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16/05/2021

L’attualità della critica al Programma di Gotha nel XXI Secolo

La critica al programma di Gotha è un documento fondamentale per comprendere il pensiero politico di Marx. In primo luogo, ha voluto influenzare concretamente la formazione del Partito socialdemocratico unificato tedesco, contrastando aspetti che contraddistinguono l’ala di Lassalle, ma che erano anche molto diffusi nell’ala eisenachista: si parla di democrazia volgare, spirito settario, economismo e opportunismo.

Questa lotta ebbe anche come fine la demolizione dei miti di Lassalle come “equa distribuzione”, “parità di diritti” e “frutto integrale del lavoro”. Secondo l’ideale di Lassalle, in futuro ci sarà una “giusta distribuzione del reddito da lavoro” nella società, ma questo principio, insieme a quello della distribuzione della totalità del reddito da lavoro a tutti i membri della società, viene effettivamente smantellato di Marx, che tuttavia ritiene che sia cessato lo scambio di beni e valori. Il testo dice che: “I produttori non scambiano i loro prodotti e ancor meno lavoro trasformato in prodotti appare qui come il valore di questi prodotti».

Un punto affrontato nella Critica, come avevano fatto prima i riformisti e gli utopisti, si riferisce alla “società collettivista”, cioè una società in cui i mezzi di produzione sono proprietà comune. Questa proprietà è, infatti, comune, ma non nasce fatta e finita, poiché deriva dalla società capitalista che la influenza sul piano economico, morale e spirituale, come se fossero tracce materne.

Per eliminare queste influenze sarà quindi necessaria una fase di transizione, un momento di passaggio tra due diversi modi di produzione, tra diversi rapporti di produzione. Questa transizione provoca un cambiamento immediato e radicale nei processi economici e nelle categorie tipiche della società capitalista, che non si trasmetterebbero dalla vecchia alla nuova società e costituirebbero uno dei punti di rottura con il passato. Si tratta in particolare del mercato, determinante dell’impronta economica, che viene soppresso e sostituito contemporaneamente allo scambio con un processo non più indiretto ma diretto, in cui i singoli lavori diventano parte costitutiva del tutto. E lavoro sociale.

Pertanto, sembra che, una volta terminato il mercato, il meccanismo della legge del valore rimanga intatto, sebbene manchi quella componente capace di avere effetti sociali, quindi è diventato un semplice strumento di calcolo delle quantità equivalenti. Questa volta, però, ci troviamo in un ambito che non è più privato e individuale, ma riguarda il lavoro sociale in generale. E così ritorna il diritto borghese, traccia tipica della vecchia società che si è conservata nonostante la crisi durante la trasformazione nella nuova società. Marx ritiene che la disuguaglianza sia il risultato di privilegi naturali come la diversa capacità di agire, mentre al momento non menziona i privilegi innaturali, cioè quelli determinati dallo status sociale o dall’apprendimento. Lo farà invece più tardi, parlando della divisione del lavoro e del contrasto tra lavoro intellettuale e lavoro “fisico”.

Secondo l’ideologia del diritto borghese, in effetti, tutti sono uguali davanti alla legge e la legge è uguale per tutti, ma essendo la legge borghese, è un’uguaglianza puramente formale, dove esiste ancora l’idea della distinzione di classe, che è semplicemente camuffato da un’uguaglianza fittizia. Questo è certamente un punto focale per la comprensione dei fenomeni sociali e politici nei decenni a venire. Un esempio di ciò saranno le lotte di classe che si sviluppano con le rivoluzioni in URSS e in Cina, a Cuba e con il chavismo in Venezuela.

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