14/01/2021
USA - Una transizione difficile tra guerra civile e battaglie politiche
L’ex prima potenza mondiale, nata dall’illuminismo dove la democrazia si pensava fosse interiorizzata, in questi giorni è scossa da una crisi che non ha precedenti.
Gruppi armati di estrema destra, organizzazioni neonaziste e razziste, tutto l’arcipelago del suprematismo bianco si sta riorganizzando dopo l’assalto alla sede del Congresso Usa di Capitol Hill a Washington avvenuta il 6 gennaio, durante la ratifica della successione all’amministrazione Trump.
Gli uffici dell’FBI sono in fibrillazione, e questo è un fatto: in questi giorni il web e i social media (i principali mezzi con cui comunica la galassia neonazista ed i “patrioti” Trumpiani) sono letteralmente presi d’assalto da commenti più o meno deliranti, e si moltiplicano le proposte di organizzazione di questa o quella manifestazione per continuare la battaglia intrapresa al fianco di The Orange, che mercoledì prossimo, 20 gennaio, obtorto collo dovrà lasciare il passo al neo eletto, Joe "Sleepy" Biden.
Ma la situazione, è in continua trasformazione, e non è facile, districarsi in una giungla di vecchi e nuovi social, di siti web nati come funghi per l’occasione e di presunte testate “giornalistiche” che ospitano chiunque ragli contro l’establishment.
Il Trumpismo on-line
Twitter e Facebook hanno zittito Trump e Parler, il social sul quale si erano riversati i sostenitori del presidente uscente, non è più accessibile. Google e Apple hanno estromesso l’app dai loro negozi digitali e Amazon l’ha cacciata dai propri server.
Così la piattaforma che si stava imponendo come il Twitter di estrema destra è diventata irraggiungibile. Quell’ambiente politico, l’area che va dal suprematismo bianco più o meno spinto, al partito repubblicano cerca così nuove arene online ritenute libere da censura.
Con Parler offline, la piattaforma di riferimento ora è diventata Gab, social molto simile a Twitter che dalla sua fondazione (nel 2016) si è distinto per i contenuti antisemiti e razzisti.
In un post, il Ceo di Gab Fosco Marotto afferma che, in un solo giorno, la piattaforma ha ricevuto 600mila nuove iscrizioni. Una mole di traffico che ha obbligato la società a occupare nuovi server (che non poggiano sull’infrastruttura di Amazon o Google). Il fondatore Andrew Torba ha chiamato a raccolta gli utenti “contro la tirannia” di Apple e Big G.
L’estrema destra ha costruito nel tempo una costellazione di siti che il più delle volte (come Gab con Twitter) replicano altre piattaforme. Spesso hanno vita breve, ma non sempre. Rumble è uno Youtube di destra fondato nel 2013. Tra video generalisti di cuccioli e sport, dà visibilità esclusiva ai leader repubblicani e a contenuti anti-democratici, proibendo però video di esplicito incitamento all’odio (anche se il confine con la propaganda e la disinformazione resta labile).
Il ceo Chris Pavlovski ha riferito al New York Times “una crescita esplosiva” a partire dalla scorsa estate, con una ulteriore accelerazione dopo le elezioni presidenziali. Un altro emulo di Youtube era PewTube, attivo fino al 2018. Nel 2020 c’è stato il tentativo di rianimarlo, ribattezzandolo NoteTube, che però al momento è poco più di una scatola vuota.
Il simil-Reddit, Voat, fondato nel 2014, ha chiuso lo scorso dicembre per ragioni economiche. Le cose si erano messe male già da alcuni mesi. Ma, ha spiegato il fondatore Justin Chastain nel suo messaggio di commiato, si è comunque cercato di arrivare oltre le presidenziali.
8Kun, invece è ancora attivo, rinato dalle ceneri di 8chan dopo la chiusura di quest’ultimo nel 2019. E poi c’è Otto, la cui pronuncia inglese somiglia molto a quella di hate (odio); il che fa già presagire quali contenuti veicoli. Per restare online il più possibile, ha accettato di eliminare i contenuti “contrari alla legge” statunitense. Una definizione che, di fatto, consente di ospitare discussioni che incitano all’odio razziale e richiami al nazismo.
Nella costellazione delle repliche c’è anche Infogalactic, la Wikipedia di destra. Per grafica e funzionamento è molto simile all’originale, ma con un controllo delle fonti, diciamo, più disinvolto, e soprattutto con un racconto dei fatti “partigiano”. Un esempio: Biden non è ancora definito come “presidente eletto”. Nella pagina dedicata a The Donald, si è limitato ad affermare che “il 7 novembre 2020 molti media mainstream hanno dichiarato che Biden ha vinto le elezioni”.
Infine i “classici”: Breitbart, Daily Caller, Murder The Media e Daily Beast.
Una riflessione a parte merita Blue Lives Matter, un movimento sociale statunitense fondato nel settembre del 2014 a sostegno dei corpi di polizia statunitensi, che ha anche una pagina su Facebook. Ha avuto un alto impatto culturale durante le proteste postelettorali negli Stati Uniti d’America del 2020-2021, ma apparentemente sembra schierarsi dalla parte delle forze di polizia, in modo neutrale, senza particolari estremismi; fatto sta che è comunque visitata ed acclamata anche dal “popolo di Trump”.
Una nuova chiamata alle armi
Quello appena descritto è il mondo virtuale nel quale comunicano, si scambiano opinioni e soprattutto informazioni i “patriots” fedeli al presidente uscente.
Quello più o meno ufficiale ovviamente. Ma esiste anche una sorta di dark web[1] che i movimenti di estrema destra americani usano al momento.
L’FBI e l’intelligence USA, stanno monitorando continuamente la Rete, mettendo in guardia le amministrazioni locali e fonti del Washington Post citano un documento ufficiale del quale sono venute in possesso in cui si chiede urgentemente di “mettere sotto stretta sorveglianza le sedi governative ed istituzionali locali e distrettuali dell’Unione”, (le statehouses), perché “sono in via di organizzazione in tutti i 50 stati rivolte e proteste ... fra il 16 e almeno il 20 gennaio, e al Congresso fra il 17 e il 20 gennaio”. Nella nota, inviata dalla polizia federale si legge inoltre che l’FBI ha “ricevuto informazioni su un gruppo armato che intende andare a Washington il 16 gennaio, per partecipare ad una manifestazione il 17”. Il gruppo ha messo in guardia sulla possibilità di una rivolta nel caso in cui il Congresso tentasse di rimuovere il presidente con il 25° emendamento.
A siistra la locandina dell’appuntamento; a piccole lettere, in caratteri molto chiari, quasi invisibili si legge la frase: “Come armed at your personal discretion”. Come dire: se vieni armato lo fai solo a titolo personale. Questa è l’Amerika , bellezza!
Intanto la notte scorsa l’FBI, contraddicendo sé stessa e le dichiarazioni fatte in precedenza, in un documento interno fatto pervenire sempre al quotidiano statunitense, fa sapere che il giorno prima dell’attacco, e quindi secondo loro in tempi utili, aveva messo in guardia con “una segnalazione esplicita dagli uffici della Virginia, che gruppi di estremisti stavano preparandosi a viaggiare alla volta di Washington, per commettere atti violenti durante la ratifica della presidenza Biden”.
Le inchieste sono in corso e le seguiremo da vicino e con molto interesse, ma quello che più è urgente al momento, è interpretare il processo in corso, in quanto Trump, sembra essere più un effetto che la causa (un effetto che retroagisce ed aggrava le cause). Probabilmente il peccato originale risiede nella strenua ed irresponsabile ricerca della “normalità” e del politically correct, che sta mettendo in serio pericolo anche le democrazie europee e che cento anni fa tondi tondi faceva dire a Benedetto Croce che il fascismo era “un’interruzione temporanea”, poi si tornerà alla “normalità”.
E invece è stata proprio la “normalità” di ieri a preparare il disastro di oggi. Il trumpismo è l’esito di mezzo secolo di demolizione del senso del bene comune e delle istituzioni: quando Reagan diceva che lo Stato è il problema e non la soluzione apriva la porta a un’antipolitica qualunquista legittimata da un’ideologia neoliberista a cui la sinistra non ha saputo opporre una resistenza significativa (restandone anzi a volte ammaliata, vedi Clinton).
Il prodotto di questo processo è qualcosa di mostruoso che con la democrazia con cui si sciacquano la bocca tutti i perbenisti in questi giorni, ha quasi nulla a che fare: sempre meno persone che credono ai media, sempre meno persone che ripongono fiducia nelle istituzioni e nello stato, sempre meno persone che pensano di avere i mezzi per decidere della propria vita. Che media, che istituzioni, che democrazia gli stiamo offrendo?
Il Trumpismo è un movimento che sta catalizzando rabbia sociale diffusa, ma colpisce il carattere oltre che interclassista, anche intergenerazionale (gli Hillbillies, i cosiddetti “montanari”, i “bifolchi” hanno marciato verso Capitol Hill insieme agli assicuratori, ai poliziotti e agli impiegati, ed i figli insieme alle madri).
Fra le 5 vittime, 3 sono donne.
Decifrare questi segnali, passa per la coscienza di avere un problema non solo sociale, ma prima di tutto, culturale.
È ora di correre ai ripari, ma non sarà un pranzo di gala.
Probabilmente si rischia di perdere il controllo della situazione, e la merce da conquistare non sarà a saldo.
Impeachment e dintorni
Nel frattempo, infuria anche la battaglia politica fra l’impeachment formalmente presentato nella giornata di martedì dalla presidente della Camera Bassa, Nancy Pelosi, e che se condannasse Trump anche dopo il giuramento di Biden, non gli permetterebbe di presentarsi alla prossima tornata elettorale del 2024, ed il rifiuto del vice Mike Pence di invocare il 25° emendamento, nei confronti del presidente uscente. Seguiremo da vicino gli sviluppi nella giornata odierna, anche se il passaggio dell’incriminazione di Trump alla House of Representatives (la nostra Camera dei Deputati) è matematico, mentre è più incerto al Senato
Il GOP, fra defezioni (Colin Powell fra gli altri), progetti di “riforma” e di “correnti” (l’ex attore ed ex governatore della California, Schwarzenegger) e dimissioni (si è dimesso dalla Homeland Security, l’Intelligence interna, anche Wolf) ne esce con le ossa rotte, per ora: la crisi del partito repubblicano potrebbe trasformarsi molto velocemente, in una crisi del conservatorismo liberale.
Dal canto suo The Orange, rilascia dichiarazioni sibilline da un luogo doppiamente simbolico: Alamo, celebre per la sua battaglia ma anche per l’infame muro costruito con il Messico; il pubblico era esiguo, ma comunque chi riverbera le sue affermazioni è sempre pronto. Il tycoon dichiarando che è stato un successo, non ritratta ciò che ha detto prima e durante l’assalto al Congresso e anzi rilancia, dicendo che la rabbia che scorre nel paese, si deve ai toni ed alle parole ascoltate durante le manifestazioni anti razziste del BLM della scorsa estate, e che l’impeachment nei suoi confronti potrebbe innescare di nuovo, reazioni scomposte, passando la “palla” delle responsabilità a qualcun altro.
Il giuramento di Sleepy Biden è fra otto giorni.
Perché non usare questo tempo per riflettere di nuovo su cosa ha scritto Todorov nel 2012 sui nemici intimi della democrazia?
La vecchia frase di Sun Tzu è sempre efficace: se conosci il nemico e te stesso, la tua vittoria è sicura.
Note:
1) Il dark web è un sottoinsieme del deep web, solitamente irraggiungibile attraverso una normale connessione Internet senza far uso di software particolari perché giacente su reti sovrapposte ad Internet chiamate genericamente darknet. Le darknet più comuni sono Tor, I2P e Freenet. L’accesso a queste reti avviene tramite software particolari che fanno da ponte tra Internet e la darknet. Il più famoso è Tor che, oltre a fornire accesso all’omonima rete, garantisce l’anonimato all’utente, permettendogli di navigare anonimamente anche sul normale World Wide Web da uno dei nodi della rete Tor. Le darknet sono usate, in alcuni casi, per attività illegali: famoso è il caso di Silk Road, un sito di commercio elettronico sulla rete Tor che effettuava attività criminali.
Fonte
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