di Marco Santopadre
Nel corso del conflitto dello scorso anno tra Azerbaigian e Armenia, Teheran aveva tenuto una posizione sostanzialmente equidistante, pur essendo teoricamente più vicina a Erevan. Nei mesi seguenti le relazioni tra Teheran e Baku sembravano essere in via di miglioramento. All’inizio di settembre i ministri degli Esteri dei due paesi, al termine di un incontro, avevano parlato di possibili prospettive di cooperazione.
Ma nelle ultime settimane tra i due paesi è velocemente salita la tensione e l’esercito iraniano ha comunicato di avere in programma delle esercitazioni vicino al confine con l’Azerbaigian. Secondo l’agenzia di stampa iraniana Fars, che ha riportato le dichiarazioni del comandante delle forze terrestri della Repubblica Islamica Kioumars Heydari, l’esercitazione, battezzata “I conquistatori di Khaybar”, ha lo scopo di “migliorare la prontezza al combattimento” delle unità militari di Teheran.
Secondo i media dell’area, negli ultimi giorni gli iraniani hanno ammassato al confine un gran numero di militari, di mezzi corazzati e di missili, il che ha spinto gli azeri a mobilitare le proprie truppe. il presidente azero Ilham Aliyev ha definito la mossa della Repubblica islamica “un evento sorprendente”.
Alle rimostranze azere Saeed Khatibzadeh, portavoce del ministro degli Esteri iraniano, ha risposto che le manovre rappresentano “una questione di sovranità”, aggiungendo che Teheran “non tollererà la presenza del regime sionista” alle sue frontiere. In passato, in effetti, le strette relazioni tra Baku e Tel Aviv sono state fonte di tensione o comunque di una certa freddezza nei rapporti tra la Repubblica Islamica e lo Stato ebraico. L’Azerbaigian è il maggiore fornitore di energia di Israele, che ha fornito a Baku (insieme alla Turchia) i droni da ricognizione e da bombardamento che hanno permesso alle truppe azere di sbaragliare le difese armene durante il conflitto per il controllo del Nagorno-Karabakh.
Ad agosto, poi, Baku ha inaugurato anche il suo primo ufficio di rappresentanza economica e commerciale in Israele creando allarme a Teheran. Dopo qualche settimana la tensione è improvvisamente aumentata quando le autorità azere hanno fermato alcuni camion iraniani carichi di merci che stavano viaggiando lungo la strada tra le città armene di Kapan e Goris che attraversa in alcuni punti delle sezioni di territorio recentemente conquistate da Baku. L’autostrada, pattugliata dalle forze di pace russe, è l’unico collegamento dell’Armenia con l’Iran.
All’inizio di settembre, le forze militari azere hanno istituito un posto di blocco ed hanno iniziato a tassare e ispezionare i camion commerciali iraniani che viaggiano sull’autostrada. Alcuni camionisti iraniani sono stati anche arrestati per essere “entrati illegalmente in territorio azero”. L’Azerbaigian sostiene infatti che l’ingresso in Nagorno-Karabakh attraverso l’Armenia equivalga ad un passaggio illegale di frontiera.
In un’intervista all’agenzia turca Anadolu, Aliyev ha espresso indignazione per il continuo viaggio di camion iraniani attraverso il territorio azero, chiedendosi perché l’Iran sia così insistente nel continuare il commercio in una regione con solo 25.000 abitanti (ciò che rimane dell’auto proclamata Repubblica armena dell’Artsakh dopo la sconfitta nel conflitto del 2020). «Questo commercio è davvero così importante da mostrare una totale mancanza di rispetto per un paese che consideri amico e fraterno?» ha dichiarato Aliyev.
A contribuire all’aumento delle tensioni tra Teheran e Baku sono state anche le recenti esercitazioni militari congiunte condotte da Azerbaigian e Turchia prima nel distretto di Lachin e poi nel Mar Caspio; il ministero degli Esteri iraniano ha avvertito che queste ultime violano le convenzioni internazionali che vietano la presenza militare di Paesi diversi dai cinque stati che si affacciano sul mare interno.
In una dichiarazione alla stampa un deputato iraniano, Mohammad Reza Ahmadi Sangari, ha accusato Baku di essere diventata arrogante dopo la vittoria militare sull’Armenia ottenuta, ha detto, grazie al “doping turco”, riferendosi al fondamentale sostegno bellico di Ankara.
Effettivamente, le truppe azere continuano, a un anno dalla guerra con l’Armenia durata 44 giorni, a operare attacchi e sconfinamenti, per quanto circoscritti, in territorio armeno, nonostante la presenza dei peacekeepers russi sulla linea di contatto definita dal documento di cessate il fuoco proposto da Mosca e firmato dai contendenti il 9 novembre.
«Il primo punto della dichiarazione trilaterale definisce chiaramente che: “... le parti rimangono nelle loro posizioni”. Ciò nonostante, un mese dopo la firma della dichiarazione, le unità militari azere hanno lanciato un attacco ai villaggi di Hin Tagher e Khtsaberd nella regione di Hadrut in Artsakh, occupandone gli insediamenti, catturando e uccidendo militari e civili armeni. Attualmente, la parte azera sta anche cercando di occupare nuove aree in diverse parti della linea di contatto», ha denunciato in una lunga intervista all’Agenzia Nova l’ambasciatrice dell’Armenia in Italia, Tsovinar Hambardzumyan.
«A seguito dell’aggressione dell’Azerbaigian, circa 90 mila sfollati si sono rifugiati in Armenia, la maggior parte donne e bambini. (...) La maggior parte degli sfollati, in particolare dalle regioni di Shushi e di Hadrut, oggi non è in grado di tornare alle proprie case che sono rimaste sotto il controllo dell’Azerbaigian» ha spiegato l’ambasciatrice.
Di tutt’altro avviso le autorità dell’Azerbaigian, che lo scorso 27 settembre – anniversario dell’inizio del conflitto – hanno celebrato il “Giorno della Memoria” per omaggiare i loro caduti nella “guerra patriottica”, festeggiato il ristabilimento (per quanto ancora non totale) dell’integrità territoriale del paese e la “liberazione” dei territori – storicamente abitati da popolazioni armene – occupati per quasi 30 anni dalle forze di Erevan.
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