Istituire una polizia significa governare un territorio. Come vediamo dalla foto, l’Isis ha istituito una polizia a Derna, in Libia. Segno, oltre che dell’innegabile passione Isis per la Toyota, che ci sono le condizioni per mandare a giro pattuglie dello stato islamico in un paese geopoliticamente molto vicino all’Italia. Ma cosa sta accadendo in Libia?
Per farla breve, la caduta di Gheddafi altro non ha fatto che accelerare le dinamiche di guerra civile in Libia. Dinamiche nelle quali si sono inseriti, dopo esser stati alleati contro Gheddafi, Emirati e Qatar per esercitare influenza nell’area. Ma anche gli interessi di Usa e Francia si stagliano, ben presenti, sullo sfondo. Figuriamoci quelli dell’Italia. Interessi che, però, sono stati nascosti con discrezione. La Libia nel mainstream riemerge per le polemiche sui barconi evitando persino di raccontare, come invece conferma Analisi Difesa, fonte un analista dell’accademia di Modena, che per spegnere l’incendio all’impianto petrolifero di Sidra c’è stato l’intervento della protezione civile italiana. Un intervento spettacolare, di quelli che piacciono ai media come il salvataggio del traghetto sull’Adriatico, oltretutto in zona di guerra ma, in questo caso, la discrezione è stata assoluta.
Eppure, andando su fonti americane e tedesche, si ha la netta impressione non solo di città ma anche di villaggi che non rispondono più a nessuno. Basti ricordare che Tripoli è in mano in parte a bande che rispondono solo a sé stesse, in parte ad Alba Libia, in parte direttamente a Isis. E queste tre entità sono in conflitto, quando non in guerra, tra loro. Non a caso il governo riconosciuto dall’occidente è fuggito a Tobruk vicino all’Egitto. La situazione sul terreno infatti, a parte la bandiera dell’Isis che sventola a Derna, è impressionante: si ricorda che, dopo che la capitale Tripoli è stata conquistata in estate dai ribelli islamisti di Alba libica, e controllata anche da bande che lavorano in proprio, il Parlamento riconosciuto dall’occidente si è trasferito nell’est a Tobruk. I ribelli, in compenso, hanno eletto un proprio governo, di stanza a Tripoli. Nell’est del Paese, a Bengasi, ex roccaforte della “Primavera araba”, l’esercito guidato dal generale Khalifa Haftar, uomo forte del governo di Tobruk combatte le milizie islamiste e jihadiste per il controllo della città. Milizie, islamiche e jihadiste, i cui interessi non sempre coincidono. Partendo dalla capitale invece, Alba islamica, che già ha il controllo di importanti pozzi petroliferi, si sta espandendo a ovest verso Zintan e i giacimenti di gas occidentali. E poi c’è Isis che non solo ha dichiarato il califfato a Derna ma anche lei conquista le proprie posizioni logistiche, commerciali e militari.
Gli islamisti di Alba Libica hanno accusato il loro acerrimo nemico, il generale Haftar (uomo forte del governo di Tobruk) di essere dietro l’assalto al Corinthia Hotel di Tripoli effettuato dallo Stato islamico qualche giorno fa. Al di là delle accuse molti analisti ritengono invece che l’Isis stia lentamente cercando di prendersi la Libia, approfittando della mancanza di qualsiasi istituzione.
La Libia servirebbe agli americani per la loro strategia di riposizionamento egemonico nell’area, ai francesi e agli italiani. Se la situazione degenerasse ulteriormente, il prossimo confronto diretto di Renzi non sarà con Berlusconi o Fassina per la legge elettorale ma direttamente con Isis. Perché chi vuole proteggere gli interessi delle proprie aziende oggi non può farlo più dando la procura agli americani. Deve partecipare direttamente alle avventure coloniali. Quindi, nei prossimi tempi, tanto più si parlerà insistentemente di “terroristi dell’Isis” infiltrati nei barconi tanto più vorrà dire che la situazione in Libia, per l’Italia, si farà pesante.
Gentiloni "non ci faremo intimidire da Isis"
Redazione, 2 febbraio 2015
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