di pace nella regione”. Il ministro ha anche detto che la priorità del segretario dell’Onu dovrebbe essere liberare la Striscia di Gaza dal movimento islamista palestinese Hamas. Guterres era già stato criticato da Israele dopo aver affermato che, sebbene nulla giustifichi i crimini commessi da Hamas, essi “non si sono verificati nel vuoto” e successivamente per aver dichiarato quelli israeliani a Gaza crimini di guerra.
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