Russia e Israele sono indubbiamente potenze concorrenti e in qualche modo nemiche, ma in uno scacchiere mondiale in rapida evoluzione contraddistinto da una sfrenata competizione globale, sembrano almeno in questa fase destinate ad intendersi.
La terza visita in nove mesi al Cremlino del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu sembra suggellare una vera e propria luna di miele tra i due paesi, in nome degli interessi condivisi. Man mano che Israele accentua il suo isolazionismo e la sua conflittualità nei confronti di Unione Europea e Stati Uniti, infatti, si avvicina oggettivamente ad una Russia che invece vuole spezzare l’assedio al quale la costringono Washington e Bruxelles. Anche se i due paesi hanno agende e obiettivi distanti, quando non contrapposti, per quanto riguarda il Medio Oriente, i punti in comune sono assai più numerosi di quanto non sembri.
Stando alle dichiarazioni diffuse dalle due parti dopo l’incontro di ieri a Mosca, il colloquio tra i due leader è stato più che fruttuoso. La Russia e Israele rafforzeranno la cooperazione per combattere il terrorismo, poiché su questo punto i due Paesi “sono alleati senza se e senza ma” ha fatto sapere Vladimir Putin durante una conferenza stampa congiunta con il premier israeliano. Il leader del Cremlino ha anche informato che con Netanyahu ha discusso della situazione in Siria e della prosecuzione dei contatti militari con Israele nella regione, pur riconfermando che Mosca è a favore “di una soluzione globale del conflitto israelo-palestinese”. Quanto alla Turchia, alla quale Mosca è da almeno un anno opposta in un contenzioso salito di tono a proposito proprio del conflitto in Siria, Putin ha affermato di non opporsi ai negoziati sulla normalizzazione delle relazioni tra Tel Aviv e Ankara in corso da qualche tempo.
Da parte sua il capo del governo israeliano ha sottolineato che “non ci sono restrizioni legali sulla partecipazione di società russe nei progetti di sviluppo e di gas in Israele”. Netanyahu ha anche dichiarato che Israele apprezza che vicino al Cremlino esista un centro dedicato allo studio della lingua ebraica, realizzato con il sostegno del governo russo, e ha espresso la speranza “che nel corso del tempo il numero di coloro che parlano l’ebraico in Russia sarà paragonabile al numero di chi parla russo in Israele”.
Insomma un vero e proprio idillio quello in corso tra Israele e la Federazione Russa che dimostra quanto mobili e asimmetriche siano diventate ormai le alleanze tra le potenze di diversa grandezza e quanto gli equilibri e i rapporti di forza mondiali siano mutati rispetto anche solo a pochissimi anni fa.
Un analista del quotidiano israeliano Maariv, considerato assai vicino a Netanyahu, segnala che il capo del governo di Tel Aviv sta cercando un “possibile sostituto degli Stati Uniti” e ne approfitta per inviare a Barack Obama – e alla prossima amministrazione Usa, qualunque essa sia – un segnale inequivocabile di sfida. Le relazioni tra i due paesi sui fronti commerciale, turistico e di sicurezza non sono mai state così buone e quasi sicuramente miglioreranno ora che l’ultrasionista Avigdor Lieberman, nato in Moldavia e da sempre fautore di un’alleanza con la Russia, ricopre la carica di ministro della Difesa. La decisione di Mosca di siglare un accordo economico che permetta l’erogazione delle pensioni agli immigrati russi arrivati nel cosiddetto ‘Stato ebraico’ prima del dissolvimento dell’Urss costituisce un viatico consistente, e la Russia punta molto al legame con il milione di ebrei russi (o di russi e basta) che vivono nel piccolo paese.
“Sono convinto che l’impulso per lo sviluppo delle relazioni commerciali potrebbe essere anche la creazione di una zona di libero scambio tra l’Unione economica eurasiatica e Israele. Recentemente i miei colleghi dell’Unione economica eurasiatica ne hanno parlato ad Astana e trattative concrete saranno avviate quest’anno” ha dichiarato Putin.
Se è difficile pensare che Mosca possa sostituire Washington come partner privilegiata e protettrice di Israele, è anche vero che la Russia potrebbe tentare di sfruttare in maniera spregiudicata la ormai siderale lontananza tra Stati Uniti e Israele, tentando di stringere rapporti privilegiati con il cosiddetto ‘stato ebraico’ prima che un’eventuale vittoria di Trump alle presidenziali d’autunno possa almeno in parte riavvicinare i due storici alleati. Se l’establishment israeliano tifa apertamente per il miliardario repubblicano ultrà – giovedì l’ambasciatore d’Israele a Washington Ron Dermer parteciperà ad una conferenza insieme al gotha del Partito Repubblicano – anche Mosca sembra preferire Trump alla signora Clinton, sperando che il tradizionale isolazionismo e non interventismo della destra a stelle e strisce conceda un po’ di respiro ad una Russia accerchiata ed in affanno.
Il problema è che le alleanze a geometria variabile che caratterizzano le relazioni contemporanee tra gli stati sono davvero troppo labili e possono indebolirsi o rompersi ad ogni folata di vento. Nonostante l’idillio con Putin, Netanyahu persegue anche una netta strategia anti-iraniana e antisciita in tutto il Medio Oriente – a partire dallo scenario siriano – che potrebbe rendere molto difficile un avvicinamento ulteriore con Mosca finché Putin continuerà a proteggere Damasco dall’insorgenza jihadista e sunnita che invece Israele sostiene (pochi giorni fa un viceministro israeliano si è vantato di un suo recente viaggio ad Aleppo e di un suo incontro con alcune fazioni ribelli siriane).
Inoltre la storica e strategica inimicizia con l’Iran, che ha minato grandemente i rapporti tra Israele e Stati Uniti dopo la decisione di Obama di venire a patti con Teheran sul programma nucleare e poi sulla lotta contro l’Isis, potrebbe costituire ora anche il maggiore ostacolo ad un’alleanza duratura con Mosca.
Per ora, però, sembrano prevalere alcuni interessi comuni di natura contingente. Nella guerra siriana Mosca e Tel Aviv si trovano su fronti opposti ma la Russia ha ottime relazioni, sul fronte commerciale ma anche militare ed energetico, tanto con l’Egitto di Al Sisi che con l’Arabia Saudita, che pure nel carnaio mediorientale tramano proprio contro le forze sciite che Putin sostiene. Ad Israele interessa che la Russia tenga a freno Hezbollah e le milizie sciite iraniane impedendogli di prendere il controllo della fascia di territorio vicine alle alture del Golan che, dopo aver occupato, Tel Aviv mira ormai apertamente ad annettere. “La Russia è una potenza mondiale e le nostre relazioni sono sempre più strette. Lavoro per aumentare la connessione perché è ciò che in questo momento serve alla nostra sicurezza nazionale e perché ha evitato scontri superflui e pericolosi alla nostra frontiera a nord” ha detto il leader israeliano prima di partire per Mosca, riferendosi proprio alla questione del Golan.
Prima di ordinare alle sue truppe e ai suoi caccia di intervenire in Siria al fianco dei lealisti, nel settembre dello scorso anno, Putin ha di fatto chiesto e ottenuto il via libera di Netanyahu, assicurando che la imponente missione militare russa in Medio Oriente non avrebbe direttamente minacciato Israele e i suoi interessi diretti. Addirittura i centri di comando dell’aviazione militare di Mosca hanno creato un canale diretto con gli omologhi israeliani per evitare incidenti e sovrapposizioni, esperimento replicato poi anche con i comandi della coalizione statunitense, superando le iniziali resistenze del Pentagono.
Quanto durerà l’attrazione fatale tra i due paesi? Difficile dirlo, ma a Washington la preoccupazione cresce...
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento