Massimo Straccini lavorava per Amazon, con un contratto precario di tre mesi gestito da una agenzia interinale.
La sua storia divenne pubblica a dicembre quando uno scatto lo catturò, con la sua famiglia, a vivere in un camper di fronte ai magazzini della multinazionale perchè con quel contratto non poteva dare le garanzie per affittare una casa.
A causa di questa denuncia a Massimo non è stato rinnovato il contratto e in una intervista a Repubblica dichiara:
“Il mese scorso ho raccontato la mia vita in camper nel parcheggio dell’azienda, era una critica al sistema di lavoro fondato sul precariato, no ad Amazon”.
E alla domanda su cosa avesse fatto prima di finire nei magazzini di Bezos, risponde:
“Ho lavorato come magazziniere con le cooperative, ma sempre contratti brevi. Prima di andare in Amazon lavavo biancheria ospedaliera: una specie di catena di montaggio. Lì facevano addirittura contratti settimanali. Finivi il venerdì e la sera ti dicevano se lavoravi o meno la settimana successiva”.
Precarizzare e flessibilizzare il mercato del lavoro, autorizzare gli appalti di manodopera con le agenzie interinali, svilire e sottopagare i lavoratori e le lavoratrici è ormai la normalità. È ora di invertire la rotta.
Stamattina il sindacato di base Usb sta tenendo un presidio all’esterno del magazzino Amazon dove è avvenuto il licenziamento.
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