Come si sa, Angelo Panebianco, docente
ordinario di scienza della politica a Bologna e importante politologo,
abituale editorialista del Corriere della Sera, ha scritto un articolo che invitava a “preparare il popolo alla guerra di Libia”. A seguito di esso, i ragazzi del Collettivo Universitario Autonomo lo hanno contestato per un paio di volte chiamandolo assassino ed interrompendone la lezione.
Ne è seguito un caso nazionale, con la
stampa insorta a difendere l’insigne politologo, la polizia che gli
assegna una scorta (non c’è stato nessun accenno di violenza), la
Procura che sembra apra un fascicolo per “interruzione di pubblico
servizio” (criterio con il quale, fatte le dovute proporzioni, nel
sessantotto avremmo dovuto essere tutti deferiti ad una corte marziale)
mentre Rettore ed autorità accademiche, che evidentemente, non hanno
nulla di più serio da fare, studiano misure disciplinari per i
responsabili e via su questa strada, mentre l’illustre studioso ha fatto
balenare la possibilità di denunciare i contestatori.
Di Panebianco ho letto e spesso citato i
libri come il suo ottimo “Modelli di Partito” che, però è di 34 anni
fa, so che è uno dei pochi docenti italiani noti all’estero. Trovo le
forme della contestazione un po’ rituali, ripetitive ad anche un po’
rozze (nel 1977, almeno, c’erano gli “indiani” che usavano l’arma
dell’ironia e della creatività), ma, detto questo, mi pare che nella
sostanza i ragazzi abbiano ragione.
Ma insomma, ci sono state 4 guerre
maggiori (Golfo 1, Golfo 2, Afghanistan, Libia) e una pioggia di
interventi minori (Somalia, Sudan, Costa d’Avorio, Mali ecc. ecc.) e non
uno dei casi si è concluso positivamente, anzi ogni guerra ha posto le
premesse per un’altra guerra ed ha lasciato dietro stati falliti,
aprendo la strada agli jihadisti e, anzi che riflettere su tutto questo e
sul perché di 25 anni di fallimenti, tutto quello che i vertici europei
riescono a trovare è un’altra guerra che, per di più ha ottime
probabilità di trasformarsi in un disastro militare?
Ed un celebre politologo, non trova di
meglio che fare il coro d’appoggio a questi scriteriati, per una impresa
sconclusionata e votata al fallimento come questa. Insomma, inizio a
dubitare che sia poi quel grande politologo che ci era parso, anche
perché il livello dell’articolo è quello della Maggioranza Silenziosa
degli anni settanta (altro che intellettuale liberale). Peraltro, quando
si scrive su un grande quotidiano e si assumono posizioni che hanno
immediata influenza politica, si assumono delle responsabilità che
espongono anche ad essere contestati. I fischi fanno parte della lotta
politica in democrazia; magari i ragazzi sono andati oltre i fischi, ma
insomma, neanche tanto, non mi pare che ci sia stata alcuna violenza.
Vice versa, la posizione di Panebianco, sul piano morale, più ancora che
politico, mi sembra molto più grave ed anzi, usiamo i termini giusti,
proprio indecente.
Per cui, mi spiace, ma sto dalla parte dei ragazzi.
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