“Si parla di chiudere l’Ilva ma nessuno lo ha mai pensato”. Così aveva twittato Beppe Grillo, cofondatore del Movimento 5 stelle, prendendo parola sulle sorti della grande acciaieria di Taranto. Al tweet ha allegato un post pubblicato sul suo blog dal titolo “Che il cielo sopra l’Ilva diventi sempre più blu”. Nel post si cita il bacino del Ruhr, “un esempio da emulare”, e si precisa che per l’Ilva “Si pensa ad una riconversione, quindi mantenendo sempre l’occupazione nella bonifica ristrutturando il sito che è enorme, e quindi con grande difficoltà, ma si deve preservare assolutamente ogni posto di lavoro”, scrive Grillo.
Ma l’invasione di campo di Beppe Grillo non sembra essere stata gradita dal neosuperministro al Lavoro e allo Sviluppo Economico Di Maio costringendolo a fare alcune precisazioni. “Grillo e altri parlano a titolo personale. Io non prendo decisioni finché non ascolterò le parti”, ha affermato sulla vicenda dell’Ilva Luigi Di Maio, a Radio Anch’io. “Non prendo tempo – ha detto – devo incontrare la proprietà, i commissari, i sindacati. Sarà fatto tutto con responsabilità e linearità”.
E’ utile ricordare che sull’Ilva i tempi invece stringono. La multinazionale Arcelor Mittal, ha vinto un anno fa la gara per l’acquisizione per la più grande acciaieria italiana con un’offerta ritenuta valida da Governo e commissari, ma con una trattativa in corso tra azienda e sindacati incagliatasi sul nodo dirimente dei migliaia di licenziamenti previsti dal piano industriale della multinazionale. Lo stabilimento di Taranto ha poco meno di 11mila addetti diretti, che arrivano a quasi 20 mila con l’indotto. In tutta Italia i lavoratori dipendenti dell’Ilva arrivano a 14mila unità. Tutti lavoratori in seria difficoltà e con la cassa integrazione che scade a luglio. Una data in cui la multinazionale Arcelor Mittal, che insieme a banca Intesa Sanpaolo costituiscono la cordata Am Investco, potrebbe prender possesso degli stabilimenti, anche senza aver raggiunto un’intesa con i sindacati.
L’Unione Sindacale di Base aveva annunciato le sue decisioni sulla vertenza Ilva in una conferenza stampa lo scorso 23 maggio, dopo una riunione con i delegati e gli attivisti tarantini: nessun nuovo incontro con ArcelorMittal se la multinazionale non muta radicalmente la propria posizione. Questo vuol dire ottenere da AM Investco la garanzia di piena occupazione per tutti i lavoratori e il cambio del piano industriale. “Se ciò non dovesse accadere – aveva sottolineato Sergio Bellavita, dell’esecutivo nazionale USB e membro della delegazione trattante al tavolo Ilva – Ilva deve tornare in mani pubbliche”.
Per Francesco Rizzo, lavoratore Ilva e coordinatore provinciale dell’Usb. “Urge un incontro con il nuovo Governo. Auspichiamo una tempestiva convocazione per poter esporre il punto di vista del sindacato e capire quali siano le intenzioni del Governo sulla questione Ilva. Ci sono in ballo 18.000 lavoratori. Come organizzazione abbiamo dato disponibilità a qualsiasi tipo di discussione a patto che sia garantito occupazione e reddito attuale ai 14.000 lavoratori Ilva e ai 4000 dipendenti degli appalti”.
La questione Ilva fino ad ora ha visto una posizione unitaria dei sindacati della grande fabbrica ma questa condizione sembra essere venuta meno in queste ore. “Fino ad oggi ci siamo mossi con un grande spirito unitario nel rapporto con Fim Fiom Uilm con l’unico obiettivo di rispondere ai bisogni dei lavoratori Ilva e della popolazione di Taranto. Prendiamo atto con rammarico che per la direzione nazionale di Fim Fiom Uilm quel rapporto si è interrotto. Da parte nostra, con la serietà e la determinazione di sempre, continueremo a sostenere una battaglia in difesa delle ragioni dei lavoratori Ilva e dei tarantini”.
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