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13/05/2013

Epifani: il simbolo

Guglielmo Epifani è il nuovo segretario del Partito Democratico. Traghettatore? Reggente? No, semplicemente un simbolo. Di cosa? Del connubio Cgil-Pd che negli ultimi anni ha fatto tabula rasa dei diritti dei lavoratori italiani.

Epifani ha guidato la Cgil dal 2002 al 2010, proprio in quegli anni nasceva il Partito Democratico, e il più grande sindacato italiano doveva decidere se seguire i suoi riferimenti politici nell'ennesima svolta a destra o mantenere una maggiore autonomia. Epifani non ha mai avuto alcun dubbio, e la Cgil è sempre rimasta il braccio sindacale del Partito. Lo ha seguito in tutte le sue mosse, in tutte le sue scelte, in tutte le sue strategie, abbandonandosi ad un destino triste e drammatico per il paese, ossia quello di difendere i lavoratori non nel modo in cui dovrebbe farlo un sindacato, ma nella maniera in cui voleva difenderli il Pd. Ossia al contrario. Sì perché il Pd, fin dalla sua genesi, ha sempre avuto il classico approccio del partito neoliberista e antilavoratori, firmando e difendendo (dalla legge Biagi alla legge Fornero) tutti gli arretramenti nelle condizioni dei lavoratori italiani. E la Cgil in questo scenario ha sempre svolto il ruolo del "sindacatone che spalleggia il partitone" senza però dirlo apertamente, piazzando scioperi generali (debolissimi) in date strategiche che facevano comodo al Pd e con parole d'ordine rigorosamente digeribili al Partito. Mai un passo in avanti, una parola in più, una cambio di passo. Mai. Sempre e solo a braccetto col Pd.

La visuale piddina e cigiellina sul lavoro coincide: "creare occupazione favorendo gli investimenti in Italia". Sanno bene che quella formula prevede d'essere intesa come la possibilità per gli investitori di trovare vita facile e quindi pochi vincoli. Traduzione: "flessibilità in uscita per favorire quella in entrata" (formula dall'efficacia mai dimostrata, anzi), guarda caso alla base dell'ultima riforma Fornero e prima di quella di Sacconi. Mai abbiamo letto (e mai leggeremo) il concetto di redistribuzione nelle linee politiche piddine (e quindi in quelle cigielline). Mai leggeremo che è inutile crescere se insieme al Pil crescono anche le disuguaglianze. Il loro dogma è la crescita così come il libero mercato chiede, niente di più. Un dogma tipico di chi non sa proporre un modello dotato di strumenti che riducano la forbice fra ricchi e poveri, un dogma che vede come suo elemento cardine il concetto di "merito" (in un paese dove il merito è misurato in base a clientelismo e nepotismo), un dogma che fa tanto comodo ai Marchionne e a tutti coloro che hanno bisogno, per continuare a fare i loro comodi, di una democrazia bipolare in cui sulla tematica del lavoro non ci siano diversità di vedute fra i due schieramenti.

Epifani alla guida della Cgil ha poi lanciato la Camusso, che per fugare ogni dubbio poco prima delle ultime elezioni ha convocato una kermesse/endorsment per Bersani. Oggi il Pd governa con Berlusconi (prima col governo Monti-Fornero e ora con Letta), con la benedizione di Epifani, della Camusso, della Cgil, e dei suoi 5 milioni di iscritti.

Per Senza Soste, Franco Lucenti, 12 maggio 2013

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