A Pavia la Guardia di Finanza ha posto sotto sequestro “liquidità e 120 immobili tra appartamenti di pregio finemente arredati, un villaggio turistico sul Lago di Garda, autorimesse e terreni in Valle d’Aosta, Piemonte, riviera ligure di Levante e nelle province di Milano, Brescia e Lodi, per un valore complessivo di circa 17 milioni di euro”, riconducibili al “re della logistica della città del libro di Stradella” (Pavia), il 63enne imprenditore pregiudicato Giancarlo Bolondi. A riferirlo è la Guardia di Finanza spiegando che nei confronti dell’uomo, arrestato nel luglio 2018 insieme con altre 11 persone, i militari hanno eseguito una misura di prevenzione emessa dal tribunale di Milano.
Secondo l’accusa, il 63enne “gestiva un importante polo logistico attraverso una fitta rete di società cooperative a lui riconducibili utilizzando metodi che gli consentivano, da un lato, di offrire ai propri committenti prezzi ben al di sotto di quelli di mercato e, dall’altro, di frodare il fisco”. Per questo, quando fu arrestato gli vennero contestati i reati di “associazione a delinquere finalizzata all’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (il cosiddetto caporalato) oltre che di frode fiscale per decine di milioni di euro”.
Nelle oltre 100 pagine del decreto emesso dai magistrati di Milano viene spiegato che all’indagine di Pavia è collegata l’amministrazione giudiziaria che venne disposta a maggio per Ceva Logistic Italia srl, ramo della multinazionale leader nel settore della logistica. Un commissariamento per “sfruttamento di manodopera”, ossia sempre per un caso di caporalato, il primo che si era concluso con una misura di questo genere da parte dell’autorità giudiziaria. Il caso era stato denunciato dall’Usb impegnata in una durissima vertenza tra i lavoratori della logistica.
La Ceva, a Stradella, nel Pavese, ha una sorta di hub logistico per la distribuzione di materiale editoriale che, chiariscono i giudici, era proprio “una delle clienti del ‘sistema Bolondi’” e impiegava proprio nell’hub “manodopera fornita dalla Premium Net”. Nell’hub lavoravano 70 dipendenti italiani, tutti della zona. Ma per ottenere il loro posto di lavoro, avevano dovuto firmare il contratto-capestro proposto da Byway Jpb Consulting srl, una agenzia interinale con sede a Bucarest. Ragione per cui lavoravano in Italia ma con un contratto rumeno. Erano quindi pagati in leu per un totale di 300 euro al mese, senza contributi.
“Le indagini avevano successivamente indotto il tribunale di Milano ad applicare, uno tra i pochi casi in Italia, la misura temporanea di prevenzione dell’Amministrazione giudiziaria (tuttora in atto e prevista dall’art. 34-bis del Codice antimafia) alla società italiana di logistica facente parte di un importante gruppo multinazionale operante nel settore, principale committente delle aziende di cui l’imprenditore era l’amministratore di fatto”.
A Reggio Calabria invece la Guardia di Finanza ha sequestrato beni per un valore complessivo di circa 400 milioni di euro riconducibili all’imprenditore di gioco d’azzardo e scommesse on line Antonio Ricci, 43 anni, ritenuto collegato alla ‘ndrangheta. Si tratta di quella crime economy che da tempo andiamo denunciando sul nostro giornale.
La figura di Ricci era emersa nell’ambito dell’operazione “Galassia” del 2018. Le indagini della GdF avevano accertato l’esistenza di varie associazioni a delinquere attive nel settore della raccolta del gioco e delle scommesse con i marchi “Planetwin365”, “Betaland” e “Enjoybet” che, in rapporto con la ‘ndrangheta, nelle sue articolazioni territoriali, da un lato le consentivano di infiltrarsi nella propria rete commerciale e di riciclare imponenti proventi illeciti, dall’altro traevano esse stesse significativo supporto per l’ampliamento dei propri affari e per la distribuzione capillare del proprio marchio sul territorio.
Secondo gli inquirenti Ricci, per commettere vari delitti connessi alla raccolta fisica delle scommesse senza la prevista concessione rilasciata dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, utilizzava siti on line “.com” completamente illegali, nascondendo la raccolta illecita di scommesse dietro il fittizio schermo giuridico costituito da Centri Trasmissioni Dati e Punti Vendita Ricariche. Attività illecite che venivano perpetrate tramite la società “G.N. Ltd” e, successivamente, la “O. S. Ltd”, entrambe strumentalmente con sede a Malta ma, di fatto, attive in Italia attraverso una stabile organizzazione costituita dai punti “commerciali” distribuiti in Italia.
Ricci, destinatario di una misura cautelare della custodia in carcere, si era reso irreperibile venendo successivamente rintracciato dalle forze dell’ordine a Malta, dove poi era stato arrestato dalla polizia maltese in collaborazione con il Servizio per la Cooperazione Internazionale di Polizia del Dipartimento della Pubblica Sicurezza del Ministero dell’Interno, e successivamente rimesso in libertà dall’autorità giudiziaria di La Valletta.
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