09/01/2014
Disoccupati come nel '77, urge rivolta
Come nel 1977, peggio che nel 1977. La disoccupazione giovanile raggiunge - dati Istat di stamattina - la stratosferica percentuale del 41,6%. C'è poco da consolarsi spiegando che, statisticamente, questo numero rappresenta la proporzione tra disoccupati "giovani" e totale dei disoccupati. Sono comunque 659 mila...
Ma non va bene per nessuna generazione in età lavorativa. A novembre 2013, gli occupati si sono ridotti a 22 milioni 292 mila, con una perdita ulteriore dello 0,2% rispetto al mese precedente (-55 mila) e del 2,0% su base annua (-448 mila).
Il tasso di occupazione, pari al 55,4%, diminuisce pertanto di 0,1 punti percentuali rispetto al mese precedente e dell'1% rispetto a dodici mesi prima.
Il numero di disoccupati è invece salito a 3 milioni 254 mila, con un aumento dell'1,8% rispetto al mese precedente (+57 mila) e del 12,1% su base annua (+351 mila). La crescita tendenziale della disoccupazione è più forte per gli uomini (+17,2%) che per le donne (+6,1%).
Il tasso di disoccupazione è perciò salito al 12,7%, in aumento di 0,2 punti percentuali in un solo mese e di 1,4 punti nei dodici mesi.
I disoccupati tra i 15-24enni - i giovani, per l'appunto - sono 659 mila. L'incidenza dei disoccupati di 15-24 anni sulla popolazione in questa fascia di età è pari all'11,0%, in diminuzione di 0,1 punti percentuali rispetto al mese precedente e in aumento di 0,4 punti su base annua. Il tasso di disoccupazione dei 15-24enni, ovvero la quota dei disoccupati sul totale di quelli occupati o in cerca, è pari al 41,6%, in aumento di 0,2 punti percentuali rispetto al mese precedente e di 4,0 punti nel confronto tendenziale.
Il numero di individui inattivi tra i 15 e i 64 anni invece diminuisce dello 0,2% rispetto al mese precedente (-24 mila unità) mentre resta sostanzialmente invariato rispetto a dodici mesi prima. Il tasso di inattività si attesta al 36,4%, stabile in termini congiunturali e in aumento di 0,1 punti percentuali su base annua.
La diminuzione degli inattivi - in presenza di una forte disoccupazione - si spiega abbastanza semplicemente: gli anziani che vanno in pensione, nonostante l'infame riforma firmata Fornero, e sono comunque più dei giovani che arrivano all'"età lavorativa".
Perché stiamo peggio del '77? Perché c'è ancora scarsa opposizione sociale, soprattutto nelle fasce giovanili. E dire che oggi non si può più nemmeno contrapporre seriamente "garantiti" e "non garantiti" (come qualche idiota cominciò a teorizzare allora), perché i primi non esistono più (dopo lo svuotamento dell'art. 18). Stiamo peggio perché la crisi va peggiorando invece di "finire", le politiche imposte dalla Troika provocano deflazione e chiusure in tutti i comparti dell'economia, e gli Stati nazionali non hanno più poteri di intervento in campo economico. Insomma: un'altra "legge 285" - quella del '77 - oggi non è possibile. In questo quadro politico europeo, certo...
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