Conosco Mimmo Mignano e gli altri compagni dell’FCA di Pomigliano d’Arco (Napoli) da tanti anni. Spesso ho polemizzato con loro su tante “questioni tattiche” ma mai è venuta meno la stima umana e politica per questi compagni – veri e propri lottatori sociali – i quali, fuori e dentro lo stabilimento di Pomigliano o nel famigerato reparto confino di Nola, hanno sempre tenuto alto lo spirito del conflitto e della loro ferma opposizione alla normalizzazione autoritaria di Marchionne.
La “sortita al Festival di Sanremo” è una tappa del percorso di agitazione e propaganda contro il dispotismo che regna nei posti di lavoro ed è parte integrante della loro assidua militanza politica e sindacale.
Per cui anche la misura di polizia del “foglio di via” non mi sorprende particolarmente perché – nella dimensione securitaria e paranoica in cui siamo costretti – è quasi un “atto normale/ordinario” a cui, questi compagni e tutti noi, siamo costantemente esposti.
Nell’epoca del Minniti/pensiero fogli di via, sanzioni amministrative, Daspo ed altri artifizi giuridici e penali sono la grammatica con cui si declinano le politiche di “ordine pubblico” e di gestione delle emergenze sociali.
Mi ha colpito però la foto di Mimmo dietro le sbarre in pochi metri quadri e rinchiuso per lunghissime ore senza notizie. Un uomo ed un compagno che aveva osato – nel simulacro per eccellenza della canzone nazionale e sotto le luci della ribalta – rivendicare diritti e rispetto per la condizione operaia nel nostro paese denunciando le mille malversazioni che si abbottono sui salariati.
Una foto, però, che – nonostante immortala un uomo rinchiuso ed apparentemente domato – trasmette empatia, calore ed una sana irriducibilità verso una realtà quotidiana fatta di satrapia e di puro comando. Una situazione ambientale e concreta che vige nelle fabbriche FCA e nel complesso del mondo del lavoro.
L’azione di lotta dei compagni dell’FCA è stato un gesto fuori programma – non previsto da Lor Signori – che ha messo in discussione i protocolli di sicurezza e di blindatura della kermesse mediatica per eccellenza provocando una reazione scomposta, oltre misura, profondamente antisociale e carica di odio verso gli operai.
Certo sui social la foto di Mimmo è diventata quasi virale e tantissime sono state le attestazioni di solidarietà e vicinanza verso i lavoratori di Pomigliano e nei confronti delle loro ragioni sociali. Gli stessi giornali on line (Repubblica in primis) hanno dato notizia e rilievo a questo atto di sacrosanta protesta.
Ma la foto di Mimmo ed il gesto di protesta collettivo dei compagni operai di Pomigliano deve essere per tutti noi un ulteriore campanello d’allarme per richiamare l’attenzione verso un universo di sfruttamento e di cancellazione dei diritti che sembra essere divenuto invisibile ed impalpabile.
Dall’agenda politica ufficiale, dalle cronache di ogni giorno, dalla stessa campagna elettorale in corso le ragioni del lavoro e della sua valorizzazione sono assenti salvo poche lodevoli eccezioni. L’intero dibattito pubblico è tutto schiacciato sull’astrazione politicista e non riverbera, non rappresentando più, una consistente porzione della società che è oramai relegata alla marginalità ed all’assenza di qualsivoglia forma di protagonismo culturale, sociale e politico.
Al netto di questa situazione la foto di Mimmo ci riporta concretamente – in tal senso potremmo dire è un vero e proprio monito – al mondo reale ed alla urgente necessità di lottare ancora per una radicale trasformazione dello stato di cose presenti!
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