Sono 11 i morti causati dall’ondata di violenza scatenata
dall’opposizione contro i sostenitori di Nicolas Maduro eletto
presidente lo scorso 15 aprile. Ma media e Commissione Americana per i
Diritti Umani accusano il governo. Che ha appena varato una
rivoluzionaria legge sul lavoro che diminuisce l’orario ed estende i
diritti.
Con la morte di Gerardo Rico all’ospedale di San Cristobal
dopo 23 giorni di agonia è salito a 11 il numero delle vittime della
violenta campagna di aggressioni e omicidi scatenata dalle opposizioni
venezuelane dopo il voto che ha sancito l’elezione di Nicolas Maduro
alla presidenza della repubblica. Una ondata di violenza indiscriminata,
visibilmente preordinata e orchestrata da alcune organizzazioni
politiche della destra venezuelana, che ha preso di mira dirigenti dei
partiti al governo, istituzioni pubbliche e addirittura decine di
ambulatori dei quartieri popolari e delle favelas dove lavorano da anni i
medici cubani. Gli undici morti – a smentire le accuse di violenza
rivolte dall’opposizione nei confronti dei partiti bolivariani e delle
forze di sicurezza – sono tutti attivisti e militanti chavisti.
Nonostante questo dal giorno della proclamazione dei risultati
elettorali praticamente tutti i media privati venezuelani hanno condotto
una violenta campagna stampa contro il governo, accusato di brogli
elettorali e di repressione. Una campagna che naturalmente viene
amplificata da numerosi media internazionali e che nelle ultime ore ha
trovato anche il sostegno da parte della Cidh, la Commissione
Interamericana che ha messo in dubbio la legittimità dei risultati
elettorali dello scorso 14 aprile ed ha accusato il governo del
Venezuela di violare i diritti umani. Un’accusa che ha mandato il
presidente Maduro su tutte le furie e che è stata respinta al mittente
insieme ad ogni illegittima ingerenza negli affari interni e nella vita
democratica del paese. “La screditata Cidh continua a schierarsi contro
la democrazia e il popolo venezuelano” ha affermato Nicolas Maduro in un
messaggio inviato via twitter. Venerdì l’ente sudamericano aveva emesso
un comunicato nel quale invitava il governo a adottare urgenti misure
per “garantire il diritto alla vita e all’incolumità”, al libero
esercizio dei diritti politici, di riunione e manifestazione nel paese,
in riferimento anche alla rissa che a fine aprile ha coinvolto alcune
decine di deputati degli opposti schieramenti nel parlamento di Caracas.
Un messaggio in cui mancava ogni riferimento all’ondata di attacchi
terroristici e di omicidi condotta dalle forze dell’opposizione di
destra e che ha appunto causato 11 morti e un centinaio di feriti.
Situazione che anche i media occidentali hanno opportunamente evitato di citare,
così come è passato completamente inosservato che Nicolas Maduro pochi
giorni fa ha presentato davanti a 20 mila lavoratori della metropolitana
della capitale venezuelana una nuova legge, ribattezzata Ley Organica
del Trabajo, già entrata in vigore mercoledì 7 maggio. Un provvedimento
unico in America Latina, che mette in pratica l’articolo 90 della
Costituzione Bolivariana, attraverso il quale la settimana lavorativa
diurna viene ridotta da 44 a 40 ore mentre quella notturna passa dalle
precedenti 40 a 35 ore, mentre quella mista scende da 42 a 37 ore di
lavoro. Un modo, hanno detto Maduro e alcuni responsabili
dell’esecutivo, per concedere ai lavoratori più ore di riposo e di ozio,
innalzando la loro qualità della vita. La legge estende anche
l’estensione del riposo prenatale fino a 6 settimane e porta a 20
settimane il riposo post parto per le lavoratrici, oltre a porre enormi
limitazioni alla possibilità per le imprese di ricorrere ai subappalti.
Il provvedimento prevede anche che, in caso di licenziamenti di massa da
parte di un’impresa privata, il governo possa intervenire per bloccarli
per ragioni di interesse sociale o di sicurezza. Una notizia che
avrebbe meritato le prime pagine in un mondo in cui generalmente
l’orario di lavoro cresce a vista d’occhio mentre i salari perdono
potere d’acquisto e i diritti dei lavoratori vengono erosi
dall’austerity e dal cosiddetto dogma della competitività.
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