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02/03/2017

8 marzo, Nonunadimeno. Intervista a Licia Pera

Intervista realizzata da Radio Città Aperta.

Come sta andando la preparazione dello sciopero dell'8 marzo?

Dopo la grande manifestazione del 26 novembre, dopo i tavoli partecipatissimi del 27 novembre da cui poi è stato lanciato lo sciopero globale dell’8 marzo su appello delle compagne, delle donne argentine. Noi l’abbiamo raccolto, il movimento ha chiesto a tutti i sindacati di proclamare lo sciopero. Noi abbiamo raccolto la sfida, abbiamo da subito proclamato lo sciopero generale in tutti i settori, privato e pubblico, ma non solo. Noi lo sciopero generale lo stiamo in realtà preparando davvero. Abbiamo decine e decine di assemblee fatte come Usb all’interno dei posti di lavoro, dove invitiamo puntualmente anche le compagne del movimento Nonunadimeno ad interloquire con le lavoratrici e i lavoratori sui posti di lavoro. Quindi arriveremo all’8 marzo forti di assemblee importanti su molti posti di lavoro. Ma crediamo che l’8 sia opportuno stare in piazza con tutto il resto del movimento.

Guardando sul sito dell’Usb ci sono, tra gli altri, gli appuntamenti per tante iniziative di preparazione dello sciopero. E guardando ai punti programmatici, c’è il riferimento naturalmente alla violenza di genere, ai femmiicidi, alle discriminazioni salariali. Proprio da questo punto di vista – delle discriminazioni salariali – come funziona? Perché ogni tanto si dice: le donne guadagnano meno degli uomini, però mai viene spiegato come questo meccanismo venga messo in pratica...

Guarda, i meccanismi di quello che viene definito poi il gap gender, quindi la differenziazione salariale, in verità sono molti e variano tra posti di lavoro. Noi sappiamo ormai per certo che il gap si aggira su circa il 20% di stipendio. In alcuni settori, per esempio il lavoro pubblico, si registra il mancato accesso ad alcuni livelli più alti del lavoro; quindi le donne sono relegate a livelli più bassi del lavoro, e questo dà l’idea della discriminazione. Le donne, non potendo accedere ai gradi più alti, comunque guadagnano di meno. Nel privato, invece, in realtà la discriminazione è molto più pesante perché le donne, per la loro peculiarità, occupano i posti di maggiore precariato; sono obbligate al part-time involontario, quindi guadagnano meno perché sono costrette a lavorare meno, ma non ad avere occupato meno tempo, in realtà. Perché il part-time non è detto che si svolga tutto nella stessa parte della giornata... Quindi, volendo proprio rimanere all’ambito grossolano, diciamo che questi sono i due meccanismi principali: una maggiore precarietà che porta, anche in gioventù, ad una maggiore precarietà. Le donne, per esempio, sono quelle che vengono utilizzate maggiormente dal popolo dei voucheristi, che conduce – anche come previsione – alla fame in vecchiaia. Le donne, si sa, sono quelle che hanno le pensioni più basse, nella fascia dei 500 euro mensili.

Questa mattina (mercoledì 1 marzo, ndr), se non sbaglio, c’è stata un’assemblea indetta dalla Usb sull’8 marzo all’Istituto superiore di Sanità. Si è parlato molto sui giornali di un fatto di cronaca, relativo all’assunzione di due medici che praticassero l’aborto al San Camillo. Su questo si è creato un chiacchiericcio, assolutamente surreale, come se ci fosse qualche cosa di strano che venga assunto qualcuno per fare davvero il lavoro per cui è assunto. Questo per dire che la legge 194, come tutti sanno perfettamente, non viene mai applicata, perché quasi tutti i ginecologi sono tutti obiettori di coscienza. Tu, che ci sei stata a lungo nell’ambito della sanità, puoi spiegarci come funziona?

Guarda, sono perfettamente d’accordo con te che è paradossale. Addirittura per l’assunzione di due medici per fare il loro lavoro, che sanno perfettamente, fin da quando sono all’università, come il loro lavoro preveda anche il garantire il diritto alle donne all’interruzione di gravidanza in maniera sicura. Ora c’è questa narrazione, per cui vorrebbero dipingere questi medici obiettori come “vittime di discriminazione”... E invece noi siamo in una regione (Lazio, ndr) che ha il 76% di ginecologi obiettori e il 49% di anestesisti obiettori. Senza contare che spesso si aggiungono gli infermieri obiettori, i biologi obiettori, ecc... Questa è una regione in cui, al pari di molte, l’interruzione volontaria di gravidanza non è di fatto garantita. E se pure lo è, in particolare al San Camillo, le donne sono costrette a fare una lunghissima fila la mattina alle 5 e solo poche di loro riescono, durante la stessa giornata, ad essere visitate e ad avere garantito poi l’interruzione. Zingaretti ha deciso quello che per noi – come dire – è il minimo sindacale, che però garantisce pochissimo. Per lui probabilmente è più un discorso – come dire – di provocazione politica: “io non riesco a garantire questo servizio, per cui faccio un concorso in cui è chiaro che chi vince deve lavorare nel servizio di interruzione di gravidanza. Il problema è che non garantisce nulla questa cosa, perché dopo i tre mesi di prova, dove probabilmente ci si attiene a quanto c’è scritto nel concorso, nessuno li può obbligare a farne ancora. Alla base c’è il fatto che è proprio sbagliata la legge sull’obiezione; è sbagliato che il servizio pubblico si ponga solo il problema di coscienza dei medici. Il quale spesso si smaterializza di fronte alla possibilità che invece venga gestito in intramoenia, quindi con il privato. Questa è una delle rivendicazioni che noi porteremo l’8 marzo, nella manifestazione che la mattina faremo insieme a tutto il resto del movimento sotto la regione Lazio; e attraverso la quale chiederemo un incontro anche a Zingaretti. Uno dei temi è proprio questo; l’altro sarà quello sul finanziamento dei centri antiviolenza di Roma e del Lazio, e poi tutte le vertenze del lavoro, legate in particolar modo alla sanità privata e al mondo degli appalti. Cose su cui Zingaretti deve rispondere, perché da troppo tempo non hanno risposta; e lavoratori e lavoratrici, durante i cambi di appalto, rischiano o il peggioramento delle condizioni di lavoro o il licenziamento.

Un’ultima cosa, Licia. Puoi darci gli appuntamenti per l’8 marzo, se ce ne sono ancora?

Sì, ovviamente quelli sul territorio nazionale sono moltissimi, in tutte le principali città. Per quanto riguarda Roma, si inizia la mattina alle 8 a Casal Boccone, con un presidio delle lavoratrici di Almaviva contro i licenziamenti. Ci sarà poi una piazza della formazione a piazza San Cosimato, che arriverà al Miur. Alle 10 ci sarà una piazza sotto la Regione, che prenderà i tavoli della salute, quello dell’autodeterminazione e quello sulle vertenze del lavoro. Noi, anche le nostre educatrici di Usb che scenderanno in piazza Bocca della Verità, alle 10; poi alle 17 c’è di nuovo l’appuntamento unitario di Nonunadimeno, dove noi confluiremo, al Colosseo, con il corteo cittadino.

Bene, noi ti ringraziamo. Magari ci sentiremo di nuovo subito prima dell’8 marzo, così ci potrai raccontare come è andata.

Sì, ci sentiremo... Anche perché non finirà l’8 marzo. Intanto era necessario riappropriarsi di una data per non lasciarla ai cioccolatini, alle mimose, ai commercianti e ai ristoranti. Però, al di là di questo, il vero obiettivo, è la presentazione di un piano, scritto dal basso in tutti questi mesi, in alternativa al piano governativo contro la violenza; un piano scritto invece da tutte le donne che in questi mesi hanno animato le piazze. Quindi ci sarà modo di sentirci e vederci ancora.

Grazie, grazie molte.

Grazie a voi.

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