Settima notte di scontri a Stoccolma
E' la settima notte consecutiva di disordini a Stoccolma. Non ci sono
stati scontri fuori dalla capitale. Il paese più tranquillo d'Europa
sembra aver perso i suoi storici equilibri socialdemocratici.
L'austerità sta colpendo anche qui...
Alcune vetture sono state date alle fiamme nella notte fra
sabato e domenica nelle periferie povere di Stoccolma e poliziotti sono
stati presi a sassate da giovani immigrati. "Ci sono alcuni veicoli
bruciati in diversi punti della capitale, ma non cosi' tanti come nei
giorni precedenti", ha dichiarato il portavoce della polizia, Lars
Bystroem, alla radio svedese.
Gli scontri in Svezia proseguono
da una settimana mentre le forze dell'ordine chiedono rinforzi e il
governo moderato di Fredrik Reinfeldt appare impotente a frenare le
rivolte delle periferie povere e tende semmai a minimizzarne la portata
per non pagare dazio alle conseguenze della sua politica economica
"austera".
Il ministro dell'integrazione Erik Ullenhag ha detto che
la stampa internazionale ha preso un abbaglio descrivendo i disordini di
Stoccolma come causati da giovani arrabbiati: "Non si tratta di giovani
delle periferie che protestano contro la società", ha dichiarato,
dimenticando però di dire chi siano allora i veri protagonisti di
questo aspro maggio svedese.
Lo stesso primo ministro Reinfeldt
non rilascia dichiarazioni di un qualche peso, limitandosi ad invitare
tutti a compiere uno sforzo di pacificazione e tacciando gli autori
degli scontri di "vandalismo". Stati Uniti e Gran Bretagna hanno invece
lanciato avvertimenti ai propri concittadini nella capitale svedese,
perché moltiplichino i comportamenti prudenti ed evitino tutte le zone
interessate dagli scontri.
Ieri sono state prese d'assalto anche
tre scuole, tra cui una materna Montessori a Kista. E ancora auto
bruciate, un centro commerciale gravemente danneggiato a Jordbro,
sassaiole contro agenti e pompieri.
"La gente è furiosa" ha
raccontato un fotografo dell'Afp, mentre un padre si è detto "arrabbiato
e frustrato" di fronte all'incendio della scuola di Kista. I mezzi di
informazione fanno fatica a raccogliere dichiarazioni dei partecipanti
agli scontri, ma la radio pubblica SR è riuscita ad avvicinare un
giovane che, sotto lo pseudonimo di Kim, ha detto di aver agito in segno
di protesta contro la disoccupazione e il razzismo. "Abbiamo bruciato
auto, tirato pietre contro la polizia... E' una buona cosa, perché ora
la gente sa dov'è Husby... e il solo modo per farsi ascoltare".
Con il 15 per cento della popolazione di origine extraeuropea, con una
forza di attrazione dell'immigrazione che negli ultimi anni ha fatto
della Svezia il secondo paese più sognato (solo lo scorso anno 44 mila
richieste di asilo), il paese scandinavo sembra non reggere più
l'impatto e si sta trasformando in una matrigna che relega nelle
periferie la maggior parte degli immigrati.
"A poco a poco
stiamo diventando come gli altri paesi", ha osservato Aje Carlbom,
antropologo dell'Università di Malmoe; "Vivere da giovane in quartieri
come quelli, può voler dire essere completamente isolati dal resto degli
svedesi", non sentirsi parte di alcuna società.
Gli scontri hanno
avuto il merito di causare una discussione interna nel paese e
all'estero, hanno fatto mettere in discussione il modello svedese.
Eppure,
solo due mesi fa il ministro dell'Immigrazione, Tobias Billstroem,
aveva affermato che "la Svezia ha bisogno di rafforzare le leggi per i
richiedenti asilo e altri potenziali immigrati, al fine di ridurre il
numero di persone che arrivano nel paese", poiché, aveva rincarato, tale
situazione "non è sostenibile".
Dietro i riot la fine di un modello sociale?
C'è qualcosa di marcio anche nel modello della Svezia?
Un rapporto dell'OCSE ha rivelato che la Svezia è il paese con il più
veloce tasso di crescita della disuguaglianza. Ricordatevi di Goteborg.
Quello che era iniziato domenica nel quartiere di Husby, si è
diffuso in più di una dozzina di altri quartieri della città. Venerdì
sera, la polizia ha riferito di una notte più tranquilla nella capitale,
ma incendi e sassaiole sono avvenuti anche ad Uppsala, Södertälje, e
anche in centri urbani come Linköping e Örebro, nella Svezia centrale.
La polizia stima che più di 300 giovani sono stati direttamente
coinvolti, di cui 30 sono stati arrestati. Dodici poliziotti sono
rimasti feriti.
Grattando sotto la superficie del modello svedese,
emergono tutte le contraddizioni di un paese che ha senza dubbio le
politiche di asilo più generose al mondo. La Svezia recentemente ha
ospitato più di 11.000 rifugiati dalla Siria dal 2012, di più rispetto a
qualsiasi altro paese europeo, ed ha assorbito più di 100.000 rifugiati
iracheni e 40.000 somali nel corso degli ultimi due decenni. Circa 1,8
milioni dei suoi 9,5 milioni di persone sono immigrati di prima o di
seconda generazione.. Aleks, i cui genitori sono venuti dal Kosovo, dice
però: "Odio la polizia. Odio gli sbirri penso che dando fuoco alle auto
nel quartiere dovrebbero fermarsi, ma non credo che lanciando pietre
contro i poliziotti possano fermarsi..."
Il casus belli per i
disordini – la polizia un uomo, un portoghese di 69 anni, Lenine
Relvas-Martins – è stato respinto come scusa dalle autorità. Ma la gente
del quartiere di Relvas Martin è ancora infuriati. "La polizia ha avuto
un atteggiamento bastardo qui. Si sarebbe potuto pensare che c'era un
enorme gruppo di terroristi, non un uomo con un coltellino" denuncia
Milos, 73 anni, vicino di casa di Relvas-Martins dal 1984. "Se fosse
stato svedese non avrebbero mai sparato. Sono sicuro di questo." Martins
brandiva un coltello sul suo balcone, arrabbiato dopo un confronto con i
giovani locali. La polizia ha fatto irruzione in casa sua e gli hanno
sparato davanti alla moglie finlandese. Dicono che era un soggetto a
rischio ma lei nega. La polizia ha poi gettato benzina sul fuoco
definendo i giovani che hanno creato problemi come "scimmie" e "negri".
"I poliziotti fermano la gente, e li spogliano e li mettono in
imbarazzo di fronte ai loro amici", si lamenta Yusuf, un giovane somalo.
Yusuf prima viveva a Birmingham in Gran Bretagna, ma afferma di
preferire Husby, il quartiere di Stoccolma dove tutto è cominciato. E
non c'è dubbio ha Husby ci sono strutture migliori rispetto alle aree urbane
svantaggiate in Gran Bretagna. Ma è anche più segregata. Circa l'85%
delle persone qui sono immigrate.
Camila
Salazar, che lavora per Fryshuset, un'organizzazione giovanile di
Stoccolma, dice: "Per un sacco di persone che vivono in aree segregate,
gli unici svedesi che si incontrano sono gli assistenti sociali o
funzionari di polizia. E' sorprendente come molti non abbiano mai avuto un
amico svedese..."
Un terzo dei 2.500 bianchi, gli svedesi che
vivevano a Husby, 10 anni fa hanno lasciato il quartiere. l'80%
della popolazione è costituito da immigrati, in gran parte
fuggiti dagli angoli difficili del mondo - Iraq, Iran, Afghanistan,
Somalia, Kurdistan e più di recente la Siria - attirati
dall'atteggiamento tradizionalmente accogliente della Svezia. Ma la disoccupazione giovanile è alta, almeno per gli
standard svedesi (6%).
Negli ultimi dieci anni la
disuguaglianza è cresciuta velocemente anche in Svezia. Tenendo conto
dei parametri di partenza, è cresciuta più che in qualsiasi altro paese
sviluppato. L'OCSE, ritiene che la colpa sia in parte dei tagli fiscali
pagati con la riduzione della spesa sociale.
Secondo le statistiche
ufficiali, oltre il 10% delle persone di età compresa tra 25-55 anni ad
Husby sono disoccupati, rispetto al 3,5% a Stoccolma nel suo complesso.
Quelli che hanno un lavoro guadagnano il 40% in meno rispetto alla media
della città.
La destra ovviamente ha le sue risposte belle e pronte.
Aleksandar-Pal Sakala, esponente politico per il centro-destra la spiega
così. "E' una sciocchezza, questa propaganda della sinistra secondo cui
le scuole vanno male e non c'è lavoro. Alcune persone sono troppo
pigre. Sentono di avere meno rispetto se hanno un impiego di basso
status".
Gli attivisti di sinistra che la polizia sta ora perseguendo
per il loro ruolo nella rivolta, dicono che la versione dei
fatti fornita dalle autorità sull’uccisione di Revals Martin, ha fatto
da detonatore ad anni di risentimento contro la brutalità della polizia,
contro la disoccupazione, la crescente disuguaglianza, le opportunità
in diminuzione. Ma il riot si è diffuso da Husby alla periferia
occidentale e alla periferia sud di Stoccolma e poi in altre città -
Malmö, Göteborg, Örebro - dove le scuole, i ristoranti e stazioni di
polizia sono state incendiate.
Quindi c'è qualcosa di marcio anche
nel modello della Svezia? Il livello dei disordini svedesi non può
essere paragonato alle banlieues di Parigi nel 2005 o di Londra due anni
fa. Negli scontri nessuno è rimasto ucciso e quasi nessun ferito.
"La gente dice che è a causa di questo uomo che è stato ucciso", dice
Sadiya, una ragazza somala di 13 anni che studia in una scuola
professionale nel centro Husby. "Penso che vogliano attenzione da parte
della polizia. I ragazzi che lo stanno facendo, sono appena più vecchi
di me. Perché si preoccupano di disoccupazione? Sono bambini”. Tutti i
bambini della classe di Sadiya, circa 25, sono nati in Svezia, ma solo
uno ha i genitori svedesi. Gli altri sono tutti del Corno d’Africa o
mediorientali. "E' difficile per noi", dice Ann-Sofie Ericson,
responsabile del Municipio per le scuole nella zona di Stoccolma. "Il 19% dei nostri bambini lasciano ogni anno gli studi. Vivo a un quarto d'ora
di macchina da qui. I miei vicini sono iracheni. Quando la gente arriva
da fuori, arriva in un posto come Husby. Alcuni riusciranno ad ottenere
posti di lavoro, ad ottenere l'istruzione, e poi andare avanti, ma alcuni
non possono andare avanti".
La povertà assoluta è quasi
inesistente, ma non è la povertà assoluta che guida queste rivolte
urbane. La Svezia è stata una società notoriamente egualitaria, ha a
disposizione standard sociali rilevanti costruiti da 40 anni di governo
socialdemocratico dal 1930 al 1970, ma un crollo economico nei primi
anni '90 e il governo di centro-destra al potere dal 2006, hanno imposto
restrizioni sul welfare state nonostante le condizioni economiche
relativamente favorevoli.
Un recente rapporto dell'OCSE ha però rivelato che la Svezia è il
paese ad avere il più veloce tasso di crescita della disuguaglianza dei
34 paesi del gruppo aderenti all’organizzazione. Una rivelazione che ha causato molta sorpresa. In realtà è la disparità sociale che
allargandosi non può che generare rabbia. Infine va rammentato
che la Svezia e i suoi apparati coercitivi non sono immuni da ombre
funeste. Non c’è solo il razzismo dei poliziotti che è stato denunciato
in questa occasione. Occorre rammentare che nel 2001, solo un mese prima
del G8 di Genova dove venne ucciso il giovane manifestante Carlo
Giuliani, a Goteborg la polizia svedese sparò contro una manifestazione
che contestava un vertice internazionale e ferì gravemente un ragazzo.
Pochi prestarono attenzione ad un fatto decisamente insolito ma
preveggente su quello che sarebbe accaduto in Italia poche settimane
dopo.
Almeno la finiremo col dire che i mali del mondo stanno tutti nei paesi mediterranei...
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