Alla vigilia del Terzo Plenum del Comitato centrale del Pcc e mentre gli Stati Uniti si addentrano nella sfida presidenziale tra Biden e Trump, il punto della sfida tecnologica ed economica tra i due Paesi che dominano il mondo.
Premessa
Le riforme avviate da Deng Tsiao Ping nel 1978-79 in Cina hanno cambiato drasticamente e in pochi decenni non solo la situazione economica del paese asiatico, ma, per molti aspetti, anche quella del resto del mondo, contribuendo a rovesciare gli equilibri politici preesistenti su scala globale. Per quasi quarant’anni il Pil cinese è cresciuto ad un tasso medio del 9,5% all’anno, risultato mai verificatosi altrove.
Già pochi anni dopo l’avvio delle riforme cinesi stuoli di studiosi, giornalisti ed esperti vari in Occidente hanno cominciato a predicare che la cosa non poteva andare avanti così e che l’economia cinese sarebbe crollata presto sotto il peso dei suoi immani problemi. La crescita cinese però non ha seguito fino in fondo i precetti ortodossi indicati dalla scienza economica occidentale e ha trascurato di occuparsi di quello che dicevano i profeti di sventura.
Queste previsioni catastrofiste non sono mai cessate del tutto e anzi hanno ripreso vigore in relazione al rallentamento recente dei tassi di crescita economica della Cina. Va sottolineato dunque in prima battuta che la Cina continua a crescere ogni anno più di qualsiasi paese economicamente importante, a parte il caso dell’India (sull’attendibilità delle statistiche ufficiali indiane ci sono dei dubbi, anche se la prevalenza del tasso di sviluppo dell’economia del paese su quella della Cina dovrebbe essere confermata). Nel 2023 il Pil cinese è salito del 5,2% e per il 2024 le stime più recenti valutano un aumento plausibilmente e sostanzialmente analogo; mente per l’India si pensa ad una crescita del Pil per il 2024 di circa il 6,5%.
Studi recenti arrivano alla conclusione che sul fronte del Pil, come su quello delle tecnologie avanzate, la situazione del paese asiatico sia più favorevole di quanto si pensasse sino a poco tempo fa. E l’esplorazione di tale ipotesi è il tema principale di questo articolo.
Il Prodotto interno lordo
A che punto è la gara per il Pil tra Cina e Stati Uniti? Sappiamo che esistono due criteri di misura di base di tale grandezza, quello dei prezzi di mercato, il più tradizionale, e quello della parità dei poteri di acquisto. Secondo il primo criterio gli Stati Uniti sarebbero ancora abbastanza avanti e il Pil cinese sarebbe pari ad un valore intorno al 75% rispetto al rivale. La Banca Mondiale ha di recente aggiornato le sue valutazioni rispetto al secondo criterio e ha trovato che nel 2022 quello cinese era superiore a quello Usa del 25%; seguivano nella classifica l’India e poi, sorprendentemente, superando lo stesso Giappone, la Russia, che qualcuno aveva dato per spacciata, il cui Pil la Banca Mondiale è stato rivalutato del 13% sempre per lo stesso anno.
Nel 2023 e nel 2024 il distacco tra i due contendenti principali dovrebbe essere aumentato. E questo senza considerare le cifre relative a Hong Kong e a Macao – entità formalmente autonome –, che, se inserite nel conto, aggiungerebbero quasi mille miliardi di dollari al Pil cinese.
C’è poi un’altra questione aperta. La Cina, dopo la vittoria di Mao, avendo avviato i suoi dipartimenti di statistica nazionale, ha seguito, nel compilare i numeri del Pil, le metodologie sovietiche che non prendevano in considerazione nei calcoli il settore dei servizi, ma si limitavano a considerare soltanto le attività “materiali”. Successivamente la Cina ha corretto in parte i suoi criteri, inserendo nella stima del Pil anche alcuni dei servizi, soltanto alcuni però. Ora, se invece si considerassero tutti i servizi, il paese crescerebbe ancora, sino a collocarsi, utilizzando il criterio della parità dei poteri di acquisto, intorno al 145-150% rispetto a quello statunitense.
Si pensa che la Cina tardi a completare l’esercizio di correzione della sua metodologia anche per evitare di perdere lo status di paese in via di sviluppo, status che presenta diversi vantaggi. Infatti la Banca Mondiale nei suoi calcoli sottovaluta fortemente i consumi del paese asiatico (Feizi, 2024).
C’è chi fa notare come solo le ultime valutazioni sopra citate appaiano vicine alla realtà, anche in vista del fatto che ormai, come fa notare qualcuno (Feizi, 2024), nel 2023 la Cina ha prodotto il doppio della quantità di elettricità Usa, ben 12,6 volte dell’acciaio, 22 volte del cemento, mentre sono usciti dalle linee nello stesso anno 30,2 milioni di veicoli, quasi tre volte quelli Usa; e mentre i consumatori cinesi hanno comprato – nel 2023 – 434 milioni di smartphone, tre volte di più degli Stati Uniti. I cinesi, sempre seguendo questi calcoli, consumano il doppio della carne degli Stati Uniti e comprano il doppio dei beni di lusso (Feizi, 2024). E ancora: il mercato cinese della chimica e quello della robotica si stanno collocando intorno al 50% di quello mondiale.
C’è da pensare che per quanto riguarda il Pil degli Stati Uniti il valore di alcuni servizi sia invece sopravvalutato (Feizi, 2024; Todd, 2024), fattore che, se venisse considerato nei calcoli, aumenterebbe ancora il distacco.
Il confronto sulla tecnologie
Anche sul fronte della competizione relativa ai settori della scienza e della tecnologia, le più recenti valutazioni pongono la Cina ad un livello abbastanza più avanzato di quanto si potesse pensare anche sino a poco tempo fa. Colpisce in particolare la velocità dei progressi del paese asiatico su tutti i fronti.
Consideriamo in proposito due studi distinti. Una ricerca australiana (Hurst, 2023), sponsorizzata del Dipartimento di Stato Usa, indica che, su 44 settori tecnologici esaminati, la Cina abbia il primato in ben 37 di essi e gli Stati Uniti soltanto nei restanti 7; tutto il resto del mondo, compresi i paesi europei, arranca. Anche considerando che lo studio possa avere esagerato il ruolo della Cina e con esso quello del Dipartimento di Stato indica come “pericolo cinese”, perché potrebbe aver mirato ad ottenere più fondi dal Congresso, comunque non si può dubitare che il paese asiatico stia facendo passi in avanti prodigiosi nel settore delle nuove tecnologie.
Una ricerca pubblicata di recente dall’Economist (The Economist, 2024) esplora un campo in parte almeno diverso da quello della ricerca australiana, concentrando l’attenzione sulle materie scientifiche. In questa ricerca si considera che gli Stati Uniti siano ancora avanti in diverse discipline, anche se il paese asiatico sta rapidamente colmando le sue arretratezze.
Così, secondo il settimanale britannico, la Cina appare già in testa in settori quali la scienza dei materiali, la chimica, la meccanica, la computer science, l’ambiente e l’ecologia, le scienze agricole, la fisica e la matematica, la biologia e la chimica biologica, mentre gli Stati Uniti mantengono il primato nella biologia molecolare, nelle scienze dello spazio, nelle neuroscienze, nella medicina clinica, nell’immunologia. Va segnalato che in tale ricerca il ruolo dei paesi europei in molti dei settori elencati appare per molti aspetti più dignitoso che in quella australiana sopra citata, anche se in nessuno di essi il nostro continente riesce ad acquisire una posizione di leadership.
Possiamo ricordare ancora il fatto che in Cina ottengano ormai la laurea ogni anno quasi 12 milioni di ragazzi, di cui circa 5 milioni in discipline STEM e in particolare 1.600.000 in ingegneria (contro i 200.000 statunitensi), mentre la Cina è anche in testa a livello mondiale per le domande di brevetti e per il numero di articoli scientifici pubblicati su riviste primarie, nonché per quello dei ricercatori in attività.
Ricordiamo infine che secondo l’indice di Nature nella classifica delle prime dieci università scientifiche del mondo sette posti vanno a istituzioni cinesi (sei su dieci nella classifica della Leyden University). La Tsingua University di Pechino è considerata la prima al mondo in ambedue le liste.
Alla fine, come commenta il settimanale britannico, il vecchio ordine scientifico mondiale dominato dagli Stati Uniti, dall’Europa e dal Giappone sta arrivando alla fine.
Un quadro complessivo certamente sorprendente. Naturalmente non mancano i punti deboli del paese asiatico. È noto, ad esempio, come la Cina sia indietro nel fondamentale settore dei chip, anche se sta moltiplicando gli sforzi per recuperare terreno, mentre appare anche in ritardo nel campo dell’aeronautica civile. L’innovazione cinese si basa ancora molto su nuove applicazioni di tecnologie esistenti, mentre ha più difficoltà nelle invenzioni che aprono nuove strade (Keyu Jin, 2023), anche se di nuovo il paese sta recuperando velocemente terreno.
Testi citati nell’articolo
-Feizi H., What’s the real size of China’s economy?, www.asiatimes.com, 17 giugno 2024
-Keyu Jin, The new China playbook, Swift Press, Londra, 2023
-Hurst D., China leading US in technology race in all but a few fields, thinktank finds, www.guardian.com, 2 marzo 2023
–The Economist, The soaring dragons, 15 giugno 2024
-Todd E., La défaite de l’Occident, Gallimard, Parigi, 2024
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