Per il ventenne John Fitzgerald Kennedy, in viaggio di piacere in Italia
e Germania nel 1937, il fascismo faceva bene ai due Paesi e ancora
nell'agosto 1945 sul suolo tedesco si diceva convinto che Hitler sarebbe
entrato nella leggenda.
Queste ed altre sorprendenti e mai diffuse affermazioni sono
contenute nei diari e nelle lettere del defunto presidente degli Stati
Uniti, il cui contenuto viene pubblicato in Germania in un libro dal
titolo "John F. Kennedy. In mezzo ai tedeschi. Diari e lettere
1937-1945".
Il quotidiano tedesco Frankfurter Allgemeine Zeitung
(Faz) ha pubblicato un'ampia anticipazione della casa editrice Aufbau
Verlag. Lo storico tedesco Oliver Lubrich, che ne è il curatore,
definisce in un'intervista "sconcertante" l'affermazione di quello che
sarebbe diventato il mito dell'America liberal e di molti movimenti di
sinistra europei postcomunisti, secondo cui il Fuehrer "era fatto della
stoffa con cui si fanno le leggende". Il 3 agosto 1937, mentre girava
l'Italia da turista, Jfk annotava nel suo diario a Milano di essere
"giunto alla conclusione che il fascismo è la cosa giusta per la
Germania e per l'Italia, il comunismo per la Russia e la democrazia per
l'America e l'Inghilterra. Che sono i mali del fascismo al confronto del
comunismo?". Qualche settimana più tardi, dopo aver risalito entusiasta
per il paesaggio la valle del Reno, Kennedy annotava il 21 agosto a
Colonia un passaggio in cui descriveva la superiorità della razza di
stampo germanico rispetto ai popoli di origine latina. "Abbiamo risalito
il Reno. Bellissimo, anche per i molti castelli lungo il percorso. Le
città sono tutte deliziose, ciò che mostra come le razze nordiche
sembrano essere certamente superiori a quelle romaniche. I tedeschi sono
davvero troppo in gamba, per questo ci si mette tutti insieme contro di
loro, per proteggersi".
L'annotazione forse più
pesante sembra essere quella del primo agosto 1945, meno di tre mesi
dopo il crollo del Terzo Reich, quando Kennedy aveva visitato il
cosiddetto "Adlerhorst", cioè il nido dell'aquila, la residenza alpina
di Hitler sulle montagne di Berchtesgaden. Dopo aver fumato una sera
dopo cena "i sigari ritrovati nell'auto blindata di Goering", l'ormai
ventottenne Kennedy si lasciava andare a questa affermazione: "Chi ha
visto questi luoghi può senz'altro immaginare come Hitler, dall'odio che
adesso lo circonda, tra alcuni anni emergerà come una delle personalità
più importanti che siano mai vissute. La sua ambizione sconfinata per
il suo Paese ne ha fatto una minaccia per la pace nel mondo, ma lui
aveva qualcosa di misterioso nel suo modo di vivere e nella sua maniera
di morire, che gli sopravviverà e continuerà a crescere. Era fatto della
stoffa con cui si fanno le leggende". Nell'intervista alla Faz lo
storico tedesco che ha scoperto e pubblicato per la prima volta questi
documenti parla del ventenne Kennedy in visita in Germania come di "un
turista ingenuo e un osservatore partecipe". Lo storico si dice convinto
che l'uomo che sarebbe diventato uno dei più popolari presidenti degli
Stati Uniti prima di essere assassinato nel 1963 a Dallas, in realtà non
ammirasse né Hitler, né la sua politica, e cerca di spiegare le
annotazioni contenute nei diari del futuro presidente americano
appoggiandosi sulla tesi di Susan Sontag riguardante "l'incredibile
fascino esercitato dal fascismo". Sarà...
Fonte
Al posto di arrampicarsi sulle supercazzole prematurate, sarebbe molto più semplice ammettere che buona parte della levatura di JFK è frutto di una scala di misura - quella americana - decisamente appiattita verso il basso.
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