di Michele Paris
Si chiama
“Anaconda”, ha preso il via lunedì in Polonia ed è la più imponente
esercitazione militare condotta dalla NATO in Europa orientale a partire
dalla fine della Guerra Fredda. L’Operazione “Anaconda” coinvolgerà 31
mila soldati di 24 paesi e, fino al 17 giugno prossimo, prevede la
simulazione di scenari di guerra provocati da una “azione offensiva”
condotta dalle forze armate russe. Sinistramente, per partecipare alle
manovre i carri armati tedeschi hanno varcato il confine polacco da
Ovest verso Est per la prima volta dall’invasione nazista di questo
paese nel 1941.
Ufficialmente, l’operazione dovrebbe testare il livello di
cooperazione tra i comandi alleati e i soldati dei diversi paesi in
risposta a minacce di natura militare, chimica e tecnologica.
L’esercitazione consiste però di fatto in una prova di un’invasione del
territorio russo da parte delle truppe dei paesi europei occidentali e
orientali. I contingenti più numerosi sono quelli di Stati Uniti e
Polonia, con rispettivamente 14 mila e 12 mila uomini, mentre sono
presenti anche soldati di paesi non membri della NATO, tutti sotto il
comando del generale polacco Marek Tomaszycki.
Un anonimo diplomatico di un paese europeo di stanza a Varsavia ha rivelato al Guardian
che lo scenario “da incubo” evocato dall’esercitazione potrebbe essere
causato da un “incidente, un errore di calcolo che la Russia interpreti,
o decida di interpretare, come un’azione offensiva”.
L’Operazione
“Anaconda” s’inserisce d’altra parte in un quadro generale fatto di
pericolose provocazioni militari nei confronti della Russia, con le
quali la NATO intende precisamente suscitare la reazione di Mosca, sia
per legittimare il costante dispiegamento di uomini e armamenti lungo il
proprio fianco orientale sia, nel medio o lungo periodo, per
giustificare una possibile aggressione militare dagli esiti
difficilmente calcolabili.
Sempre il Guardian, nello
stesso articolo dedicato all’esercitazione NATO, ha dimostrato come i
partecipanti siano consapevoli della natura provocatoria delle
operazioni. “Esperti” in materia di difesa citati dal quotidiano
britannico hanno avvertito che una “qualsiasi incomprensione potrebbe
generare una reazione offensiva da parte di Mosca”. Allo stesso modo,
l’analista polacco Marcin Zaborowski, di un istituto di ricerca di
Varsavia, ha definito il clima attorno all’esercitazione “teso” e nel
quale non è da escludere il verificarsi di “incidenti”.
La
mobilitazione militare in territorio polacco ha suscitato la prevedibile
irritazione del governo russo. Fonti militari hanno fatto sapere che
Mosca ha disposto l’invio di tre divisioni – ciascuna composta da 10
mila uomini – ai confini occidentali in risposta all’esercitazione dei
paesi NATO.
Il ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, ha invece
risposto alle dichiarazioni al limite dell’isteria soprattutto di vari
governi dell’Europa orientale, affermando che “ogni politico serio e
onesto è ben consapevole che la Russia non invaderà mai nessun membro
della NATO”. Per questa ragione, ha proseguito il capo della diplomazia
russa, “non esistono minacce in questa parte del mondo che giustifichino
un’escalation” militare.
Quasi
ogni giorno, i governi NATO mettono in guardia dal pericolo
esistenziale rappresentato dalla Russia e da una rinnovata aggressività
che caratterizzerebbe le decisioni del Cremlino. In quest’ottica, i
paesi dell’ex Patto di Varsavia rischierebbero, letteralmente da un
momento all’altro, di vedere i carri armati russi attraversare le loro
frontiere.
Questo tentativo di ribaltamento della realtà,
amplificato dalla stampa ufficiale, trae spunto dalla crisi in Ucraina,
provocata, secondo l’interpretazione “mainstream”, dall’intrusione di
Mosca nelle vicende interne di questo paese e culminata con l’annessione
della Crimea, con buona pace di quanti continuano a considerare le
vicende del 2014 come un colpo di stato guidato da forze apertamente
fasciste sotto la direzione di Washington e Berlino.
Le manovre
della NATO in Europa orientale sono quindi di natura interamente
offensiva e l’Operazione Anaconda è solo la più recente, e non certo
l’ultima, delle iniziative intraprese negli ultimi due anni. Solo
qualche settimana fa, l’Alleanza aveva annunciato l’attivazione di un
nuovo sistema anti-missilistico in Romania, giustificato (assurdamente)
con la necessità di neutralizzare eventuali missili provenienti
dall’Iran, ma in realtà rivolto contro la Russia.
Sempre lunedì,
poi, 5 mila truppe NATO hanno inaugurato un’altra esercitazione
militare, in questo caso in Lituania, paese, assieme agli altri due del
Baltico, tra i più ostinatamente anti-russi del continente europeo.
Una
nuova accelerazione in questo senso è prevista durante il summit NATO
in programma l’8 e il 9 di luglio proprio a Varsavia. Qui dovrebbero
essere ratificate le decisioni di schierare in maniera stabile quattro
battaglioni in altrettanti paesi dell’Europa orientale (Polonia,
Estonia, Lettonia, Lituania), di istituire nuovi centri di comando
sempre ai confini con la Russia e di rafforzare i legami militari con
paesi come Georgia e Ucraina, se non addirittura di spianare la strada
al loro ingresso nell’Alleanza.
L’esercitazione in corso in
Polonia serve anche al governo populista di destra di questo paese per
alimentare la feroce retorica anti-russa che l’ha contraddistinto fin
dal suo insediamento nell’autunno scorso. Il gabinetto guidato dal
Partito Diritto e Giustizia (PiS) della premier, Beata Szydlo, e dell’ex
primo ministro, Jaroslaw Kaczynski, vede con sospetto sia l’Unione
Europea sia la Germania, mentre ambisce alla costruzione di legami più
stretti con NATO e Stati Uniti, a cui intende legare la sicurezza del
paese.
A dare un’idea dell’attitudine nei confronti di Mosca del
governo di Varsavia era stato un paio di mesi fa il ministro degli
Esteri polacco, Witold Waszcykowski, il quale durante una visita in
Slovacchia aveva definito la Russia una “minaccia esistenziale” ben più
grave del terrorismo e dello Stato Islamico (ISIS).
L’Operazione
“Anaconda” segna infine l’impiego per la prima volta da parte polacca
della forza paramilitare “territoriale” istituita dal governo e composta
da circa 35 mila uomini, in larga misura reclutati in ambienti di
estrema destra. La creazione di questa milizia si colloca in una fase
segnata da tensioni tra gli ambienti militari e l’esecutivo dopo che
quest’ultimo ha liquidato o costretto alle dimissioni un quarto dei
generali polacchi.
All’esercitazione
appena inaugurata dovrebbero partecipare due brigate di volontari a
fianco dell’esercito regolare, ma la loro presenza sta suscitando non
pochi malumori e preoccupazioni tra i vertici delle forze armate.
Il
malcontento registrato tra i militari a Varsavia non è peraltro un
fattore isolato, visto che gli orientamenti strategici del governo del
PiS sono visti con sospetto da almeno una parte della classe dirigente
polacca. Ugualmente, dietro all’ostentazione di unità delle forze armate
degli oltre venti paesi impegnati nell’esercitazione in Polonia si
nascondono divisioni significative sul corso delle relazioni da tenere
nei confronti della Russia.
Molti governi europei, infatti, pur
allineandosi formalmente alla linea dura dettata da Washington,
continuano ad auspicare un abbassamento dei toni e il sostanziale
ritorno alla normalità, così da non danneggiare ulteriormente gli
interessi economici ed energetici che li legano a Mosca.
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