21/07/2015
Il Sap rivendica "professionalità" nell'omicidio di Davide Bifolco
Quello che vedete qui su è il manifesto del Sap, Sindacato Autonomo Polizia, dedicato a Davide Bifolco e ai morti di Stato (alla vigilia del processo del 23 luglio per giunta nei confronti di un carabiniere, Gianni Macchiarolo, che sparò al 16enne di Rione Traiano nello scorso settembre, uccidendolo) comparso su diversi muri di Napoli. Non aggiungiamo commenti, perché basta leggere il testo per farsi un’idea: in pratica il sindacato autonomo di polizia rivendica l’uso delle armi e si dichiara “il braccio armato dello Stato”. Dunque secondo il Sap i colpi accidentali non esistono: sono colpi ben mirati, come quello a Davide, ucciso perché “ha osato contrastare la nostra forza, il nostro ordine”.
Un vero e proprio delirio, al momento non smentito dal Sap, che vi proponiamo integralmente.
Il titolo è “Basta Ipocrisie” E questo è il testo: “In occasione dell’inizio del processo per la morte di Bifolco Davide vogliamo portare chiarezza in una situazione che ci sta stretta nel caso della morte del giovane come in quello di di Uva Giuseppe, Giuliani Carlo, Aldovrandi Federico, Cucchi Stefano e tutti gli altri che possiamo ricordare. Abbiamo lasciato la parola agli avvocati, ai mezzi di informazione e a tutti quelli che hanno cercato di addolcire la realtà. Ora basta! Vogliamo far sentire la nostra voce, la voce delle forze dell’ordine.
Ordine con la O maiuscola perché è quello che garantiamo e difendiamo. L’ordine voluto dalla classe politica e protetto anche con l’uso della forza. Noi siamo quella forza. Noi siamo il braccio armato dello Stato. Ci siamo stancati di avallare teorie che parlano di colpi partiti accidentalmente e altre menzogne simili. Quella sera Bifolco Davide, come altri in precedenza, è morto perché ha osato contrastare la nostra forza, il nostro ordine. Morti che sicuramente potevano essere evitate ma per le quali non verseremo nessuna lacrima. Lo Stato ci arma, la maggior parte dei cittadini ci sostiene, e noi usiamo queste armi in loro nome e in loro difesa. La soddisfazione di essere considerati paladini della giustizia ci fa impugnare le nostre armi con estrema fierezza. Ci siamo stancati di sentir parlare di morti dovute alla nostra imperizia nell’usare armi o alla nostra sconsideratezza nell’usare la forza. Siamo addestrati per questo e la nostra professionalità non può e non deve essere messa in discussione in nessun caso. Questa è l’unica verità e l’unica giustizia. Il resto sono solo chiacchiere”.
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