Sarà il Voyager data recorder (Vdr) a spiegare uno dei peggiori
incidenti nella storia portuale italiana. E’ l’equivalente della scatola
nera, il Vdr della Jolly Nero, la portacontainer della compagnia
Messina che martedì (scorso - nd Re-Carbonized) sera si è schiantata contro il molo Giano, nel porto
antico di Genova, causando il crollo della torre di controllo e della
palazzina connessa e la morte di almeno sette persone (ma altre due sono
disperse).
Il Vdr è stato sequestrato dalla
magistratura che ora ne farà una copia forense da far analizzare da un
esperto. Esperto da nominare nelle prossime ore. Il Vdr dovrebbe
spiegare velocità, manovre ed eventuali avarie.
Intanto sono stati interrogati i 22 membri dell’equipaggio mentre il
comandante della nave Roberto Paoloni e il pilota a bordo Antonio
Anfossi, sono indagati per omicidio colposo plurimo. La procura genovese
non esclude che vengano indagati anche per attentato alla sicurezza dei
trasporti marittimi. La torre di controllo distrutta era infatti una
struttura di importanza regionale, non solo cittadina (qui sotto la
vedete in un’immagine prima del distrastro).
Il
comandante della Messina Paoloni, accompagnato da legali di punta,
nell’interrogatorio si è avvalso della facoltà di non rispondere, ma
l’azienda ha diffuso nel giro di qualche ora la voce che sia scosso ed
emozionato. Anfossi invece che appartiene alla cooperativa genovese dei
piloti del porto ha spiegato diverse cose e la sua versione è stata
secretata.
Restano per ora misteriose le dinamiche.
La nave Jolly Nero in mare dal 1976 è ora sotto sequestro a Calata Sanità e ha riportato pochi graffi, al momento sembra che fosse in
regola con le certificazione del Rina.
Dalle prime
ricostruzioni, martedì notte poco dopo le undici nelle manovre di uscita
dal porto la nave Jolly Nero era accompagnata da due rimorchiatori, il
Genua e lo Spagna, e aveva il pilota a bordo. Allora qualcuno ipotizza
un’avaria ai motori, oppure all’elica o ancora all’inverter, che è una
sorta di trasformatore che porta la corrente per passare dalla poppa via
(la retromarcia per i profani) alla marcia in avanti, manovra alla
quale è costretta la nave quando da molo Ronco, in testa ai moli di
Sampierdarena, deve uscire a Levante, davanti alla fiera del mare di
Genova. Oppure semplicemente la nave andava troppo veloce: un’ipotesi di
cui ha parlato anche il ministro dei trasporti Maurizio Lupi nel
pomeriggio di mercoledì alla Camera: ”Non si possono escludere allo
stato attuale diverse cause dell’incidente: possibili avarie di propulsione,
eventuali problemi ai cavi dei rimorchiatori, problemi di accosto o di
velocità”.
Nella serata di mercoledì però l’agenzia
Ansa caldeggia l’ipotesi avaria sostenendo che ”secondo fonti
investigative”, il comandante del rimorchiatore Spagna avrebbe gridato
al pilota via radio: “Non c'è più acqua, che fate?”. Il pilota avrebbe
risposto: “Non ho la macchina” frase per dire che non entrava la marcia
avanti. Quindi il Jolly Nero sarebbe arrivato alla distanza di un
centinaio di metri dalla torre e procedeva a 3,5 nodi di velocità, ma
all’ultimo momento un’avaria a bordo avrebbe impedito alla nave di
immettere la marcia avanti.
La versione spiegherebbe
quindi il disastro con un’avaria imprevedibile. Versione sulla quale si
sono allineati preveggenti già nel pomeriggio di mercoledì, a tredici
ore circa dal fatto, molti parlamentari nella seduta in Parlamento col
ministro dei trasporti Lupi che riferisce dopo esser stato in mattinata a
Genova. A parte qualche voce come quella dei genovesi Lorenzo Basso del
Pd e Stefano Quaranta di Sel che chiedono maggiore sicurezza facendosi
portavoce del sentire di tanti portuali, per il resto è un coro in
difesa della compagnia Messina. ”Una compagnia serissima” dice ad
esempio Sandro Biasotti del Pdl che ha un’azienda storica di
autotrasporto e conosce il porto a menadito. E caldeggia l’ipotesi
dell’avaria, quando, a tredici ore circa dal disastro, neppure
l’autorità giudiziaria ne ha la benché minima prova e anzi una fonte
primaria della procura genovese ha un moto di stizza con i giornalisti perché ”l’azienda non collabora”.
Così mentre per
tutta la giornata di mercoledì Autorità portuale e capo della Procura
sono d’accordo su un fatto: la manovra non doveva avvenire in quel
luogo, da altre parti si alzano cori di difesa della compagnia Messina.
Il presidente dell’Autorità portuale Luigi Merlo che passa 24 ore sul
Molo Giano mentre i cadaveri escono sulle barelle dice già all’alba di
mercoledì che la nave non doveva essere lì e la manovra è stata
posticipata. Così il capo della procura Michele Di Lecce alle 17 di
mercoledì in un breefing che diventa una conferenza stampa afferma che
”la manovra è usuale, ma è da capire l’ambito spaziale”. Quindi sembra
chiaro che doveva avvenire molto prima della torre, nello specchio
portuale appena a ponente. Quindi: perché la nave è arrivata a ridosso
del molo?
Toccherà scoprirlo al pm di turno quella
notte che resta titolare dell’indagine, Walter Cotugno. Lo stesso che si
era occupato della lunga indagine contro il precedente presidente
dell’Autorità portuale Giovanni Novi, accusato di turbativa d’asta,
concussione e truffa e cacciato ai domiciliari con grande scandalo
cittadino nel febbraio 2008, per altro insieme ad altri indagati. Tra
l’altro era accusato di aver favorito la compagnia portuale Culmv sul
conferimento di fondi per il mancato lavoro. Fu messo ai domiciliari,
gli fu impedito di visitare in ospedale la moglie morente e si dimise da
presidente. L’inchiesta era partita l’anno prima proprio da denunce dei
Messina. Un contrattacco a diverse scelte di Novi tra cui monitorare la
redditività dei moli rispetto ai metri quadri concessi dall’Autorità
portuale ai terminalisti. Novi fu poi condannato a pochi mesi in primo
grado nonostante Cotugno avesse chiesto sei anni e infine fu prosciolto
per prescrizione dei reati dalla corte d’appello nel marzo 2012.
I portuali
I porti hanno dei grandi silenzi. Spazi dilatati in cui ti perdi.
Strade in cui puoi camminare in perfetta solitudine per decine di
minuti. Moli dove il vento batte impietoso.E’ il silenzio dei porti. E’
il silenzio che si respirava mercoledì per tutta la giornata in cima al
Molo Giano, a pochi metri dalla palazzina e dalla torre distrutte,
mentre sommozzatori e vigili del fuoco e unità diverse come i Consubin
della Marina erano all’opera alla ricerca di vivi e morti. Tanta gente e
un grande silenzio. Ma il porto ha anche voci e rumori che spesso
coincidono con la marea umana che ci lavora. E sono sempre i portuali a
raccontare che cosa succede davvero. Le prassi di carico e scarico, la
fretta delle procedure, le concessioni pluridecennali ai terminalisti
manco fossero Bokassa, la violenza di scelte che erodono la sicurezza
per aumentare il profitto e quel sentirsi schiacciati tra portare a casa
la pagnotta e incazzarsi.
Mercoledì mattina alle nove hanno fatto un corteo da ponte Etiopia a
Sampierdarena fino a Caricamente. Un disastro simile deve avere delle
cause e loro che conoscono il porto come le loro tasche le cercano. Ad
esempio qualcuno spiega che quando il tempo è buono non è inusuale che i
rimorchiatori affianchino la nave senza tirare il cavo a bordo. Quindi
la prima domanda degli inquirenti dovrebbe essere relativa a come
stavano operando i due rimorchiatori in questione Genua e Spagna. E
insospettisce il cronista che mercoledì mattina i rimorchiatori riuniti
che hanno la sede in un vecchio scagno proprio a Caricamente facessero
già muro di gomma: era sceso l’ordine di non spiegare niente a nessuno e
quindi tutto un coro di: non si sa bene. Così ai Rimorchiatori riuniti è
stato difficile avere la versione dei fatti e resta la domanda: avevano
dato la cima lo Spagna e il Genua o no?
Secondo quesito: a che velocità andava la nave? Ce lo dirà la scatola nera.
Ma mentre al porto di Genova ci si pongono solo domande, nella question
time in Parlamento e qualche ora dopo a Molo Giano, i parlamentari
nutrono solo certezze. La versione nel giro di qualche ora diventa che
”i Messina stavano rispettando tutte le procedure del caso, avevano due
rimorchiatori invece di uno, quindi deve essere successa qualche
disgrazia, deve esserci stata un’avaria”. Quello che dice Biasotti a
Roma rimbalza al molo Giano: poco dopo la partenza del premier Enrico
Letta passato a vedere il luogo del disastro e i feriti negli ospedali
di Villa Scassi e del Galliera, il parlamentare Pd Marco Tullo dice che:
”stamattina pensavo che potesse esserci stata qualche leggerezza, ma
ora so che c’erano due rimorchiatori e tutte le procedure di sicurezza
erano rispettate, quindi dev’esserci stata un’avaria”.
Tornando alle voci dei portuali, ce ne sono di quelli dotati di buona
memoria che ricordano che si tratta almeno del terzo incidente in porto
della compagnia Messina. Ad esempio nel 2002 il Jolly Verde impattò a
molo Libia tirando giù una gru. D’altra parte proprio la Capitaneria
di porto, tanto ferita da questo disastro marittimo, spiega dati alla
mano che nel porto di Genova ci sono 14 mila manovre all’anno e 4 mila
incidenti, spesso per fortuna di lieve entità. Troppi per allentare i
dispositivi di sicurezza. E allora fa specie che proprio la Messina con
Confitarma abbia recentemente chiesto di autogestire i servizi portuali.
Insomma eliminare i costi di rimorchiatori e piloti e gestirli con
personale proprio a bordo.
Fonte
Nel frattempo, in mezzo a tutto sto marcio che come si consueto si cerca di nascondere sotto il tappeto, oggi si celebrano i funerali delle vittime, con la comparsata di Napolitano, che non si capisce cosa ci venga a fare a Genova. Mi auguro sia accolto da un fragoroso muro di fischi.
Nessun commento:
Posta un commento