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05/03/2016

Italia 2016: la speculazione sulla fame

di Pasquale Cicalese per Marx21.it 

«Vogliamo essere certi che il fondo abbia un fondamento stabile. Non siamo contrari, in linea di principio, ma è importante che si rispetti ogni passaggio per arrivarci. In primo luogo bisogna far convergere i diversi quadri legislativi dei Paesi, che influenzano enormemente sulla solvibilità di una banca e la solidità di un sistema bancario. Abbiamo bisogno di un diritto fallimentare unico. Inoltre dobbiamo rendere più solide le banche al livello nazionale, dunque adeguare il capitale delle banche alla presenza di bond sovrani».

Dombrert, Ecco le condizioni per il fondo europeo salva-risparmio. Intervista a Alfred Dombrert, Vice Presidente Bundesbank, Vice Presidente Vigilanza Bce, La Stampa 23 gennaio 2016.

“Di fondamentale rilievo la modifica al codice civile, nel quale, dopo l'art. 2929 è inserita la Sezione I-bis riguardante l'espropriazione di beni oggetto di vincoli d'indisponibilità o di alienazioni a titolo gratuito. In proposito, l'art. 2929-bis c.c. introduce una tutela rafforzata per il creditore in caso di pignoramento, grazie alla revocatoria semplificata. L'istituto introdotto dal d.l. in esame fa sì che il creditore ove si ritenga pregiudicato da una donazione, da un fondo patrimoniale, da un trust ovvero da un vincolo di destinazione in genere, possa iniziare l'esecuzione forzata indipendentemente dall'ottenimento di una sentenza dichiarativa d'inefficacia del trasferimento (cd. revocatoria)”. 


“Ma non dimentichiamo gli interventi importanti già fatti dal Governo per accelerare il recupero del credito. Perché alla fine il salto di qualità è proprio questo. Il recupero svelto è la condizione necessaria per lo smaltimento dei credit non performing, un veicolo ad hoc in grado di fare incontrare domanda e offerta sarebbe la classica ciliegina sulla torta”.

Giù le mani dalle banche italiane, Intervista a Carlo Messina, Amministratore delegato Intesa SanPaolo, MilanoFinanza 23 gennaio 2016.

Di questi tempi ti accorgi che ci vorrebbe Sbancor. Lui, che dall’ufficio studi della fu Capitalia seguiva i movimenti di capitale e scriveva note sugli indici borsistici. Peccato, sarebbe stato di fondamentale utilità di questi tempi.

Perché non sappiamo come si stanno muovendo i capitali in Italia in questi mesi, ne sapremo di più a giugno quando la banca centrale italiana pubblicherà il Bollettino Economico con il conto finanziario delle partite correnti. Solo allora sapremo se e quanti capitali sono stati esportati all’estero.

Nel frattempo i media tacciono, qualche cosa trapela dalla Popolare Vicenza o da Mps, ma non di più. Su diversi siti si parla di “bankrun”, di fuga dei depositanti, ma numeri non ce ne sono. Sappiamo solo qualcosa fino a settembre scorso: il Target2, che descrive i movimenti di capitali nell’eurozona, in Italia è passato da un passivo di 164 miliardi di gennaio ad un passivo di 236 miliardi di settembre. Un deflusso di 71 miliardi dall’Italia che ha preso la via della Germania contribuendo a peggiorare il saldo del nostro paese con Francoforte. E non era ancora successo il bail in delle quattro popolari.

Per il resto tutto tace, non si sa niente. Dopo i crolli borsistici dei giorni scorsi a maggior ragione, meglio non parlarne.

Così come è meglio tacere del Decreto legge n. 83 del 27 giugno 2015, vale a dire la nuova legge fallimentare che ha profondamente riformato il Regio Decreto n. 267 del 1942 che confluì nel Codice Civile dello stesso anno e, soprattutto ha superato il Dlgs 5 del 2006 voluto da Berlusconi che dava enormi vantaggi ai debitori. Meglio non parlarne perché si creerebbe un panico e una rivolta sociale.

E' che con la nuova legge la procedura fallimentare è stata notevolmente semplificata e ha tempi di esecuzione molto più corti della precedente. La procedura concorsuale, secondo notizie provenienti dal Tesoro italiano, la prossima settimana, con un decreto ad hoc passerà da 7 anni a 3,5. La nuova legge dà un potere enorme ai creditori; esiste, tra le altre cose, il Comitato dei Creditori, che ha un potere ab soluto, cioè sciolto da ogni vincolo giuridico, nei confronti del debitori.

Gli possono togliere tutto, al debitore rimarrebbe giusto per riuscire a mangiare durante la giornata, per il resto potrebbe essere spogliato, a differenza di prima, di quasi tutto. Il Codice Civile del 1942 dava forme di protezione giuridica al debitore: il legislatore, forte delle esperienze dei crolli del 1929 e della Legge Bancaria del 1936, si preoccupò di garantire ai debitori la difesa dei propri beni. Il Pd nel 2015 fa una legge che lo spoglia di quasi tutto e con tempi di esecuzione accelerati.

Perché è stata fatta questa legge? Ordine di Ue, Commissione Europea e Banca Centrale Europea, fortemente voluta dai settori finanziari e industriali italiani legati al capitale europeo. Essa era propedeutica al recupero dei crediti delle banche e di altri creditori. Occorreva una cornice giuridica che togliesse le difese legali al fallito di modo che i crediti rientrassero velocemente.

Da chi è costituita in Italia la platea dei debitori? Proletari che hanno contratto un mutuo e che non possono più pagare, commercianti, professionisti e soprattutto la platea di piccoli e medi imprenditori strozzati dalla crisi economica. Qui sono da fare alcune considerazioni. La realtà produttiva italiana dopo l’autunno caldo del 1969 mutò: il capitale italiano rispose all’offensiva dei proletari con il decentramento produttivo, specie nelle zone definite Terza Italia, vale a dire il nord est, l’Emilia, la Toscana e le Marche. Nacquero non meno di 700 mila imprese manifatturiere, non poche brillanti e con alcune caratteristiche.

Queste aziende erano e sono sotto-capitalizzate perché la ricchezza prodotta in questi decenni non è rimasta nell’impresa ma è confluita nelle cassaforte familiari degli imprenditori, spesso sotto forma di trust. Aziende povere, imprenditori ricchi. Le attività economiche venivano finanziate da banche territoriali avendo in garanzia immobili e liquidi dell’imprenditore.

Tale sistema ha funzionato fino all’entrata dell’euro ed è sopravvissuto fino al 2011. Il Dlgs 5 del 2006 rappresentava la difesa del blocco reazionario di massa di matrice berlusconiana e fascista dal capitale finanziario transnazionale ed europeo, che aveva e ha come cardine politico il PD. Già nel 1994 lo scontro era palese e il Pds si offriva al governo al servizio del capitale finanziario europeo costruendo una cornice giuridico-istituzionale improntata alla deflazione economica, cornice nota al Pci degli anni settanta che non a caso si batté contro l’adesione al sistema monetario europeo.

Fino a quando sono intervenute le “manovre fiscali di inusitata violenza” degli ultimi 4 anni che, unite alla tremenda restrizione creditizia operata dalle banche a seguito dell’esplosione dello spread, ha fatto crollare il pil e ha messo ko centinaia di migliaia di imprenditori, con le sofferenze bancarie aumentate in 4 anni del 400%. Ora questi prestiti costituiscono sofferenze bancarie, pari a 201 miliardi di euro. La nuova legge fallimentare ha avuto ulteriori modifiche ad agosto per garantire poteri ancora maggiori ai creditori.

Dopo di allora la stampa economica incominciò a parlare diffusamente della necessità di creare una bad bank per, si diceva, liberare capitale e aumentare il credito alle imprese, sane, italiane. La cornice giuridica era stata fatta, ora occorreva passare all’azione. Dopodiché interviene la Commissione che stoppa la bad bank nazionale e il putiferio finanziario che ne è seguito. Ora sembra che Tesoro italiano e Commissione Europea abbiano trovato la quadra: tante piccole bad bank.

Il punto da definire è che valore dare alle sofferenze bancarie. E qui viene il bello. In questi anni le banche hanno svalutato le sofferenze del 50% accantonando circa 100 miliardi per coprire le perdite. Le sofferenze vere e proprie rimangono quindi 100 miliardi. La Commissione Europea propone un valore di circa il 20%. Le banche avrebbero dunque un buco di decine di miliardi, c’è chi parla di 80, chi di 40, chi di 37 miliardi.

In ogni caso se passa questo valore le banche dovranno o accantonare i miliardi messi in perdita, prosciugando gli utili che in ogni caso non sarebbero sufficienti, oppure varare aumenti di capitale. In ogni caso si assisterebbe ad una nuova edizione di credit crunch, di restrizione creditizia che farebbe ancor più danni all’economia reale. Ma chi acquista al 20% queste sofferenze? Si parla di americani, francesi, inglesi e tedeschi.

Ora torniamo a prima. Mettiamo un proletario che non paga più il mutuo. Con la nuova legge fallimentare sarà cacciato di casa molto prima rispetto a quando c’era il Regio Decreto 267. Si leggono di comitati contro gli sfratti a Roma, Torino, Milano, Bologna, ecc. Ebbene, nei prossimi anni avranno molto da lavorare. Dunque la casa viene presa. Diciamo che la garanzia della banca era pari a 100. La società finanziaria acquista questa sofferenza bancaria a 20. Riesce in poco tempo a cacciare il mutuatario fallito e la rivende a 40. Un affare del 100%, roba che a Wall Street te lo sogni di questi tempi. Passiamo ad un imprenditore fallito. Costui non ha più i mezzi di una volta per costituire una società ad hoc per ripararsi dai creditori perché la nuova legge glielo impedisce. Diciamo che il valore dell’azienda è pari a 10 milioni. La società finanziaria acquista il credito a 2 milioni, caccia l’imprenditore e vende l’azienda ad un cinese per 6 milioni. Ha guadagnato il 200%. Non contenta, questa società aggredisce il trust dell’imprenditore e tutti i beni di cui gode, guadagnandoci ancor di più.

Questa è la speculazione sulla fame, l’Italia di questi tempi offre solo questo.

Per inciso, sappiate che Davide Serra, il finanziatore di Renzi e della Leopolda, ha creato una società veicolo per l’acquisizione di non performing loans (ma si, facciamo gli inglesi che fa tanto moda), cioè sofferenze bancarie, con una dotazione di 420 milioni di euro e sta acquistando a man bassa crediti deteriorati. Ecco dove sono andati a finire i 4 mila miliardi di Draghi, a rimpinguare le casse di speculatori che hanno come unico scopo fare gli avvoltoi di gente in difficoltà.

Ecco perché Dombrert vuole che il diritto fallimentare sia comune a tutto l’eurozona, ma in una cornice giuridica in cui i creditori hanno poteri assoluti.

Passiamo alle banche italiane. Ora, si è visto che la regola aurea del 20% del valore delle sofferenze bancarie li costringerebbe ad accantonamenti e/o aumenti di capitale per decine di miliardi nei prossimi anni, dopo tantissimi aumenti di capitali che ci sono stati dal 2011. Ci si stupisce, dunque, del loro crollo?

Ma non finisce, qui. Bundesbank, Schauble e la CDU tedesca vogliono che le banche abbiano titoli di stato per non più il 25% del loro capitale e che i titoli di stato siano prezzati come bond a rischio. Si dia il caso che le banche italiane non sono specializzate come le tedesche in derivati e speculazione varia ma abbiano la bellezza di 400 miliardi di titoli del Tesoro italiano.

Se passa questa norma della Bundesbank le opzioni sono due: o le banche italiane fanno ancor di più sbalorditivi aumenti di capitale o venderanno centinaia di miliardi di titoli di stato italiani. In questo caso ci sarebbe un tracollo del prezzo e un aumento pazzesco dei rendimenti, a tal punto che lo spread schizzerebbe nuovamente verso quota 500, come nel 2011.

Nell’uno come nell’altro caso le banche verrebbero acquisite con pochi spiccioli da operatori stranieri. Non parliamo poi di che fine farebbe il risparmio italiano, già prossimo alla fuga con le nuove regole del bail in. Non c’è niente da fare. Da decenni i tedeschi se la studiano a tavolino, mossa per mossa, pedina per pedina. Gioco a somma zero: togliere un concorrente dall’arena mondiale, prima con il debito pubblico, poi con le banche, successivamente con entrambi.

A quel punto che farà il PD? Magari una legge fallimentare sul debito pubblico e il Paese farà la fine del mutuatario o dell’imprenditore fallito, con i Davide Serra di turno che, con i soldi di Draghi, speculeranno sulla fame di un paese intero.

E in tutto questo frangente la crisi sarebbe dovuta alla Cina… quando in quel paese le vendite al dettaglio sono cresciute a dicembre sull’anno dell’11,1%, mentre se crescono da noi dello 0,8% parlano di boom di consumi… Per dirla con il Principe monarchico socialista Antonio de Curtis: ma mi faccia il piacere!

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