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05/09/2015

Unione Europea e Orban show

“Penso che abbiamo diritto di decidere di non volere un bel numero di musulmani nel nostro Paese” ha sentenziato nella conferenza stampa di Bruxelles con la certezza che ne contraddistingue pensiero e azione il premier ungherese Orban, di fronte allo sguardo smarrito e imbarazzato del presidente della Parlamento Europeo Schultz. I cultori dell’Orban-idea sostengono che il leader nazionalista pensasse alla storia del suo Paese soggiogato dall’Impero Ottomano fra il 16° e 17° secolo, ma altre decriptazioni e soprattutto mesi di spasmi fascistoidi e atti razzisti, di cui il triste muro è solo l’ennesima infamia, mostrano l’anima reale d’un capopopolo diventato capo d’una nazione che guarda al suo passato più cupo, segnato dalle Croci Frecciate del paranazista Szálasi. Esageriamo? I fatti sembrano dimostrare il contrario. Come i populisti reazionari d’ogni epoca, Orban semina a piene mani paura, disprezzo e odio: “Noi ungheresi abbiamo paura, perché i leader europei non sono in grado di controllare la situazione”. E mentre additava la Cancelliera Merkel quale responsabile del caos nei confini d’Europa dell’ultimo mese, andava in scena il concordato piano-beffa del viaggio nel vuoto vissuto da migliaia di profughi.

Le caotiche scene dell’assalto ai treni nella stazione di Budapest riaperta e lasciata senza controllo, le partenze verso una presunta destinazione tedesca, la sosta dopo pochi chilometri nella campagna in prossimità dell’ennesimo centro-prigione d’identificazione, che invece pullulava di poliziotti, hanno il sapore della crudele tortura psicologica di chi tuttora crede nei ghetti, e vorrebbe reintrodurli assieme a ogni forma di persecuzione verso altre popolazioni. Al cospetto dei gestacci di Orban anche la Merkel può apparire assennata e umanitaria quando, per tutta risposta all’accusa ungherese, ribatte: “La Germania fa quello che è moralmente e giuridicamente dovuto”. Ma si tratta d’un copione; ciascuno recita la sua parte. Con Hollande, Angela predispone un piano di accoglienza per i profughi (verrà discusso fra dieci giorni) e dovrà impegnare ciascuno dei 28 membri Ue, pena gravi sanzioni ovviamente economiche. Le tragiche ore e il contorno dietro accampamenti di fortuna e filo spinato, oltre a evidenziare le carenze e l’affanno dell’Unione Europea, la sua contraddittorietà, l’assenza d’una linea politica internazionale, il perenne ritardo su tutto ciò che concerne un mondo in trasformazione, mostra la sua lugubre anima nera, tollerata e conservata.

Mentre l’Europa s’abbandonava a far da stampella alla folle politica destabilizzante dell’imperialismo statunitense fra Eduring e Iraqi Freedom,  interventi in Libia e tacite accettazioni del mattatoio siriano, estremismi razzisti da curva calcistica montavano nel cuore dell’UE, a est come a ovest. Dai gemelli polacchi Kaczynski e soggetti come Bachmann di Pegida, trattati come macchiette, scaturiscono rappresentanze politiche che s’impossessano delle Istituzioni o le insidiano, Maidàn che le sconvolgono introducendo una latente guerra civile. Le predicazioni xenofobe dei Farage, Le Pen, padre e figlia, Salvini continuano a inquinare il pensiero di comunità che cercano in sciagurate chiusure passatiste soluzioni a nuove emergenze. Certo, guerra e crisi economiche di nuovo hanno ben poco, ripropongono disperazioni antiche e deja vu distruttivi. A questo modelli “democratici” basati su para progressiste socialdemocrazie o liberalismi di mercato non sanno offrire soluzioni. Risucchiano le vite di giovani, adulti e anziani in un proprio ghetto (l’Unione) che non può reggere gli tsunami migratori scatenati dalle mancate soluzioni socio-politiche in troppi angoli del pianeta. Se gli Orban sono cresciuti è anche grazie alle Merkel, agli Hollande, ai Renzi che conserviamo, poiché costoro anziché risolvere aumentano i problemi. E non è una boutade.

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