Un'analisi di 926 cablogrammi diplomatici del
Dipartimento di Stato provenienti da 113 paesi, fra il 2005 ed il 2009,
svolta dall'organizzazione americana Food & Water Watch,
dimostra le fortissime pressioni esercitate dalla diplomazia Usa sui
Paesi esteri, specialmente quelli meno sviluppati, per spingerli a
introdurre le colture modificate geneticamente nella loro agricoltura,
nonostante fin dal 2009 il prestigioso International Assessment of Agricultural Knowledge, Science and Technology for Development
abbia dimostrato che i costi elevati dei semi e dei prodotti chimici
correlati, l'incertezza sulle rese ed i rischi per la sicurezza
alimentare locale rendano questi prodotti una scelta errata per i Paesi
in via di sviluppo.
Impostata come una
"diplomazia della scienza", l'azione diplomatica si coordinava con le
attività dello USAID (agenzia governativa Usa per lo sviluppo
internazionale) e del ministero dell'agricoltura Usa (USDA),
indipendentemente dall'orientamento politico dei governi Usa, come
dimostra la piena continuità da Bush ad Obama di questa azione di
pressione. L'esigenza di sostenere gli ogm in agricoltura dipende dalla
fortissima opposizione che queste colture hanno trovato non solo in
Europa, ma anche in Sud America, Asia, Oceania ed Africa, dove, ad
esempio, oltre 400 organizzazioni hanno richiesto nel 2012
il bando della coltivazione e dell'importazione di sementi biotech.
Per
un mercato mondiale che, secondo i dati ISAAA (l'organizzazione
statunitensi pro-Ogm), vale 15 miliardi di dollari l'anno, proprio
l'Africa rappresenta la "frontiera finale" della diffusione delle
colture biotech. Allineato con questa impostazione, il Dipartimento di
Stato, per esempio, si concentra sul Kenya, fondamentale per bocca della
stessa segretaria del Dipartimento di Stato, Hillary Clinton che
dichiara: "Con il Kenya alla guida delle biotecnologie e della
biosicurezza, non solo possiamo rafforzare l'agricoltura in Kenya, ma il
Kenya può diventare il leader di tutta l'Africa". Ecco quindi che la
diplomazia Usa affianca le sperimentazioni, rivelatesi poi fallimentari,
di Rockfeller Foundation, Gates Foundation e Monsanto sulla cassava e
sulle patate in Kenya, sul fagiolo dall'occhio, sul sorgo e ancora sulla
cassava in Nigeria, così come in altri 42 Paesi oggetto della pressione
Usa, sfruttando anche i programmi che lo Usaid gestisce in stretto
partenariato con Monsanto, DuPont, Cargill e Syngenta.
Ai
Paesi africani si prospetta anche la possibilità di penetrare con i
loro prodotti a basso costo nel mercato europeo, in modo da colpire uno
dei maggiori ostacoli alla diffusione degli Ogm agro-alimentari: le
norme sull'etichettatura obbligatoria. Esse vengono adottate, oltre che
dall'Unione Europea, anche da Australia, Brasile, Cina, Giappone, Nuova
Zelanda, Russia, Arabia Saudita, e Sud Corea, con soglie di contenuto GM
che variano da zero al 5 per cento. Per questo, la pressione
diplomatica Usa si concentra in modo particolare sull'ottenere dai
governi esteri regolamentazioni e normative che consentano l'utilizzo di
sementi e colture biotech e che non adottino etichettature obbligatorie
per tracciare la presenza di OGM nei prodotti agro-alimentari.
Contro
l'Europa in particolare gli Usa combattono una lunga battaglia di
diplomazia commerciale, sfruttando anche le regole dell'organizzazione
mondiale del commercio (WTO) per fare breccia nei bandi che molti Paesi
europei hanno proclamato contro le colture geneticamene modificate in
agricoltura.
La lotta contro le resistenze
europee è particolarmente dura e si concentra sui Paesi di più recente
accessione all'Unione Europea, come Romania e Bulgaria, chiedendo alla
prima, ad esempio, di "svolgere un ruolo attivo per difendere la
possibilità di utilizzo delle colture biotech da parte degli
agricoltori", ed alla seconda di "diventare un modello di successo e
sostenere l'agricoltura biotech nella UE".
Ma
non sono solo i nuovi Paesi europei il bersaglio della pressione Usa, ma
le stesse maggiori agricolture europee, come quella italiana,
fortemente ostile all'introduzione degli Ogm. Risulta chiaramente da un
cablogramma del 23 novembre 2005 che il Dipartimento di Stato non si fa
scrupolo ad utilizzare tutti gli strumenti mediatici e comunicativi,
inclusa l'organizzazione da parte del consolato Usa di Milano, in
Italia, col sostegno della Regione Lombardia, di un tour pro-ogm nel
settembre 2005 da parte di un eminente studioso Usa, il prof. Bruce
Chassy, in quattro città del nord Italia, comprendente l'incontro con
alti dirigenti del Ministero dell'Agricoltura italiano, una storica
intervista al settimanale di centro-sinistra L'Espresso ("Non
sparate sugli Ogm", L'Espresso, 15 settembre 2005), ripetute
comparizioni televisive, oltre all'intervento pro-ogm davanti a 200
studiosi e rappresentanti pubblici, in occasione della "Prima conferenza
mondiale sul futuro della scienza" promossa a Venezia dalla Fondazione
Veronesi.
L'ampio report di Food & Water Watch
è uno lavoro fondamentale perché dimostra come nella questione degli
Ogm in agricoltura non sono solo in gioco modelli diversi di concepire
la produzione agricola ed il rapporto tra agricoltura e ambiente, ma
sono soprattutto in gioco la sovranità alimentare e l'indipendenza
economico-commerciale dei Paesi dalle strategie mondialiste delle grandi
multinazionali che fondano il loro potere sulla capacità di controllare
il cibo del mondo.
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