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05/01/2017

La tagliola del debito pubblico. Un buco costruito ad arte

L’Italia è l’unico tra i paesi dell’Eurozona ad aver sempre registrato un saldo primario positivo, con la sola eccezione del 2009 quando l’ultima crisi ha fatto saltare i conti di tutti. Ciò significa che il saldo tra le entrate e le uscite dello Stato è positivo, insomma non si spende affatto più di quanto entri nelle casse pubbliche, come verrebbero farci credere i soloni del Corriere della Sera. Il problema è che il saldo positivo viene trascinato in basso dagli interessi pagati sul debito pubblico. E qui viene il salasso dal quale ci si dovrebbe liberare come una zavorra.

Sulla base dei dati di Mef e dell’Istat, in 20 anni la spesa per gli interessi pagati sul debito pubblico (che sono andati nelle casse di banche, assicurazioni, fondi di investimento italiani e stranieri) ha superato i 1.700 miliardi di euro. La spesa maggiore risale ai primi anni Novanta, quando “esplose” il problema del debito pubblico. Prima di allora era la Banca d’Italia ad acquisire i titoli di stato emessi dal Tesoro invenduti, limitando così sia il debito che i danni. Ma il liberista Andreatta (economista democristiano), sostenuto dalle componenti liberali e liberiste dell’establishment, riuscì alla fine degli anni '80 a far saltare questo meccanismo di equilibrio interno. Sullo sfondo si andava delineando il Mercato Unico Europeo del 1992 che si dotò del vincolo del Trattato di Maastricht. Da quando è stata fatta fallire la Prima Repubblica, la spesa per interessi sul debito è stata costantemente sopra i 100 miliardi di euro l’anno, con un picco nel 1992-1993 che ha comportò l’uscita della lira dallo Sme e un saldo interessi superiore all’equivalente di 150 miliardi di euro. In quel contesto scattò la prima Legge Finanziaria “lacrime e sangue” (quella del governo Amato) e furono inaugurati i maledetti governi di Maastricht. Poi negli anni è cominciata a scendere ma solo nel 2009 scenderà sotto i 100 miliardi di interessi da pagare.

E' sempre bene ricordare che il debito nominale del 1992 era di 849 miliardi di euro, con un rapporto deficit/pil del 105%. Il debito nominale nel 2012 (venti anni dopo) era arrivato a 1988 miliardi di euro con un rapporto deficit/pil del 127%. Nel 2015 è arrivato a 2.194 miliardi con un rapporto deficit/pil salito al 134,7%. Tra poco saranno disponibile anche i dati per il 2016.

Il Sole 24 Ore riporta che il 2017 vedrà il Tesoro emettere titoli di stato per un valore che viene stimato in circa 260 miliardi di euro. Stando al quotidiano finanziario, il Tesoro nel corso del 2017 dovrà far fronte a titoli in scadenza (esclusi BOT e bond esteri) per un valore di 214 miliardi di euro e, in aggiunta, pagherà interessi sul debito pubblico per ben 47 miliardi di euro, per quello che sarà il calendario dei rimborsi sul debito più pesante dal 2010. Lo vedremo a marzo, quando la Commissione Europea manderà al governo italiano le restrizioni da apportare sulla Legge di Stabilità impostata da Renzi e approvata all'indomani dell'esito del referendum del 4 dicembre.

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