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10/02/2024

Piñera muore nella più completa impunità

È morto Sebastián Piñera. Naturalmente, i partiti della Destra gli hanno reso laconici tributi, sottolineando il suo patriottismo e quel genere di cose per le quali i padroni tendono a congratularsi con se stessi. Il PPD [Partido Por la Democracia, ndt] e il PS [Partido Socialista, ndt] hanno avuto lo stesso atteggiamento, con meno aggettivi. Nel Fronte Ampio Convergenza Sociale e Rivoluzione Democratica esprimono cordoglio e rispetto.

La stessa cosa fanno la Democrazia Cristiana e il Partito Comunista. Il primo partito lo fa al di là delle “differenze democratiche”, mentre il Partito Comunista lo fa al di là delle “differenze pubbliche”.

In blocco, tutti i partiti del regime si sono uniti in coro per rendere rispetto e omaggio democratico nei termini espressi dal presidente Boric che gli rende omaggio “come democratico della prima ora“, mentre il Ministro degli Interni Carolina Tohá ha sottolineato che Piñera avrà “tutti gli onori e i riconoscimenti repubblicani che merita“.

Che un soggetto responsabile e accusato giudiziariamente di massicce e sistematiche violazioni dei diritti umani, un uomo che ha sottoposto il Paese a ripetuti Stati di Eccezione, coprifuoco, un governante che ha ordinato il terrore che ha significato più di 40 morti, più di 450 occhi mutilati, migliaia di politici prigionieri e decine di migliaia e milioni di gasati e picchiati, sia considerato unanimemente da tutto lo schieramento politico un democratico, non può essere un errore.

Siamo in presenza di un gigantesco giudizio politico che può essere affrontato solo con il criterio di classe, come abbiamo indicato.

Non si sbagliano i DC e i PC – e nemmeno Daniel Jadue [PC, ndt] –quando indicano che l’unica cosa che li separava da Piñera erano “differenze”. Perché di differenze si tratta tra chi sostiene gli stessi interessi di classe, convergendo nella difesa delle istituzioni.

“Differenze” all’interno di un quadro istituzionale comune e non antagonismi di classe. In effetti, nessuna delle forze politiche del regime mente, ciò che fanno in primo luogo è proclamare una presunta vittoria politica contro le masse alle quali si vuol far credere che viviamo sotto un regime in cui il potere risiede nella nazione e che esso viene esercitato mediante le elezioni periodiche.

A rigor di termini, non mentono nemmeno i servitori del capitale quando classificano Piñera come un “democratico“, lo era, effettivamente, come lo sono stati nel nostro paese almeno tutti coloro che sono stati il risultato del voto popolare.

Da Aylwin, passando per Frei, il napoleonico Lagos, Bachelet e il grottesco Boric, sono effettivamente “democratici”, ma democratici borghesi, del capitale. Questo è il significato dei pomposi funerali di Stato, dei giorni di lutto e degli sproloqui sulla democrazia.

Dalla rivista El Porteño non solo rigettiamo queste espressioni, ma al contrario approfittiamo di questo momento per ribadire che la morte di Piñera non cancella il suo carattere di nemico di classe e non ci impedisce di descrivere i suoi due governi come attacchi fenomenali alla stragrande maggioranza dei lavoratori di questo paese.

Solleviamo questo argomento perché, al di là delle sue peculiarità come imprenditore e speculatore finanziario, da un punto di vista politico, i governi di Piñera sono espressione della vera natura di classe della democrazia rappresentativa che sostiene il nostro ordine costituzionale.

Non abbiamo nulla da festeggiare e, inoltre, la sua morte non ha avuto nulla a che fare con l’avanzamento della lotta popolare, né con l’esercizio di forme più elevate di mobilitazione. Piñera avrebbe dovuto affrontare la giustizia proveniente dalle organizzazioni popolari che avrebbero saputo perfettamente come farsi carico di una questione così criminale.

Tale giustizia non ha avuto luogo e – è stato ripetuto in diversi forum e spazi – Piñera è morto nell’impunità e canonizzato dal regime, elevato allo status di ‘santo civile’, di ‘patriota’ e di ‘repubblicano’.

Se la morte di Piñera e la gigantesca manovra politica in corso ci mostrano qualcosa, questa è l’enorme capacità del regime di rigenerarsi con la prospettiva di far riemergere le illusioni democratiche del popolo.

La morte è un evento del tutto casuale, ma i discorsi e le cerimonie promosse, ben lungi da ogni improvvisazione, puntano a rafforzare le istituzioni e lo stesso Governo, che vi vede un raggio di luce per riaffermare il proprio progetto bonapartista.

Dalle file dei lavoratori e del popolo, dobbiamo sottolineare con chiarezza che non abbiamo interessi trasversali comuni con gli sfruttatori, che la repubblica democratica dei padroni non ci rappresenta e che se c’è una cosa di cui dobbiamo rammaricarci è non aver avuto al momento opportuno la forza di promuovere la rivolta popolare dell’ottobre 2019 come un’autentica rivoluzione che avrebbe portato i lavoratori al potere.

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Chile. Piñera muore in un incidente: un altro che se n’è andato senza pagare

Mentre ampi settori della regione di Valparaíso e di altre zone del Paese sono da giorni ferocemente colpite da un’ondata di incendi che ha causato centinaia di vittime, case e zone popolate povere, questo martedì 6 febbraio, l’ex presidente seguace di Pinochet Sebastián Piñera (74) è morto in un incidente con un elicottero che lui stesso pilotava e che è precipitato in mezzo al lago Ranco, nella regione di Los Ríos.

L’incidente è avvenuto a metà pomeriggio, nella zona rurale di Ilihue, quando era decollato sotto la pioggia dall’abitazione di uno dei suoi amici. Pochi minuti dopo l’inizio del volo, l’elicottero è andato fuori controllo ed è caduto. Piñera viaggiava con tre familiari, che si sono salvati; tuttavia, il miliardario ed ex presidente non è riuscito a uscire dai rottami dell’elicottero.

Stranamente, l’attenzione dei mass media si è spostata rapidamente dalla tragedia delle disgrazie di massa (gli incendi che fanno strage a Valparaiso, ndt) verso i dettagli di palazzo della morte di Piñera, che ha fatto la sua fortuna grazie alla sanguinosa dittatura militare iniziata l’11 settembre 1973.

Suo fratello, José Piñera, fu scelto dalla Giunta Militare come uno dei principali artefici civili della controrivoluzione cilena, responsabile dell’imposizione del programma capitalista neoliberista che permane fino ad oggi, inventore del fallito sistema dell’Amministrazione dei Fondi Pensionistici (AFP), privatizzatore seriale dei beni e delle industrie statali, e creatore di un antisociale Codice del Lavoro con lo scopo di distruggere quello che era il movimento operaio più potente e consapevole del continente durante gli anni ’50 e l’inizio degli anni ’70 del XX secolo.

Da parte sua, Sebastián Piñera ha goduto dei privilegi finanziari della tirannia, venendo addirittura salvato dal carcere a causa delle truffe bancarie di cui era protagonista in quel periodo.

Il defunto politico, secondo Forbes, possedeva una fortuna vicina ai 3 miliardi di dollari, che lo rendeva uno degli individui più ricchi del paese e del mondo.

Oltre a migliorare la propria situazione economica nelle due occasioni in cui è stato presidente, con l’appoggio delle forze reazionarie della società cilena, nel quadro di un regime politico duopolistico e antidemocratico e di alternanze con sfumature indistinguibili – lo stesso creato da Henry Kissinger per gli Stati Uniti Stati tra Democratici e Repubblicani, che poi ha irradiato verso le sue aree di influenza -, Sebastián Piñera segnerà la storia del Cile per l’impunità riguardo alla sua responsabilità politica nelle violazioni dei diritti umani commesse durante la cosiddetta esplosione sociale iniziata il 18 ottobre 2019 e che ha tenuto il sistema politico sulle spine per diversi mesi.

Le mobilitazioni popolari sono continuate fino all’arrivo della pandemia da coronavirus a seguito della quale l’amministrazione Piñera, insieme alla maggior parte delle tende politiche istituzionali, ha imposto uno stato di eccezione, coprifuoco e controllo sociale che hanno minato la forza della rivolta.

Secondo enti legati ai diritti umani e lo stesso Istituto Nazionale dei Diritti Umani dello Stato del Cile, durante la passata esplosione sociale, il governo di Piñera, attraverso la polizia militare e agenti delle Forze Armate, ha assassinato circa 40 persone;

Ha represso con una violenza inedita le manifestazioni pacifiche;

Ha sparato con munizioni belliche sulla popolazione inerme, sulle loro case ed edifici privati;

Ha torturato e violentato ragazze e ragazzi; ha mutilato parti dei volti e degli occhi di circa 500 persone;

Ha riempito le carceri di centinaia di prigionieri politici (alcuni ancora rinchiusi, in attesa di un processo che non arriva mai) e, in generale, ha aggredito migliaia di persone con abusi e vessazioni simili a quelli della dittatura militare.

Come in altre occasioni, l’élite politica del regime, con a capo il presidente Gabriel Boric, ha spostato l’attenzione persino dalla micidiale gravità degli incendi in corso, per sdilinquirsi in elogi dedicati alla figura di Sebastián Piñera.

Oltre a decretare tre giorni di lutto nazionale, Boric ha definito il defunto “un grande democratico“, come ha fatto il mondo imprenditoriale (Confederazione di Produzione e Commercio, PCC) che ha definito Piñera “un difensore della democrazia e uno statista”.

L’ex presidente democristiano Eduardo Frei Ruiz-Tagle ha affermato che il defunto “ha cercato di servire il Cile con grande passione”, mentre la ex presidente socialista Michelle Bachelet ha dichiarato: “Ho sempre apprezzato il suo impegno per il nostro Paese”.

Questo è stato il tono e il senso dei rappresentanti dell’intero arco dei partiti politici che compongono l’attuale amministrazione della Moneda. La società sa già come vogliono essere salutati i politici di professione che vedono nella morte di Piñera, come in uno specchio, il loro eventuale pensionamento per motivi mortali.

Dal basso, la gente comune ha inondato i social network e i telefoni cellulari con battute di umorismo nero. La verità è che Sebastián Piñera, come Augusto Pinochet e tanti altri, se ne è andato senza pagare nemmeno con un minuto di carcere le sue colpe politiche in relazione ai crimini di lesa umanità commessi contro gran parte della comunità nazionale.

L’impunità è dilagante. Fino alla prossima rivolta, dicono.

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