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17/07/2015

Yemen - I sauditi mostrano i musocli e riconquistano Aden

“Il governo annuncia la liberazione della provincia di Aden”: con queste parole, scritte stamattina su Facebook il vice presidente del governo ufficiale yemenita ha siglato la peggiore sconfitta del movimento Houthi dallo scorso settembre, quando i ribelli sciiti occuparono la capitale yemenita Sana’a.

Le forze militari fedeli al presidente Hadi, coperte dai bombardamenti sauditi, hanno ripreso la città costiera meridionale di Aden, trasformata in capitale provvisoria dopo la caduta di Sana’a. Subito dopo la riconquista dello strategico porto cittadino, una delegazione ministeriale è stata inviata da Hadi in esilio da tre mesi in Arabia saudita.

Ad Aden sono atterrati in elicottero funzionari dell’intelligence e rappresentanti del governo (il ministro degli Esteri, quello dei Trasporti, l’ex ministro degli Interni e il vice presidente del parlamento) per «garantire stabilità prima del ritorno delle istituzioni dello Stato», ha detto una fonte locale alla Reuters. E se oggi il vice presidente dichiarava Aden “liberata”, la battaglia non pare del tutto cessata: ancora ieri proseguivano gli scontri tra forze governative e miliziani Houthi, lasciando dietro di sé – dicono fonti mediche – decine di vittime. Il movimento sciita ha risposto con un fitto lancio di razzi Katiusha contro la raffineria a ovest della città e contro il porto. L’aviazione saudita, da parte sua, ha intensificato i raid contro veicoli blindati Houthi che tentano di portare rinforzi.

Secondo testimonianze dei residenti, stamattina si registravano ancora scontri di più ridotte dimensioni nel distretto di Tawani, a ovest della città, ultimo quartiere in mano Houthi. Una cocente sconfitta per il movimento ribelle che per mesi ha resistito all’operazione militare saudita e agli attacchi di tante forze contrarie, da quelle governative a quelle islamiste (Isis e al Qaeda).

Senza il fondamentale sostegno dell’aviazione saudita e dei 100 veicoli blindati inviati da Riyadh (altri 45 dagli Emirati Arabi) è difficile che le forze governative potessero da sole cacciare il movimento da Aden, sebbene il presidente Hadi continui a dire di aver gestito direttamente l’operazione, ribattezzata “Freccia Dorata”. La potenza di fuoco immessa in tre giorni dall’Arabia Saudita è forse la risposta militare e simbolica all’accordo sul nucleare iraniano: Riyadh c’è e non intende piegarsi ad un nuovo super potere regionale.

La cosiddetta guerra civile prosegue ormai da 100 giorni e i più colpiti sono, ovviamente, i civili. Nel conflitto dimenticato dai media hanno perso la vita 3.500 persone, oltre la metà delle quali civili. Un milione sono gli sfollati interni, mentre oltre l’80% della popolazione (circa 20 milioni di persone) ha necessità immediata di aiuti umanitari.

Nei giorni scorsi l’Onu è tornata ad appellarsi al mondo perché si muova, ultimo richiamo di una lunga serie di dichiarazioni inascoltate. Stephen O’Brien, coordinatore Ore per il Soccorso d’Emergenza, mercoledì ha parlato di “situazione umanitaria catastrofica”: “Milioni di donne, bambini e uomini stanno affrontando violenza terrificante, fame estrema e scarsa assistenza medica mentre i combattimenti e i bombardamenti da parte di tutti gli attori non danno segno di volersi fermare”.

Un appello che giunge dopo il fallimento del cessate il fuoco umanitario che l’Onu era riuscito a siglare dopo settimane di tentativi a vuoto: venerdì scorso poche ore dopo l’inizio della tregua raid sauditi hanno colpito il paese. Riyadh si è giustificata: era la risposta ad un attacco Houthi. Intanto lo Yemen muore.

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