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17/08/2016

Yemen, i crimini silenziosi di Riyadh

di Michele Paris

Il bombardamento dell’ospedale di Medici Senza Frontiere (MSF) in Yemen il giorno di Ferragosto è stato l’ennesimo crimine di guerra commesso dalla “coalizione” militare guidata dall’Arabia Saudita in questo paese. Come ha spiegato l’organizzazione umanitaria francese, le coordinate GPS della struttura erano state comunicate chiaramente a tutte le parti impegnate nel conflitto, così che la strage che ha prodotto almeno 11 vittime e una ventina di feriti è quasi certamente da considerarsi deliberata.

Le forze armate saudite e i loro alleati sono invischiati da quasi un anno e mezzo in una guerra sanguinosa per reinstallare il presidente-fantoccio dello Yemen Abd Rabbu Mansour Hadi. Quest’ultimo e il suo governo erano stati costretti alla fuga in seguito all’avanzata dei “ribelli” Houthi sciiti che chiedevano una maggiore partecipazione dei rappresentanti della loro etnia nel governo del paese.

Quella che era stata lanciata come una guerra di breve durata  si è trasformata ben preso in un pantano segnato da migliaia di vittime civili, ma anche da perdite talvolta pesanti per i sauditi. Riyadh considera di importanza fondamentale la presenza di un regime favorevole ai propri interessi nel vicino Yemen. La presa del potere da parte degli Houthi, collegati da Riyadh in maniera sbrigativa all’Iran, ovvero l’arcinemico regionale dell’Arabia Saudita, era stata vista perciò con estremo allarme nel regno sunnita, dove è oltretutto presente una forte e inquieta minoranza sciita.

La guerra in Yemen ha finora causato, secondo le stime ufficiali, quasi 7 mila morti tra la popolazione civile, mentre i bombardamenti della “coalizione” internazionale hanno distrutto gran parte delle infrastrutture civili - inclusi ospedali e scuole - di quello che già in tempo di pace era il più povero dei paesi arabi.

Le bombe saudite hanno spesso preso di mira in maniera deliberata obiettivi di nessuna importanza militare, al preciso scopo di terrorizzare e piegare la resistenza della popolazione e, in particolare, degli appartenenti alla minoranza sciita.

Portavoci di MSF hanno ricordato come la distruzione lunedì dell’ospedale situato nella provincia settentrionale di Hajjah abbia seguito altri tre episodi di questo genere che avevano interessato strutture gestite dalla loro organizzazione in Yemen dall’inizio della guerra. Solo due giorni prima, le forze saudite avevano inoltre ucciso dieci studenti di una scuola nella provincia settentrionale di Saada, controllata dagli Houthi.

Le immagini delle macerie e delle vittime del più recente bombardamento sono state riportate dai media di tutto il mondo e hanno spinto il regime saudita ad aprire un’indagine per fare luce sull’accaduto. Come nei casi precedenti, tuttavia, l’iniziativa non darà alcun esito. La distruzione di un altro ospedale di Medici Senza Frontiere lo scorso mese di ottobre venne ad esempio giustificata dai sauditi con l’utilizzo della struttura come base militare da parte dei “ribelli” Houthi.

Mentre le vere o presunte operazioni contro i civili da parte delle forze russe o del regime di Damasco in Siria vengono duramente condannate da governi e media in Occidente, i crimini ben documentati dell’Arabia Saudita in Yemen sono tutt’al più oggetto di blandi comunicati che invitano alla cessazione delle ostilità e a cercare di risparmiare gli obiettivi civili.

Organizzazioni come Amnesty International e Human Rights Watch hanno peraltro condannato più volte i crimini commessi da entrambe le parti in guerra. Secondo le Nazioni Unite, però, le forze guidate dall’Arabia Saudita sono responsabili della maggior parte delle vittime civili in Yemen, tra cui più del 60% dei bambini uccisi dall’inizio del conflitto.

Se le responsabilità del massacro di lunedì in Yemen sono da attribuire interamente al regime saudita, non vanno dimenticate quelle degli Stati Uniti e degli altri governi che appoggiano sostanzialmente la guerra in questo paese. L’amministrazione Obama è con ogni probabilità preoccupata per i riflessi destabilizzanti del protrarsi delle operazioni militari saudite in Yemen. Tuttavia, Washington continua quanto meno a garantire appoggio logistico e assistenza a Riyadh nell’individuare i bersagli da colpire in territorio yemenita, senza contare le massicce forniture di armi.

Gli Stati Uniti operano inoltre da anni un programma di bombardamenti con i droni in Yemen, ufficialmente per eliminare affiliati ad Al-Qaeda nella Penisola Arabica (AQAP), che ha fatto anch’esso un numero imprecisato di vittime civili.

La posizione americana spiega dunque il comunicato estremamente cauto emesso dal Dipartimento di Stato dopo la distruzione dell’ospedale di MSF. Non solo, la mancata condanna della strage del regime saudita dipende anche dal fatto che le stesse forze USA hanno commesso alcuni mesi fa un identico crimine a quello dell’alleato saudita.

A ottobre, cioè, un aereo da guerra americano aveva colpito una struttura dell’organizzazione umanitaria francese a Kunduz, in Afghanistan, uccidendo 42 civili innocenti. L’incursione era durata più di un’ora nonostante membri di MSF avessero contattato immediatamente il comando americano per chiedere di fermare i bombardamenti.

Anche in quell’occasione, l’indagine interna del Pentagono servì fondamentalmente a impedire che fosse fatta luce sulla verità e, come nel caso dei sauditi in Yemen, a sottrarre i responsabili da una più che legittima accusa per crimini di guerra.

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