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15/03/2019

Francia: verso l’assalto al cielo!


Sono giornate decisive in Francia.

Solo “la congiura del silenzio” imposta nella redazioni dei media mainstream italiani ha fatto sì che il più longevo e radicale movimento della storia repubblicana contemporanea d’oltralpe sia scomparso dai radar di quello che potremmo definire, con un piccolo margine di approssimazione, “informazione di regime”.

La censura sulle mobilitazioni in questi mesi è cessata solo per travolgerci con vere e proprie ondate di fake news – i presunti insulti antisemiti al un noto filo-sionista Finkielkraut, per esempio, costituiscono la pietra miliare di questo “giornalismo creativo” – fatti e “personaggi” marginali sono stati eletti agli onori alla cronaca (non un ultimo un mitomane mentecatto che si è prestato ad incontrare Di Maio, al secolo Christophe Calencon).

Il regime discorsivo sulla Francia sembra essere stato colpito dalla sindrome che un noto personaggio del comico Antonio Albanese augura a chi gli ha rubato il motorino: quella di diventare muto, ma non totalmente, ed aprire bocca solo per dire “stronzate pazzesche”.

Sarebbe bastato che le redazioni si limitassero a tradurre le inchieste particolareggiate riportate dai maggiori media francesi (Le Monde, Libération, L’Humanité) sulla composizione sociale, l’orientamento politico e le richieste dei Gilets Jaunes; ma nelle redazioni italiane sembra sappiano solo fare copia-incolla di ciò che battono le agenzie stampa, senza nemmeno utilizzare uno strumento base dei mancati “cronisti d’assalto”, chessò, come il traduttore di Google.

Di inviare uno straccio di reporter in quattro mesi non se ne parla, eppure la Francia è ben collegata, esistono alloggi dignitosi a buon prezzo, e il francese dovrebbe essere una delle lingue basilari per chi fa il mestiere più antico del mondo.

Certo la cucina non è un granché, ma esistono ottimi vini. Saranno tutti giornalisti astemi, mah?

Guardarsi le foto, due filmati, qualche video-clip della colonna sonora della protesta? Troppo impegnativo!

Bastava poco e si potevano leggere le principali rivendicazioni di questa presunta Vandea 2.0: reintroduzione della patrimoniale (l’ISF, abolita da Macron), l’introduzione del Referendum di Iniziativa Cittadina (il RIC, proposto anche alla discussione all’Assemblea Nazionale da France Insoumise), l’innalzamento del potere d’acquisto attraverso diverse misure, tra cui l’estensione e l’aumento dell’indennità di disoccupazione e l’aumento del salario minimo intercategoriale (lo Smic), oltre ad una serie di rivendicazioni sociali specifiche che hanno arricchito l’agenda di un movimento che ha conosciuto intrecci, contaminazioni, convergenze (usiamo il concetto di “ibridazione”, che è cool!) come non mai nella storia recente del Continente: dalla transizione ecologica alla parità di genere, dalla denuncia della violenza poliziesca alla solidarietà internazionalista, fino alla questione dell’insegnamento...

Soprattutto, mentre in Francia da una buona parte della popolazione il nome di Macron è stato associato tutti questi mesi alla parola “Vattene” – esistono espressioni più vernacolari piuttosto ricorrenti, non proprio tenere con il “Presidente dei Ricchi” – con i sondaggi che davano la sua popolarità ai minimi storici mentre il sostegno degli intervistati ai GJ non è mai stato inferiore al 50%, i media italiani ne hanno dato una immagine di “grande statista di indole progressista”!

Mai una figura politica ha catalizzato tanto odio popolare in Francia quanto il leader di En Marche!, anche per le sue continue uscite che avrebbero imbarazzato per stupidità persino Maria Antonietta. Autentiche gaffes tutte riprese dai manifestanti in senso negativo: dal “che mi vengano a cercare”, detto durante lo scoppio del primo scandalo Benalla questa estate, al “basta attraversare la strada” per trovare lavoro, detto ad un disoccupato che esponeva la sua condizione.

Le citazioni di Macron, ne siamo certi, faranno la storia e potrebbero essere citate da un ipotetico “stupidiario” dell’umanità – così come “l’odio di classe” che ha scatenato – come un giocatore di calcio che sbaglia tre rigori di seguito nella stessa partita.

Non che la totalità dei media francesi abbia dato una informazione corretta – anzi, molti si sono allineati alla propaganda macroniana in maniera spudorata. Soprattutto quelli televisivi sono stati funzionali alle narrazioni dell’esecutivo: il migliore lavoro di decostruzione dei media mainstream è stato fatto da Acrimed, un esempio altissimo di critica della comunicazione da cui abbiamo solo da imparare e che ha smontato “pezzo per pezzo” le narrazioni mediatiche.

Ma quanti canali, dai più professionali ai più “artigianali”, hanno dato una informazione, a cominciare dai protagonisti stessi, basta un “mobile”...

Vorremmo citare due testate di informazione a loro modo geniali: Secret News e Le Figari, due versioni stile Lercio transalpine, che tra le altre cose hanno iperbolizzato la caricatura mediatica fornita dai media su GJ mostrando in questo modo l’assurdità della rappresentazione, così come ha messo a nudo il vero volto della classe dirigente d’oltralpe.

Quella dei consiglieri di Macron, che gli suggeriscono di “decedere” per guadagnare più punti nei sondaggi è forse la migliore.

Niente, per avere notizie “attendibili” su ciò che è successo nell’Esagono l’opera più recente sembra essere il De Bello Gallico.

Nel corso di questi mesi ci siamo stupiti che i giornalisti non avessero letto I Miserabili di Victor Hugo – o almeno visto l’opera musicale – perchè ignoravano (o fingevano di ignorare) la storia delle rivolte popolari che si sono succedute da un paio abbondante di secoli in Francia; in realtà forse non hanno nemmeno guardato Lady Oscar, probabilmente.

Non una parola sugli arresti di massa, sulle mutilazioni dovute a armi micidiali, sulle condanne “esemplari” e una legge liberticida che ha ricevuto la condanna unanime di tutte le forze di sinistra, numerosi sindacati e conosciute associazioni come Amnesty France o la Lega dei Diritti dell’Uomo, tra gli altri.

La questione dei “diritti umani”, ormai, è agitata proporzionalmente alla distanza da casa, anche nella costellazione di valori del “popolo di sinistra”: più i diritti umani negati sono in un contesto distante, più è importante metterli in luce. Ma quando questa violazione avviene sotto il proprio naso, si finge di non vedere...

Una degli aspetti principali che ha riguardato la censura mediatica, in specie “a sinistra”, è il sindacato: nessuno spiega come l’azione sindacale si è declinata in questa fase, lo sbocco che ha avuto nella relazione sempre più stretta tra le casacche gialle – CGT e SOLIDAIRES in primis – in sintesi cosa sia oggi il movimento dei lavoratori e come un corpo intermedio marginalizzato, che sembrava avesse perso ogni funzione propulsiva, sia riuscito a diventare uno degli elementi avanzati della marea gialla, tanto che ad una iniziale diffidenza reciproca si è passati ad una convergenza di fatto, e che lo sciopero abbia ritrovato la sua valenza di espressione di forza.

Eppure il “sindacato di Landini” è nella stessa centrale sindacale europea della CGT!

Alla vigilia del secondo sciopero generale nel giro di poco più di un mese, il 19 marzo (quello precedente era stato il 5 febbraio), dopo il ripetersi dei “martedì dell’emergenza sociale” promossi dalla CGT (iniziativa ricorrente decisa dopo il primo arresto dal lavoro e a poca distanza dal successo delle mobilitazioni del 8 marzo) – caratterizzate in Francia anche dalla lotta delle “gilets roses”, cioè le assistenti materne che lottano contro una penalizzante riforma della disoccupazione – non si trova un rigo su come il mondo sindacale sia stato profondamente scosso nell’Esagono dall’irrompere dei GJ.

Nei fatti, neanche un accenno su come abbia mutato in parte pelle, da una parte, lasciandosi alle spalle una ventennale storia di conflitti generosamente ingaggiati quanto purtroppo persi (eccezion fatta per il vittorioso No al referendum che ha bocciato la proposta di costituzione della UE nel 2005), ma, dall’altra, realizzando quella convergenza delle lotte auspicata – ma non attuata – durante il movimento contro la Lois Travaille con Hollande al lavoro e la prima fase del governo Macron.

Il punto è questo: bisogna propinare del sindacato, al pari del mondo delle élite liberali, una visione compatibile coi dettami del “TINA” – cioè, che non c’è alternativa (There Is No Alternative) – per favorire l’operazione ideologica di Landini e soci, tanto battaglieri nei salotti televisivi quanto pronti ad un patto neo-corporativo con padroni e sindacati complici, visione che si assuma il compito di seppellire tra l’altro la più longeva lotta del Belpaese (quella No Tav) ed accattare ogni forma d’azione indipendente dalla regia allargata della Ditta (la sinistra targata Zingaretti e Landini).

Guai a dire che nella quinta potenza mondiale e secondo paese della UE c’è ancora un sindacato che fa il suo sporco mestiere, quello di difendere i lavoratori e di interessarsi di questioni più ampie che attraversano il corpo sociale, capace in grado di interloquire coi movimenti sociali e farli crescere, rompendo barriere fittizie con quello che un tempo si sarebbe chiamato “grigio lavoro quotidiano”.

Così come la questione sindacale è stata “rimossa”, allo stesso modo non sono apparse le lotte studentesche dell’università e dei Lycées: giovani bramosi di futuro che vivono sulla propria pelle l’inferno di una società sempre più selettiva, e che se alzano la testa incontrano una repressione senza pari. Repressione che, nell’immagine da dittatura sud-americana di ragazzi posti in stato di fermo in massa “ginocchia a terra, faccia contro il muro e braccia dietro la testa”, ha mostrato come il mantenimento dell’ordine alla francese parla il linguaggio esplicito del punire per educare.

I media italiani, potremmo dire, parlano di tutto tranne che dell’essenziale...

Sono giorni decisivi per la Francia, dicevamo all’inizio, anche per il montare del sostegno da parte della comunità algerina alle proteste nel paese africano: il “dégagismo” forse ha conquistato l’altra sponda del Mediterraneo...

Venerdì ci saranno le mobilitazioni degli studenti per il clima, che hanno ben chiara l’urgenza della transizione ecologica come perno della propria azione politica, mentre sabato ci sarà uno degli Atti di protesta più attesi: “l’ultimatum a Macron” (una specie di eterogenesi dei fini del “Gran Debat” voluto dal Presidente dei ricchi) fino a giungere allo sciopero generale intercategoriale di 24 ore di martedì 19 marzo, a cui questa volta partecipa anche FO, e a cui hanno aderito le due maggiori organizzazioni studentesche dei medi e degli universitari.

Sabato la capitale sarà probabilmente accerchiata – gli organizzatori usano proprio questo termine – da differenti cortei che convergeranno di comune accordo, ognuno caratterizzato da una tematica specifica. Il tutto rientrata in questa inedita unione delle collere in cui la questione ambientale, quella della violenza poliziesca e della condizione dei migranti – sì ci saranno i collettivi di sans-papier – faranno tutt’uno e chiederanno il conto all’Eliseo.

Naturalmente numerose altre iniziative sono previste in tutto l’Esagono.

È l’Assalto al cielo, o almeno il suo più generoso tentativo. Peccato non accorgersene...

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