Cade l’ultima maschera dell’orrore genocida. Dopo lunghi giorni in cui le diplomazie di Egitto, Qatar, Stati Uniti, Turchia, Israele, avevano condotto faticosi negoziati per arrivare a una bozza di tregua a Gaza, l’ex “testa di cuoio” Benjamin Nentanyahu ha fatto saltare il tavolo dopo che Hamas aveva dato il suo sofferto assenso.
Ora è chiaro chi vuole proseguire con il massacro di civili inermi e piccoli gruppi guerriglieri (chiamare “guerra” quella in atto a Gaza è un insulto all’intelligenza umana: da una parte c’è un esercito tecnologicamente avanzato che dispone di tutti i tipi di armamento, atomica compresa, dall’altra squadre di “fanteria”, con fucili, cariche esplosive più o meno artigianali, qualche bazooka anticarro, senza più neanche i piccoli razzi autoprodotti).
Al termine di una giornata febbrile sul fronte dei negoziati, il premier israeliano si è rivolto alla nazione in conferenza stampa sostenendo che lo “Stato ebraico non può arrendersi alle condizioni deliranti” poste da Hamas che “porterebbero a un altro massacro” come quello del 7 ottobre.
Vale la pena di sottolineare almeno due cose: lo “Stato ebraico”, come Israele si dichiara a partire dalla riforma costituzionale voluta dallo stesso Netanyahu, è uno Stato confessionale e quindi fondato sulla differenziazione di diritti tra “ebrei” e persone aderenti ad altri credo religiosi. Dal punto di vista dei “valori democratici e liberali” vale insomma quanto un qualsiasi “Stato islamico” o “Stato cristiano”.
La seconda cosa è che per Israele valgono unicamente gli interessi di Israele. Il resto non solo non conta, ma non dovrà mai contare per nessun altro al mondo (altrimenti è “antisemita”).
“Solo la vittoria finale ci consentirà di portare la sicurezza nel nord e nel sud di Israele”, ha detto ancora il primo ministro israeliano, riferendosi anche ai confini del Paese con il Libano. “Siamo quasi vicini alla vittoria, che è la distruzione totale di Hamas. A Blinken ho detto che dobbiamo smilitarizzare completamente Gaza”.
La convinzione, o la strada obbligata, di Netanyahu è una scommessa già persa: eliminare tutta la Resistenza palestinese (non solo Hamas) in modo da poter trattare tutto quel popolo come “carico residuale” da “immagazzinare” a piacimento. Una “soluzione finale”, in cui “la sicurezza” coincide con l’eliminazione di qualsiasi nemico attuale o potenziale, in parte con lo sterminio fisico, in parte con la deportazione in altri paesi, insomma. Un delirio vero, in termini clinici...
Ma anche una dimostrazione e rivendicazione sfacciata di “suprematismo bianco ebraico” che risulta da anni inaccettabile per il resto del mondo, che a questo punto pone in grave imbarazzo – o almeno pare… – persino il “Grande protettore” statunitense.
Risulta infatti interessante che addirittura il segretario di Stato Usa, Antony Blinken (che è solito presentarsi nella sua doppia veste di capo della diplomazia Usa e membro della comunità ebraica) sia stato costretto ad avvertire che, certo, “gli israeliani sono stati disumanizzati nel modo più orribile il 7 ottobre. Da allora gli ostaggi sono stati disumanizzati ogni giorno. Ma questa non può essere una licenza per disumanizzare gli altri”.
Difficile presentarsi come “arbitri” del mondo riconoscendo ad un solo paese o una sola religione una “patente di superiorità” che regala l’impunità perenne per qualsiasi mostruosità commessa….
Non soddisfatto, Netanyahu ha annunciato anche di voler comunque invadere con le truppe di terra anche Rafah, l’ultimo quartiere di Gaza, a ridosso del confine egiziano, già pesantemente bombardato da quattro mesi a questa parte. Chiara dunque l’intenzione di voler “smaltire” i sopravvissuti al di là di quel confine.
Di fronte a questa dichiarazione, Sami Abu Zuhri, alto funzionario di Hamas, ha replicato bollando le sue parole come una “forma di spavalderia politica” che mostra “l’intenzione di portare avanti il conflitto” nella regione. “Siamo pronti ad affrontare tutte le opzioni”, ha avvertito.
La superiorità militare immediata di Israele è indubbia da sempre. Ma anche i teorici della guerra più estrema hanno dimostrato che senza un obiettivo politico accettabile dai nemici e dai “confinanti” questa superiorità non produrrà mai “pace” e dunque neanche “sicurezza”. Tanto più se ad agire così è un paese che non ammette confini precisi – riconosciuti internazionalmente – e si espande con la guerra da 80 anni.
Una constatazione che ora sembra farsi strada anche nel più guerrafondaio establishment statunitense. Persino l’ex segretaria di Stato americana Hillary Clinton critica ormai apertamente Benjamin Netanyahu e ne chiede la cacciata.
“Netanyahu dovrebbe andarsene: non è un leader affidabile. È stato sotto il suo controllo che è avvenuta l’aggressione. E se è un ostacolo a un cessate il fuoco deve assolutamente andarsene”, ha detto al programma Alex WagnerTonight della Msnbc.
“Penso che Biden abbia fatto tutto ciò che poteva: rispondere alle legittime preoccupazioni del popolo israeliano dopo il 7 ottobre, allearsi con Israele di fronte ad un attacco terroristico da parte di un’organizzazione terroristica. Ma penso che sia anche chiaro che Biden sta facendo tutto il possibile per influenzare Netanyahu”. Senza risultati, questo è chiaro.
Il che apre necessariamente le porte a soluzioni diverse. Devono essere fischiate le orecchie, a Washington, alla notizia che la Russia – da sempre più che “tollerante” con le mattane di Israele – si sta ora muovendo a tutto campo.
Vladimir Putin ha affermato che il ministero degli Esteri russo sta lavorando con l’ala politica di Hamas per aiutare gli ostaggi. Ne dà notizia l’agenzia Interfax.
“Sapete che dopo l’aggravarsi della situazione in Medioriente, la Russia sta facendo di tutto per aiutare le persone tenute in ostaggio. È noto che il nostro ministero degli Esteri sta lavorando con l’ala politica di Hamas, e in generale ci sono stati alcuni risultati”, ha detto Putin durante l’incontro con il rabbino capo della Russia Berl Lazar e il capo della Federazione delle comunità ebraiche Alexander Boroda.
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