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08/06/2016

La NATO alle grandi manovre

di Michele Paris

Si chiama “Anaconda”, ha preso il via lunedì in Polonia ed è la più imponente esercitazione militare condotta dalla NATO in Europa orientale a partire dalla fine della Guerra Fredda. L’Operazione “Anaconda” coinvolgerà 31 mila soldati di 24 paesi e, fino al 17 giugno prossimo, prevede la simulazione di scenari di guerra provocati da una “azione offensiva” condotta dalle forze armate russe. Sinistramente, per partecipare alle manovre i carri armati tedeschi hanno varcato il confine polacco da Ovest verso Est per la prima volta dall’invasione nazista di questo paese nel 1941.

Ufficialmente, l’operazione dovrebbe testare il livello di cooperazione tra i comandi alleati e i soldati dei diversi paesi in risposta a minacce di natura militare, chimica e tecnologica. L’esercitazione consiste però di fatto in una prova di un’invasione del territorio russo da parte delle truppe dei paesi europei occidentali e orientali. I contingenti più numerosi sono quelli di Stati Uniti e Polonia, con rispettivamente 14 mila e 12 mila uomini, mentre sono presenti anche soldati di paesi non membri della NATO, tutti sotto il comando del generale polacco Marek Tomaszycki.

Un anonimo diplomatico di un paese europeo di stanza a Varsavia ha rivelato al Guardian che lo scenario “da incubo” evocato dall’esercitazione potrebbe essere causato da un “incidente, un errore di calcolo che la Russia interpreti, o decida di interpretare, come un’azione offensiva”.

L’Operazione “Anaconda” s’inserisce d’altra parte in un quadro generale fatto di pericolose provocazioni militari nei confronti della Russia, con le quali la NATO intende precisamente suscitare la reazione di Mosca, sia per legittimare il costante dispiegamento di uomini e armamenti lungo il proprio fianco orientale sia, nel medio o lungo periodo, per giustificare una possibile aggressione militare dagli esiti difficilmente calcolabili.

Sempre il Guardian, nello stesso articolo dedicato all’esercitazione NATO, ha dimostrato come i partecipanti siano consapevoli della natura provocatoria delle operazioni. “Esperti” in materia di difesa citati dal quotidiano britannico hanno avvertito che una “qualsiasi incomprensione potrebbe generare una reazione offensiva da parte di Mosca”. Allo stesso modo, l’analista polacco Marcin Zaborowski, di un istituto di ricerca di Varsavia, ha definito il clima attorno all’esercitazione “teso” e nel quale non è da escludere il verificarsi di “incidenti”.

La mobilitazione militare in territorio polacco ha suscitato la prevedibile irritazione del governo russo. Fonti militari hanno fatto sapere che Mosca ha disposto l’invio di tre divisioni – ciascuna composta da 10 mila uomini – ai confini occidentali in risposta all’esercitazione dei paesi NATO.

Il ministro degli Esteri, Sergei Lavrov, ha invece risposto alle dichiarazioni al limite dell’isteria soprattutto di vari governi dell’Europa orientale, affermando che “ogni politico serio e onesto è ben consapevole che la Russia non invaderà mai nessun membro della NATO”. Per questa ragione, ha proseguito il capo della diplomazia russa, “non esistono minacce in questa parte del mondo che giustifichino un’escalation” militare.

Quasi ogni giorno, i governi NATO mettono in guardia dal pericolo esistenziale rappresentato dalla Russia e da una rinnovata aggressività che caratterizzerebbe le decisioni del Cremlino. In quest’ottica, i paesi dell’ex Patto di Varsavia rischierebbero, letteralmente da un momento all’altro, di vedere i carri armati russi attraversare le loro frontiere.

Questo tentativo di ribaltamento della realtà, amplificato dalla stampa ufficiale, trae spunto dalla crisi in Ucraina, provocata, secondo l’interpretazione “mainstream”, dall’intrusione di Mosca nelle vicende interne di questo paese e culminata con l’annessione della Crimea, con buona pace di quanti continuano a considerare le vicende del 2014 come un colpo di stato guidato da forze apertamente fasciste sotto la direzione di Washington e Berlino.

Le manovre della NATO in Europa orientale sono quindi di natura interamente offensiva e l’Operazione Anaconda è solo la più recente, e non certo l’ultima, delle iniziative intraprese negli ultimi due anni. Solo qualche settimana fa, l’Alleanza aveva annunciato l’attivazione di un nuovo sistema anti-missilistico in Romania, giustificato (assurdamente) con la necessità di neutralizzare eventuali missili provenienti dall’Iran, ma in realtà rivolto contro la Russia.

Sempre lunedì, poi, 5 mila truppe NATO hanno inaugurato un’altra esercitazione militare, in questo caso in Lituania, paese, assieme agli altri due del Baltico, tra i più ostinatamente anti-russi del continente europeo.

Una nuova accelerazione in questo senso è prevista durante il summit NATO in programma l’8 e il 9 di luglio proprio a Varsavia. Qui dovrebbero essere ratificate le decisioni di schierare in maniera stabile quattro battaglioni in altrettanti paesi dell’Europa orientale (Polonia, Estonia, Lettonia, Lituania), di istituire nuovi centri di comando sempre ai confini con la Russia e di rafforzare i legami militari con paesi come Georgia e Ucraina, se non addirittura di spianare la strada al loro ingresso nell’Alleanza.

L’esercitazione in corso in Polonia serve anche al governo populista di destra di questo paese per alimentare la feroce retorica anti-russa che l’ha contraddistinto fin dal suo insediamento nell’autunno scorso. Il gabinetto guidato dal Partito Diritto e Giustizia (PiS) della premier, Beata Szydlo, e dell’ex primo ministro, Jaroslaw Kaczynski, vede con sospetto sia l’Unione Europea sia la Germania, mentre ambisce alla costruzione di legami più stretti con NATO e Stati Uniti, a cui intende legare la sicurezza del paese.

A dare un’idea dell’attitudine nei confronti di Mosca del governo di Varsavia era stato un paio di mesi fa il ministro degli Esteri polacco, Witold Waszcykowski, il quale durante una visita in Slovacchia aveva definito la Russia una “minaccia esistenziale” ben più grave del terrorismo e dello Stato Islamico (ISIS).

L’Operazione “Anaconda” segna infine l’impiego per la prima volta da parte polacca della forza paramilitare “territoriale” istituita dal governo e composta da circa 35 mila uomini, in larga misura reclutati in ambienti di estrema destra. La creazione di questa milizia si colloca in una fase segnata da tensioni tra gli ambienti militari e l’esecutivo dopo che quest’ultimo ha liquidato o costretto alle dimissioni un quarto dei generali polacchi.

All’esercitazione appena inaugurata dovrebbero partecipare due brigate di volontari a fianco dell’esercito regolare, ma la loro presenza sta suscitando non pochi malumori e preoccupazioni tra i vertici delle forze armate.

Il malcontento registrato tra i militari a Varsavia non è peraltro un fattore isolato, visto che gli orientamenti strategici del governo del PiS sono visti con sospetto da almeno una parte della classe dirigente polacca. Ugualmente, dietro all’ostentazione di unità delle forze armate degli oltre venti paesi impegnati nell’esercitazione in Polonia si nascondono divisioni significative sul corso delle relazioni da tenere nei confronti della Russia.

Molti governi europei, infatti, pur allineandosi formalmente alla linea dura dettata da Washington, continuano ad auspicare un abbassamento dei toni e il sostanziale ritorno alla normalità, così da non danneggiare ulteriormente gli interessi economici ed energetici che li legano a Mosca.

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