Della Valle perde la battaglia per il controllo del Corriere della Sera e grida al pericolo per la "libertà di stampa". Soltanto ora?
A sentir parlare di libertà, in questo paese, vien voglia di prendere in mano un bastone. Chi fa abuso di questa parola, infatti, è quasi sempre un potente che già può fare quasi tutto ciò che vuole – è quindi già di suo parecchio “libero” – e mal sopporta che ci sia un confine chiaro per poter fare ancora di più. Ciò che vuole.
Gli esempi non mancano mai, a partire da Berlusconi. Ma anche Marchionne, col suo “modello Pomigliano”, arrivato a insolentire persino il vescovo di Nola in un raptus di onnipotenza, non ci è andato leggero.
Se poi la parola – solo la parola, la realtà è sempre un'altra cosa – viene associata alla “stampa”, allora il gioco si fa più teso, complicato, ma anche più chiarificatore.
Nella battaglia per il controllo del Corriere della Sera, Diego Della Valle ha chiamato in causa nientemeno che il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Lamenta che Fiat, portandosi oltre il 20%, abbia acquisito il ruolo di “azionista di riferimento” del gruppo Rcs, relegandolo dunque – con poco più dell'8% – al ruolo di socio di minoranza non decisivo. E naturalmente ha chiamato in gioco Napoltano in nome della “libertà di stampa”, messa in pericolo dall'accoppiata La Stampa-Corriere della Sera in nab alla Fiat.
Lettera per molti versi addirittura commovente: "Presidente Napolitano, abbiamo bisogno di sentire la Sua voce, una voce forte, al di sopra delle parti e della massima autorevolezza. E' in pericolo la libertà di opinione di un pezzo importante della stampa italiana. Anche io, e credo molti italiani, abbiamo bisogno di conoscere il Suo pensiero".
"Sarebbe necessario che noi tutti, il gruppo che io rappresento, la Fiat, Intesa e Mediobanca, invece di rafforzare le nostre posizioni, facciamo un passo indietro e lasciamo completamente l'azionariato di Rcs liberandolo così da tutte le vecchie polemiche e da tutte le dietrologie di ogni tipo".
"Vedere in questa occasione il totale silenzio della politica vecchia e nuova è un fatto inspiegabile e molto preoccupante per la democrazia e mi ha convinto, ancora di più, a rivolgermi a Lei e all'autorevolezza che la Sua persona e il Suo ruolo rappresentano".
La domanda è: perché soltanto ora, con il cambio degli equilibri interni a Rcs, viene messa in discussione nientepopodimeno che la “libertà di stampa”? Fin qui tutto bene? Che Berlusconi abbia controllato cinque reti televisive su sei, oltre a diversi quotidiani e quasi tutti i periodici “di costume”, non era e non è un problema?
Per noi, che siamo esclusi da questi grandi giri, lo è, lo è stato, lo sarà ancora. Perché Della Valle urla soltanto adesso?
La risposta, crediamo, l'ha data lo stesso Marchionne, in presa quasi diretta. "Rcs è strategica, altrimenti non avremmo investito tanto".
Strategica per cosa? Non certo per fare profitti (l'azienda è in crisi, come tutta la carta stampata, e sta affrontando una ristrutturazione sanguinosa in termini di posti di lavoro; senza che peraltro i giornalisti del Corsera mostrino qualche minima condivisione “di status” – se non di classe – con le centinaia di migliaia di altri lavoratori in condizioni simili o decisamente peggiori). Ma per assumere il controllo dell'informazione che “fa” il business. Quella che usa i media come arma di pressione lobbistica su governi, amministrazioni locali, partiti (per quel che ancora ne esiste).
La libertà di stampa, in questo caso, c'entra fino ad un certo punto. Per questo l'urlo indignato di Della Valle ci sembra contenere parole già sentite (in quanto tali inquietanti per tutti, specie i “subordinati”) e una preoccupazione soltanto sua: restare un minor inter pares tra i padroni del vapore italiani.
Intanto, però, l'Antitrust – la stessa authority che non si accorge da secoli del monopolio berlusconiano sulle televisioni private e del monopolio Benetton sulle Autostrade – ha annunciato di avere aperto un dossier sul caso Corriere sella Sera.
"Abbiamo aperto un dossier, al momento solo a fini informativi". Risponde così il presidente dell'Antitrust, Giovanni Pitruzzella (uno che ha fatto carriera anche grazie alla presenza nella fondazione Magna Carta, insieme a Quagliariello), alla domanda se l'aumento delle quote di Fiat in Rcs pone dei problemi dal punto di vista della concorrenza.
Sui tempi "è ancora prematuro" dare indicazioni, aggiunge, a margine della relazione Agcom. Rcs frena improvvisamente a Piazza Affari dove ora guadagna l'1,38 per cento.
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