L’intesa finale sul nucleare iraniano c’è e potrebbe essere firmata
lunedì prossimo, dopo la terza estensione del termine del negoziato in
due settimane. Lo fa sapere la stampa israeliana – allarmata – dopo
l’intervento in un dibattito tv di quello che è considerato il suo “più
rispettato analista mediorientale”, Ehud Yaari: secondo Yaari, infatti,
gli Stati Uniti avrebbero “capitolato” su “quasi tutte le
questioni-chiave sollevate nelle ultime tre settimane”. La maggiore di
queste concessioni alla Repubblica Islamica, secondo l’analista
israeliano, sarebbe la programmazione delle ispezioni agli impianti
nucleari del Paese: niente improvvisate, solo visite concordate e
approvate in anticipo dalle autorità iraniane.
Sebbene nessuno si sia ancora pronunciato ufficialmente sul
raggiungimento dell’accordo, che in origine era previsto per lo scorso
30 giugno, le dichiarazioni dei negoziatori e le voci di corridoio fanno
pensare a un progresso vero nei negoziati: oltre al mantra
statunitense “Non siamo mai stati così vicini a un accordo”, ripetuto
per l’ennesima volta ieri dal segretario di Stato John Kerry, il
ministro degli Esteri britannico Philip Hammond avrebbe dichiarato che
si “stanno facendo progressi, con dolorosa lentezza”.
La svolta pare sia arrivata ieri dopo che il ministro degli Esteri iraniano Mohamed Javad Zarif ha puntato il dito contro le potenze occidentali per lo stallo in corso:
“Le loro pretese – ha detto tra una riunione e l’altra – sono
eccessive”. Il quotidiano economico Bloomberg riporta invece una serie
di “incidenti” che hanno avuto luogo nei giorni che precedevano il
termine del 9 luglio, incidenti durante i quali sono esplose la
frustrazione e la stanchezza delle parti, soprattutto di quella
iraniana. Secondo quanto riporta Bloomberg, che cita l’agenzia stampa
iraniana IRNA, nella giornata di lunedì Zarif e Kerry sarebbero stati
sentiti litigare furiosamente in una stanza del Palais Coburg, fino a
quando un assistente di Kerry non è entrato per dire che da fuori tutti
lo stavano sentendo.
Il quotidiano riporta anche l’esplosione di Zarif sulla
questione dell’embargo alle armi, che le potenze occidentali vorrebbero
mantenere anche dopo un eventuale accordo: “Se vogliamo parlare
di sicurezza regionale – avrebbe detto spazientito Zarif – dovrei
trascinare ognuno di voi in un tribunale internazionale per aver
sostenuto Saddam”, in riferimento al supporto dato al dittatore iracheno
durante l’invasione dell’Iran nel 1980 e nella guerra che seguì per
altri otto anni. Sempre secondo Bloomberg, Zarif sarebbe “esploso”
insieme al suo omonimo russo Lavrov contro l’Alto Rappresentante UE per
la politica Estera Federica Mogherini, dicendole di smetterla con tutte
quelle “minacce”.
La tensione è palpabile, il tempo è poco – soprattutto per
l’amministrazione Obama, che ha 30 giorni di tempo per presentare
l’accordo firmato al Congresso e sperare che i democratici non gli
remino contro unendosi ai Repubblicani nel respingerlo – e alcuni nodi
restano. Sebbene l’agenzia stampa ufficiale cinese Xinhua abbia
riportato che Teheran e le potenze del 5+1 si siano quasi accordate sul
chiarimento del “presunto passato programma nucleare con scopo
militare”, rimangono la questione delle ispezioni nei siti militari –
cui la Repubblica islamica si oppone strenuamente in quanto “possibile
attività di spionaggio” – l’embargo sulle armi e la tempistica del
sollevamento delle sanzioni, che Teheran vorrebbe tolte subito dopo la
firma. Tutte questioni che dovranno essere risolte nelle prossime 72
ore.
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