di Michele Paris
Il bombardamento dell’ospedale di Medici Senza Frontiere (MSF) in
Yemen il giorno di Ferragosto è stato l’ennesimo crimine di guerra
commesso dalla “coalizione” militare guidata dall’Arabia Saudita in
questo paese. Come ha spiegato l’organizzazione umanitaria francese, le
coordinate GPS della struttura erano state comunicate chiaramente a
tutte le parti impegnate nel conflitto, così che la strage che ha prodotto
almeno 11 vittime e una ventina di feriti è quasi certamente da
considerarsi deliberata.
Le forze armate saudite e i loro alleati
sono invischiati da quasi un anno e mezzo in una guerra sanguinosa per
reinstallare il presidente-fantoccio dello Yemen Abd Rabbu Mansour Hadi.
Quest’ultimo e il suo governo erano stati costretti alla fuga in
seguito all’avanzata dei “ribelli” Houthi sciiti che chiedevano una
maggiore partecipazione dei rappresentanti della loro etnia nel governo
del paese.
Quella che era stata lanciata come una guerra di breve
durata si è trasformata ben preso in un pantano segnato da migliaia di
vittime civili, ma anche da perdite talvolta pesanti per i sauditi.
Riyadh considera di importanza fondamentale la presenza di un regime
favorevole ai propri interessi nel vicino Yemen. La presa del potere da
parte degli Houthi, collegati da Riyadh in maniera sbrigativa all’Iran,
ovvero l’arcinemico regionale dell’Arabia Saudita, era stata vista
perciò con estremo allarme nel regno sunnita, dove è oltretutto presente
una forte e inquieta minoranza sciita.
La guerra in Yemen ha
finora causato, secondo le stime ufficiali, quasi 7 mila morti tra la
popolazione civile, mentre i bombardamenti della “coalizione”
internazionale hanno distrutto gran parte delle infrastrutture civili -
inclusi ospedali e scuole - di quello che già in tempo di pace era il
più povero dei paesi arabi.
Le bombe saudite hanno spesso preso
di mira in maniera deliberata obiettivi di nessuna importanza militare,
al preciso scopo di terrorizzare e piegare la resistenza della
popolazione e, in particolare, degli appartenenti alla minoranza sciita.
Portavoci
di MSF hanno ricordato come la distruzione lunedì dell’ospedale situato
nella provincia settentrionale di Hajjah abbia seguito altri tre
episodi di questo genere che avevano interessato strutture gestite dalla
loro organizzazione in Yemen dall’inizio della guerra. Solo due giorni
prima, le forze saudite avevano inoltre ucciso dieci studenti di una
scuola nella provincia settentrionale di Saada, controllata dagli
Houthi.
Le immagini delle macerie e delle vittime del più recente
bombardamento sono state riportate dai media di tutto il mondo e hanno
spinto il regime saudita ad aprire un’indagine per fare luce
sull’accaduto. Come nei casi precedenti, tuttavia, l’iniziativa non darà
alcun esito. La distruzione di un altro ospedale di Medici Senza
Frontiere lo scorso mese di ottobre venne ad esempio giustificata dai
sauditi con l’utilizzo della struttura come base militare da parte dei
“ribelli” Houthi.
Mentre le vere o presunte operazioni contro i
civili da parte delle forze russe o del regime di Damasco in Siria
vengono duramente condannate da governi e media in Occidente, i crimini
ben documentati dell’Arabia Saudita in Yemen sono tutt’al più oggetto di
blandi comunicati che invitano alla cessazione delle ostilità e a
cercare di risparmiare gli obiettivi civili.
Organizzazioni come
Amnesty International e Human Rights Watch hanno peraltro condannato più
volte i crimini commessi da entrambe le parti in guerra. Secondo le
Nazioni Unite, però, le forze guidate dall’Arabia Saudita sono
responsabili della maggior parte delle vittime civili in Yemen, tra cui
più del 60% dei bambini uccisi dall’inizio del conflitto.
Se le
responsabilità del massacro di lunedì in Yemen sono da attribuire
interamente al regime saudita, non vanno dimenticate quelle degli Stati
Uniti e degli altri governi che appoggiano sostanzialmente la guerra in
questo paese. L’amministrazione Obama è con ogni probabilità preoccupata
per i riflessi destabilizzanti del protrarsi delle operazioni militari
saudite in Yemen. Tuttavia, Washington continua quanto meno a garantire
appoggio logistico e assistenza a Riyadh nell’individuare i bersagli da
colpire in territorio yemenita, senza contare le massicce forniture di
armi.
Gli
Stati Uniti operano inoltre da anni un programma di bombardamenti con i
droni in Yemen, ufficialmente per eliminare affiliati ad Al-Qaeda nella
Penisola Arabica (AQAP), che ha fatto anch’esso un numero imprecisato
di vittime civili.
La posizione americana spiega dunque il
comunicato estremamente cauto emesso dal Dipartimento di Stato dopo la
distruzione dell’ospedale di MSF. Non solo, la mancata condanna della
strage del regime saudita dipende anche dal fatto che le stesse forze
USA hanno commesso alcuni mesi fa un identico crimine a quello
dell’alleato saudita.
A ottobre, cioè, un aereo da guerra
americano aveva colpito una struttura dell’organizzazione umanitaria
francese a Kunduz, in Afghanistan, uccidendo 42 civili innocenti.
L’incursione era durata più di un’ora nonostante membri di MSF avessero
contattato immediatamente il comando americano per chiedere di fermare i
bombardamenti.
Anche in quell’occasione, l’indagine interna del
Pentagono servì fondamentalmente a impedire che fosse fatta luce sulla
verità e, come nel caso dei sauditi in Yemen, a sottrarre i responsabili
da una più che legittima accusa per crimini di guerra.
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