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11/06/2024

Il Consiglio di Sicurezza ONU approva il testo USA per il cessate il fuoco

Ieri il Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha approvato la proposta per il cessate il fuoco in Palestina, presentata dagli Stati Uniti. Il testo è passato con 14 voti favorevoli (compreso quello della Cina) e l’astensione della Russia.

Il piano si divide in tre fasi, e prevede la fine dei combattimenti, il rilascio e lo scambio di prigionieri da entrambe le parti, il ritiro delle forze israeliane e il ritorno dei civili palestinesi alle loro case, la ricostruzione di Gaza. Si tratta del percorso che era stato annunciato in pompa magna da Biden qualche giorno fa.

L’ambasciatrice USA all’Onu, Linda Thomas-Greenfield, ha dichiarato: “oggi abbiamo mandato un messaggio chiaro ad Hamas: accettate questo accordo sul cessate il fuoco che Israele ha già accettato, e i combattimenti potrebbero fermarsi oggi”. L’approvazione di Hamas è arrivata immediatamente.

I suoi vertici hanno ribadito la “volontà di cooperare con i fratelli mediatori per avviare negoziati indiretti riguardanti l’attuazione di questi principi” (quelli della proposta statunitense, ndr). Siamo davvero arrivati a una normalizzazione della situazione in Palestina?

Purtroppo no, perché l’ambasciatrice statunitense sta mentendo, come ha mentito l’inquilino della Casa Bianca. Come rivelato da Seymour Hersh, il piano che Biden ha presentato come “nuova proposta globale” di Israele non arriva da Tel Aviv.

Anche quel che ha detto l’ambasciatrice Thomas-Greenfield è stato smentito in pratica immediatamente dalla rappresentante permanente di Israele alle Nazioni Unite, Reut Shapir Ben-Naftaly. La diplomatica ha affermato che le operazioni militari continueranno e che Israele non si impegnerà in “negoziati privi di significato e senza fine”.

Ben-Naftaly ha ripetuto che l’obiettivo del suo governo è “smantellare le capacità di Hamas”, e solo allora il massacro finirà. Esattamente il contrario dell’approvazione del cessate il fuoco, mentre l’affermazione di voler cancellare Hamas non è di certo una base solida per intavolare delle trattative con i suoi dirigenti.

La realtà è che Washington ha bisogno di porre fine al conflitto, per riassumere il ruolo di ago della bilancia della politica internazionale e ripartire con l’opera di normalizzazione dei rapporti tra i paesi arabi e l’entità sionista. E Biden ha bisogno di arrestare le proteste in vista delle elezioni di novembre. Ma Israele è ormai sfuggito di mano ai suoi padrini statunitensi.

La formula usata nella proposta all’ONU, che incoraggia “entrambe le parti ad attuare pienamente i termini del piano senza indugio e senza condizioni”, era indispensabile per la mediazione nel Consiglio di Sicurezza. Ma era anche un messaggio per Netanyahu.

Il governo di Tel Aviv sta però affrontando un terremoto interno, con le dimissioni di Benny Gantz dal gabinetto di guerra e il ritiro del suo sostegno a Netanyahu. Il suo esecutivo ancora regge, ma è sempre più legato all’andamento della campagna militare a Gaza.

Insomma, è Israele a essere l'ostacolo alla fine dei combattimenti. Gli Stati Uniti rilanciano la palla ad Hamas per liberare il proprio alleato della responsabilità del massacro in atto, ma questa propaganda è sempre più incrinata dalle evidenze dei raid sionisti e del genocidio in atto.

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