Nei giorni 25 e 26 giugno si è tenuto a Manama, capitale del Bahrein, un workshop voluto dall’amministrazione Trump, dal titolo “Pace nella prosperità economica”.
Chi godrebbe di pace e prosperità economica, secondo le proposte avanzate in questo workshop? I palestinesi dei Territori Occupati.
Le proposte avanzate sono state rigettate in toto, già prima della loro formulazione, da tutti i palestinesi, dalle leadership alle organizzazioni politiche, patriottiche ed islamiche, dalle associazioni sociali, dai sindacati, dai palestinesi della diaspora come dai palestinesi dei Territori Occupati, fino a quelli che risiedono nei Territori del ’48, all’interno della green line (i cosiddetti “palestinesi d’Israele”). Una mobilitazione così forte e unitaria dei palestinesi non si vedeva da tanto tempo.
Il rifiuto ufficiale e popolare palestinese nasce dal fatto che il piano, “l’affare” del secolo di Trump costituisce un grave pericolo per la causa palestinese, dal momento che mira alla sua liquidazione quale questione umanitaria e non politica.
Pertanto, la si prova a risolvere con aiuti economici, cancellando il diritto del popolo palestinese ad avere un proprio Stato sovrano con confini sicuri, il diritto all’autodeterminazione e, non da ultimo, il diritto al ritorno dei profughi, condannati a restare nei paesi arabi dove sono costretti a vivere da più di settanta anni. In cambio della loro “ospitalità”, questi paesi, Giordania e Libano, insieme all’Egitto in caso di cessione di una parte del Sinai, alla nuova Palestina, sarebbero ricompensati con alcuni miliardi di dollari. Cinquanta, per l’esattezza, da dividere tra loro, in dieci anni. Una somma che dovrebbe essere pagata dai paesi ricchi del golfo, parte come dono e parte come prestito. Ad essi verrebbe riconosciuta la permanente protezione Usa – Israele, dal supposto nemico comune, l’Iran.
Si prevede altresì un piano economico per lo sviluppo dei palestinesi, sotto la più lunga occupazione mai esistita su un popolo. Ma è davvero possibile avere uno sviluppo economico sotto occupazione?
Israele controlla tutto in Palestina: economia, confini, industria mercato, dazi, tutto passa per Israele e da esso deve essere approvato. La domanda, retorica, trova risposta nell’atteggiamento statunitense nei confronti della Palestina.
Se davvero l’amministrazione statunitense tenesse tanto al miglioramento delle condizioni di vita dei palestinesi perché tagliare i fondi destinati all’Anp, agli ospedale di Gerusalemme e all’UNRWA? Perché chiudere la sede di rappresentanza dell’Olp a Washington? E perché i palestinesi dovrebbero accettare la mediazione Usa per avere dai paesi arabi soldi che potrebbero chiedere dirittamente?
Pur rifiutando quel piano economico, ritenuto offensivo al punto che si fatica a commentarlo, entrare nei dettagli è purtroppo importante per cercare di capire di cosa si stia parlando.
Ai palestinesi in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza sarebbero destinati circa 28 miliardi di dollari, distribuiti in dieci anni, di cui 11 miliardi, poco meno della metà dell’intera somma, sono prestiti con interessi. Interessi pesantissimi, che si avvertirebbero a lungo termine e che determinerebbero comunque uno stallo dell’economia palestinese per molti anni.
In un ampio studio, “Area C e il futuro dell’economia palestinese”, preparato da esperti internazionali e reso noto nel luglio 2014 dalla Banca Mondiale, ufficialmente accreditata presso le potenze Occidentali, guidate dagli Stati Uniti, con questi ultimi come presidente del Consiglio di Amministrazione, la stessa Banca ha sottolineato che se l’Autorità palestinese avesse avuto a disposizione il controllo e lo sfruttamento di queste aree, come stipulato nell’accordo di transizione, l’economia palestinese avrebbe raggiunto un reddito annuo supplementare del valore di $ 2,2 miliardi (o l’equivalente del 23% del valore del prodotto interno lordo per il 2011).
Inoltre gli esperti hanno sottolineato come questa stima sia molto moderata e limitata ai rendimenti diretti, senza calcolare quelli indiretti. Come è ben noto, la Zona C copre oltre il 60% della Cisgiordania ed è la più importante fonte di crescita economica, dal momento che vi si trovano terreni agricoli e risorse idriche, foreste, aree di pascolo, minerali e altre risorse naturali.
Facendo riferimento al PIL stimato in 14,5 miliardi di dollari USA per il 2018, questa zona, da sola potrebbe raddoppiarlo in 10 anni o anche meno, senza alcun bisogno delle proposte di Kushner a Manama.
A quanto pare, questo mediatore immobiliare ed i suoi collaboratori, avrebbero stimato il valore della Zona C in 28 miliardi, quelli offerti appunto ai Palestinesi che, però, come appena scritto, sarebbero capaci di incassarne, autonomamente, 22 miliardi in dieci anni, se avessero il controllo dell’area, e altri 6 miliardi come parte del ri-calcolo del valore futuro della moneta, sempre nei prossimi dieci anni.
Nel Workshop in Bahrain, si è evitato di parlare di occupazione e di stato palestinese, ed i partecipanti in rappresentanza di alcuni governi arabi, seppur di basso profilo, hanno dato prova di obbedienza al volere del trio sionista che decide la politica americana in Medio Oriente. Kushner, genero di Trump, l’ambasciatore Friedman e l’inviato per il M.O, Greenblatt che vivono tutti nelle colonie costruite nei Territori Occupati palestinesi.
Il Workshop del Bahrain è stato un bel matrimonio d’affari senza sposa. Una sposa, la Palestina, assediata territorialmente, politicamente ed economicamente, ed indebolita dai “fratelli” governi arabi, che hanno partecipato, volenti o nolenti, al matrimonio. Una Palestina che rivendica diritti umani e rispetto della legalità internazionale che assai poco hanno a che vedere con i soldi con cui americani ed israeliani vorrebbero comprarla, fingendo di volerne favorire lo sviluppo economico.
Una causa politica che viene liquidata e trattata come un affare economico da arrivisti e sbruffoni senza scrupoli che continuano a sottovalutare la tenacia, la resistenza e la dignità del popolo palestinese, che non si è mai fermata da più di 100 anni.
Il futuro si presenta pieno di insidie, pressione, ricatti e minacce di annessione di gran parte della Cisgiordania da parte dell’occupante sionista con l’avvallo dell’amministrazione Trump. Cancellati l’Onu e le sue risoluzioni, il Consiglio di Sicurezza e le sue risoluzione, senza rispetto della legalità internazionale, il Medio Oriente sta per essere trascinato in una guerra non più solo regionale.
Il popolo palestinese unito è determinato a proseguire la sua lotta per la libertà, assieme ai popoli arabi ed agli uomini e donne liberi, amanti della pace nella giustizia, fino alla vittoria!
P.S.
Mi auguro che quest’articolo abbia la più ampia diffusione possibile, in modo che gli arabi e i palestinesi, e non solo loro, sappiano che Jared Kushner è considerato un ladro, fallito, bugiardo e stupido. Il signor Kushner ha affermato, di fronte al pubblico in Bahrain ed alla stampa americana, che per redigere il piano economico da lui esposto sono state impiegati 850 professori di economia.
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