In Venezuela nelle elezioni regionali ha vinto la coalizione del chavismo. Quali le primissime considerazioni?
Sono di un trionfo, vittoria enorme. Ho telefonato ad amici e compagni dal Venezuela tutta la notte. Prima dell’esito e nell’incertezza, tutti mi dicevano una cosa sola: “grande gioia popolare per le vie del paese”. Questo è il processo costruttivo, la democrazia popolare e partecipativa venezuelana. La rivoluzione bolivariana da oggi si rafforza e prosegue il suo cammino.
Permettetemi però di togliermi un sassolino. Non lo leggo purtroppo su Repubblica, ma si è trattata dell’elezione numero 23 in 18 anni. E di queste, il chavismo ha perso un referendum (per 20 mila voti e con probabili brogli) e le elezioni parlamentari in un sistema presidenziale nel dicembre del 2015. Elezione persa, subito riconosciuta la sconfitta dal governo, ma utilizzate a pretesto dalle destre per i morti e il terrorismo dei mesi scorsi. Le altri 21 le ha vinte la Rivoluzione bolivariana.
Andando ai numeri. Si tratta di un esito superiore alle previsioni più ottimiste...
Nonostante i 120 morti, la guerra economica, la guerra mediatica messa in atto da CIA, narcos, multinazionali e dalle destre venezuelane, il risultato ottenuto – con 17 governatorati su 22 (e si aspetta ancora l’esito dello stato di Bolivar) – è straordinario.
Neanche Chavez nel 2002, quando il colpo di stato ha avuto successo per alcuni giorni, ha mai subito un attacco forte come quello che sta subendo Nicolas Maduro in questi mesi. Questa, lo voglio dire con forza, è una vittoria del Presidente Maduro. Le opposizioni avevano messo le mani avanti nei giorni scorsi parlando di una partecipazione inferiore al 50%. Ha votato il 62% nonostante il clima creato nel paese. E’ una vittoria importante con il Polo patriottico che ha preso oltre il 54% di 10 milioni di venezuelani che sono andati nelle urne. Si rafforza la vittoria della Costituente del luglio scorso.
La Costituente ha portato pace ed elezioni. Un binomio che sembra non piacere alle destre interne e internazionali. Le prime hanno dichiarato che non riconosceranno le elezioni. Le seconde che faranno?
E’ la solita storia. Quando vincono, come nelle cinque regioni al confine con la Colombia, le elezioni sono oneste. Quando le perdono non le riconoscono e denunciano la truffa elettorale. Dov’è il loro senso di democrazia? Che faranno le destre internazionali è facile da prevedere: quello che hanno sempre fatto da Washington a Bruxelles, passando per i vari stati vassalli come l’Italia di Gentiloni: rafforzare la guerra economica per destabilizzare il legittimo governo. Nulla di nuovo, la solita banalità del male. Due parole di più sul Pd e i giornali della presunta “sinistra” sbiadita fatemele dire. Il partito di riferimento del governo italiano e Repubblica si sono spinti nei mesi scorsi a sostenere apertamente il tentativo di golpe violento contro il governo di Caracas. Abbiano almeno la decenza e la dignità di chiedere scusa e felicitarsi con il presidente Maduro per la vittoria in queste elezioni regionali.
L’eurodeputato Couso denunciava come giù circolasse, prima dell’esito del voto, un documento dell’UE per il non riconoscimento delle elezioni in Venezuela. Sarà questa la via di Bruxelles?
Il primo punto da non dimenticare mai è che l’Europa non è l’Unione Europea. La prima è una costruzione di popoli, culture e tradizioni. La seconda è la raffigurazione dell’imperialismo. E come tutti gli imperialismi agisce per guerre mediatiche, economiche e se falliscono non ha problemi ad arrivare alla guerra militare vera e propria. Non mi sorprende che circolasse un documento per il non riconoscimento. E’ chiaro che preparavano una strategia per gestire mesi di menzogne, fake news create ad arte e dichiarazioni neo-coloniali. Il trionfo della rivoluzione bolivariana nel voto li mette all’angolo. Prima “chiedono” il voto, poi quando si vota e l’esito non è come sperato si grida al “broglio”. Solita strategia di chi ha mostrato il vero volto di ipocrisia se solo compariamo i casi di Catalogna e Venezuela.
Ma di quello che pensano a Bruxelles, a Caracas non interessa più molto.
L’Unione Europea non ha riconosciuto l’eroico sforzo democratico e di partecipazione, degli otto milioni di venezuelani che hanno eletto l’Assemblea Costituente. L’Ue non l’ha riconosciuto, ma la Costituente prosegue con le sue forze. Non riconosceranno neanche queste elezioni? Il Venezuela andrà avanti lo stesso. Il Presidente Maduro ha compiuto un giro di viaggi recentemente rafforzando i rapporti con Cina, Russia, Iran e altri paesi produttori petroliferi. E’ una scelta saggia per aggirare il blocco economico e il neo-colonialismo che ha ancora tanti seguaci in Europa. Il mondo va verso un multilateralismo che rende le dichiarazioni di Bruxelles poco rilevanti.
Il Presidente Maduro ha denunciato nei giorni scorsi la scarsa copertura mediatica sulle elezioni: perché questa censura di quei giornali solitamente così pieni di articoli sul Venezuela?
Il comportamento dei media segue il regime del pensiero unico imposto dalle borghesie dominanti oggi. Quando c’erano i morti nelle strade si riempivano giornali e telegiornali con menzogne per accelerare il colpo di stato contro il governo. Quando si è eletta la Costituente si è gridato al “golpe di Maduro” per accelerare l’intervento militare che si stava ipotizzando in quei giorni. Quando il 54% dei venezuelani vota per eleggere 17 governatori su 22 chavisti preferiscono la menzogna del silenzio. Lo stesso vale per quei politici, molti in quel partito che si autodefinisce democratico e farebbe meglio a mettere una “a” avanti. Silenzio. Magari tra qualche giorno l’ordine sarà di parlare di “brogli” e allora vedrete fiumi di inchiostro con tutti che si sveglieranno. E’ la logica della guerra mediatica in corso.
Le destre venezuelane, dicevamo, non riconoscono le sconfitte, ma le vittorie si. E hanno preso tutte le regioni al confine con la Colombia. Come utilizzeranno questo potere?
In Colombia e al confine con il Venezuela opera una commistione fatta da Cia, multinazionali, fascisti, narcos e opposizione di destra. Anzi meglio dire che la natura stessa dell’opposizione in Venezuela è un mix di tutto questo. E’ forte al confine con la Colombia, dove la guerra economica si produce con più veemenza e dove si sono avuti tanti morti nel tentativo di golpe dell’estate scorsa. Qui i narcos hanno fatto più soldi con il contrabbando dei prodotti di prima necessità rubati ai venezuelani e poi dollarizzati che con la cocaina. E’ la logica della guerra economica che proseguirà.
Teme nello specifico un referendum autonomista sulla scia di Catalogna e Kurdistan?
Si, vi preannuncio che sarà proprio questa la strategia, la stessa utilizzata del resto in Bolivia (nella mezzaluna ricca di Santa Cruz). Si scelgono zone ricche e si creano i presupposti dell’indipendenza senza nessun legame storico, culturale e di tradizioni per destabilizzare il governo centrale. Probabilmente sarà questa la carta che si giocherà l’internazionale delle destre: indipendentismo antichavista (che verrebbe subito riconosciuti dai paesi imperialisti e dai vari paesi vassalli) per il controllo delle risorse energetiche dell’aerea. Sarà un’altra partita importante dei prossimi mesi.
Per quel che riguarda l’autodeterminazione dei popoli, io ragiono da marxista in un’ottica di divenire storico e in un’ottica di classe. Dobbiamo iniziare a dare aggettivi a sostantivi che altrimenti restano vuoti. “Democrazia” non significa niente di per sé. Anche Casa Pound oggi la utilizza. Io aggiungo alla parola democrazia sempre socialista, redistributiva, egualitaria, partecipativa e popolare. “Autodeterminazione dei popoli” si. Ma poi bisogna aggiungere gli aggettivi. E gli aggettivi si aggiungono rispondendo alla domanda: a beneficio di chi? Popolo e cittadini da soli non significano niente. Era popolo venezuelano quello che per conto della Cia e delle multinazionali ha ucciso altro popolo venezuelano per cacciare Maduro. Fermo restando il mio sostegno al processo in Catalogna di rottura contro il polo imperialista spagnolo e europeo, quando parliamo di autodeterminazione dei popoli dobbiamo avere coscienza di chi sta portando avanti il percorso di indipendenza, quale classe sociale nello specifico e che percorso politico ha in mente.
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