di Guido Salerno Aletta
Tutto è convulso, assai complesso da decifrare, in questa fase delle relazioni internazionali innescate dalla invasione della Ucraina da parte dell'esercito russo.
Non è questa la sede per fare previsioni di come andrà a finire: se sarà la Ucraina a cedere di schianto, se ci sarà una interminabile guerra civile, ovvero se sarà invece un Regime Change a Mosca che determinerà rivolgimenti politici inimmaginabili.
Ci sono due aspetti concreti, invece, da valutare fin d'ora: le sanzioni economiche e finanziarie decise nei confronti della Russia e le contromisure che saranno assunte da Mosca.
Le prime sono già note: c'è stato prima il blocco dei beni personali di una serie di oligarchi e poi il divieto di utilizzare per i pagamenti da e verso la Russia il sistema di transazione interbancario Swift. Niente invece, per il momento, che riguardi i pochi asset delle imprese russe all'estero. L'impossibilità di usare il sistema Swift per regolare le transazioni commerciali da e verso la Russia mette in discussione innanzitutto il pagamento da parte russa dei debiti attraverso il sistema delle banche occidentali che hanno filiali in Russia, ivi comprese quelle italiane: in teoria, sarebbero inesigibili. Per le Banche, che ne rispondono verso le aziende, sarebbero perdite di bilancio colossali, per decine di miliardi di euro.
C'è dell'altro: ci sarebbe la possibilità di effettuare i pagamenti in questione usando canali diversi da Swift. Da tempo, infatti, la Cina si è attrezzata realizzando una piattaforma alternativa: si tratta del Cross-Border International Payment System (CIPS). Anche l'Europa aveva ipotizzato una soluzione del genere per consentire all'Iran di poter mantenere la correntezza dei pagamenti internazionali nonostante la inibizione dell'utilizzo dello Swift da parte degli Usa che si erano ritirati unilateralmente dal Trattato JCPOA accusando Teheran di non rispettare i limiti di arricchimento dell'uranio. Non se ne fece nulla, per timore delle sanzioni statunitensi.
Stavolta, la situazione è diversa: è ben vero che le sanzioni commerciali decise dalla Ue nei confronti della Russia escludono i combustibili, e dunque le forniture di gas russo all'Europa, ma se i venditori di altri prodotti alla Russia vogliono ricevere i pagamenti, ci sono già piattaforme di pagamento alternative.
C'è stata un'altra sanzione: è stato deciso di congelare le riserve in valuta depositate dalla Banca Centrale Russa presso le altre Banche centrali. Questo serve a ridurre la sua capacità di sostenere il corso del Rublo e di effettuare operazioni di rifinanziamento interno garantite da asset in portafoglio. È una misura assai dolorosa, visto che quasi la metà delle riserve in valuta straniera delle Banca Centrale Russa, dollari ed euro, è detenuta presso Banche Centrali straniere.
C'è stata pure una caduta del cambio estero del Rublo e ci sono file di cittadini di fronte ai bancomat per il ritiro di contanti. La Banca Centrale Russa ha portato il tasso ufficiale di sconto al 20%: evidentemente vuole stroncare una corrente speculativa. Qualcuno infatti potrebbe pensare che indebitarsi oggi in rubli sia conveniente, pensando alla prospettiva di una inflazione galoppante: si compra merce al prezzo corrente, si aspetta che questo prezzo salga, e quindi si vende al prezzo maggiorato. Con il profitto derivante dalla differenza di prezzo si pagano ampiamente gli interessi sul prestito contratto.
Potrebbe accadere invece esattamente il contrario: da parte di Russia e Cina c'è una sorta di de-dollarizzazione in corso.
La Russia ha già azzerato i suoi investimenti ufficiali in titoli del Tesoro Usa: mentre nell'ottobre 2017 ammontavano a 102 miliardi di dollari, nel dicembre 2018 erano già scesi a 13,2 miliardi, per poi scomparire. La Cina ha fatto pressappoco lo stesso: dal record di 1.316 miliardi di dollari del novembre 2013 è scesa a 1.072 nel dicembre 2020.
Ci potrebbe essere dunque un'altra e ben diversa motivazione alla base della decisione della Banca centrale Russia di alzare il tasso di sconto al 20%: qualcuno potrebbe speculare sull'aumento del tasso di cambio del rublo.
È già stato imposto agli esportatori di convertire in rubli l'80% degli incassi ricevuti in valuta straniera, e questo rafforza il rublo. Un ulteriore passo potrebbe essere quello di accettare solo pagamenti in rubli, anche per le forniture di combustibili: non è poca cosa, visto che già l'accordo fatto con la Cina ha previsto il regolamento in euro. La Cina pagherà così il gas fornito dalla Russia, usando una parte degli euro incassati vendendo merci all'Europa.
La Cina sta già sperimentando lo Yuan digitale: gli operatori commerciali, esportatori ed importatori, potrebbero gradualmente essere obbligati a comprare ed a farsi pagare con questa moneta. Una moneta su cui non si può speculare, perché è gestita direttamente dalla PBOC, che detiene i conti su cui operare accrediti ed addebiti. Nessuna altra banca esterna avrebbe la possibilità di riceverne depositi da remunerare e da amministrare per erogare prestiti.
Mentre la crisi economica europea metterebbe sotto pressione l'euro, anche la fuga verso il dollaro sarebbe poco utile nel momento in cui la Cina cominciasse a pretendere di essere pagata in Yuan e non in dollari.
Se Cina e Russia si facessero pagare l'export solo in Yuan e Rubli
Oltre il Dollaro: Next Monetary War
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