Due guardie di frontiera saudite sono state uccise stamane in una
attacco avvenuto vicino alla frontiera con l’Iraq. Un terzo ufficiale
sarebbe rimasto ferito. Più volte, in passato, il confine tra l’Arabia
Saudita e l’Iraq – difeso da terrapieni, recinzioni e attentamente
monitorato da radar e telecamere – è stato il bersaglio di colpi di
mortaio sparati a distanza.
Secondo una prima ricostruzione fornita dal Ministero degli Interni e
riportata dall’Agenzia di stampa nazionale, gli uomini armati (non
ancora identificati) hanno sparato a una pattuglia vicino ad Arar.
Quando gli ufficiali di sicurezza hanno risposto al fuoco, uno degli
aggressori, prima di essere catturato, si sarebbe fatto esplodere.
A perdere la vita nell’attacco è anche un alto ufficiale. A riferirlo è
il portavoce del ministero, il Maggiore Generale Mansour Turki, che non
ha rivelato però alla stampa le generalità della vittima. Tuttavia,
stando a quanto riferisce il sito Sabq, si tratterebbe del Generale Oudah al-Belawi.
Riyad ha aumentato il controllo dei suoi confini da quando,
lo scorso luglio i miliziani dello Stato islamico di Iraq e Siria (Isis)
hanno conquistato ampie zone della provincia irachena di al-Anbar. Le
paure di attacchi di ritorsione da parte dei jihadisti islamici sul
territorio saudita sono cresciute a causa del coinvolgimento del regno
wahhabita nella coalizione anti-Isis a guida statunitense.
Gli oppositori all’attacco in Iraq e Siria di Washington e dei suoi
alleati occidentali (a cui partecipano anche cinque paesi arabi)
sostengono che siano stati proprio gli stati del Golfo (in
particolar modo l’Arabia Saudita) ad aver giocato un ruolo di primo
piano nella formazione ed espansione dei gruppi estremisti islamici come
l’Isis perché hanno armato, finanziato e sostenuto politicamente i
ribelli siriani e libici.
Secondo uno studio dell’organizzazione britannica “Conflict Armament Research”,
i fondamentalisti dello Stato Islamico starebbero usando armi americane
fornite dai sauditi ai ribelli “moderati” siriani. Lo studio ha
rivelato che i missili anti carro utilizzati dall’Isis sono identici ai
“razzi M79 trasferiti dall’Arabia Saudita alle forze che operavano sotto
l’ombrello dell’Esercito siriano libero nel 2013”.
Lo scorso novembre Riyad ha comunicato che sono circa 2.000 i sauditi
andati a combattere in Siria e Iraq. Di questi, 600 sono tornati nel
regno. Molti di essi sono stati arrestati con l’accusa di “terrorismo”.
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