Si usa dire che in guerra la menzogna è una componente costitutiva del combattere. Bisogna infatti “persuadere” il nemico che si voglia fare qualcosa di diverso dalle proprie reali intenzioni, in modo da ottenere un vantaggio, sia pure transitorio.
Anche se si aprono delle trattative per arrivare a un cessate al fuoco – la pace, in genere, viene esclusa fin quando non è stato sparato l’ultimo colpo – i ballon d’essai sono più numerosi dei brevi lampi di verità. Ma sono anche opportunamente mischiati tra loro, in modo quasi indistinguibile.
Nella guerra in corso avviene questo eterno gioco, e soltanto i media più servili di sempre possono pretendere che – loro e solo loro – siano i depositari della “professionalità e correttezza dell’informazione”.
Accade perciò che, mentre nelle redazioni ci si affanna a costruire l’ennesimo racconto orrifico che dovrebbe permettere di escludere qualsiasi trattativa di pace con Mosca, queste trattative vadano prendendo corpo per le uniche vie che, ostinatamente, erano state abbozzate nel mezzo dei cannoneggiamenti.
Cina e Vaticano sono stati i più attivi in questo senso, tra le clamorose ed inutili smentite (prima di Kiev, poi anche di Mosca, per simmetria) ed ora sembrano sul punto di raccogliere i primi risultati.
E se Pechino po’ vantare concreti legami economici – è il primo partner commerciale sia dell’Ucraina che della Russia – il Papa domina certamente nel regno “immateriale” dell’immaginario. E con maggiore presa verso Kiev, bisogna aggiungere.
Ed ecco che Volodimyr Zelensky è atteso improvvisamente a Roma, dove dovrebbe incontrare (per ovvi motivi diplomatici) la premier Giorgia Meloni domenica prossima.
Ma non è questo il cuore vero della sua “scappata” in Italia: nelle stesse ore vedrà Francesco I, dimostrando concretamente che quelle sintetiche frasi del papa, qualche settimana fa, annunciavano “una missione” di grande rilievo, che va ben al di là dei normali scambi di prigionieri o rientro di gruppi di bambini nel rispettivo “campo”.
“È possibile che il Papa incontri il presidente ucraino nella giornata di sabato”, dicono fonti vaticane all’ANSA. E del resto l’incontro appare come logico risultato di quello “preparatorio” con il premier ucraino Denys Shmyhal, un paio di settimane fa.
Segnaliamo, per la sorpresa dei guerrafondai da scrivania, che nel frattempo anche la strombazzatissima “controffensiva” ucraina, annunciata da mesi, è stata per ora accantonata dallo stesso Zelenskij (“perderemmo troppe persone”). E simmetricamente anche Mosca dichiara “difficile” la situazione sul terreno.
Risultato: entrambe le parti, con questo scambio di dichiarazioni, si mettono nella posizione di “accettare il dialogo”. Ovviamente con il nemico, perché trattative di pace, in una guerra, si possono condurre solo con “l’altro”.
Naturalmente può ancora andare tutto storto per qualsiasi motivo, e dunque non è il caso di lanciarsi in previsioni.
Ci limitiamo a constatare che l’establishment politico e mediatico euro-atlantico, dopo quindici mesi di bellicismo cieco condotto a suon di contrapposizioni astratte tra “un aggredito e un aggressore”, dovrà velocemente “cambiare narrazione”.
Gli unici a poter rivendicare intelligenza sono quei pochi che fin qui hanno provato a “imporre la pace” contro ogni pensiero unico guerrafondaio. Pochi, ma confortati da quasi il 60% della popolazione italiana...
Fonte
Nessun commento:
Posta un commento