La scoperta dell'acqua calda... Ma c'è comunque qualcosa di utile nel
servizio delle Iene: un pizzico di luce sul processo di formazione delle
"leggi". Che dovrebbe spiazzare gli acefali cultori della "legalità".
Bisogna dar atto alle Iene – programma disincantato
sulla berlusconiana Italia 1 – di scoprire ogni tanto quel che ognuno
sa, ma che si lascia volentieri tra le cose di cui non si parla troppo. E
quando ci riesce, come in questo caso, è davvero istruttivo guardare le
reazioni di quelli presi in castagna. Sempre uguali, sia che si tratti
di impiegati che vanno a far la spesa in orario di lavoro sia che si
parli di parlamentari in servizio: non so, non sapevo, sarebbe grave,
chi sa parli, ohibò!
Cos'hanno scoperto, stavolta?
Che molti parlamentari sono pagati dalle multinazionali perché votino leggi a loro favorevoli.
Diciamo la verità: lo sapevamo già tutti. Anzi, semmai il servizio delle Iene era limitativo rispetto alla realtà, perché anche imprese non multinazionali, consorzi, banche, fanno lo stesso.
Ma il fatto di saperlo non riduce affatto “lo scandalo” per questa
prassi che invera, per noi marxisti, il vecchio adagio per cui “lo Stato è
il comitato d'affari della borghesia”. Come tutte le definizioni
generali, però, c'è bisogno di vedere come – empiricamente, giorno per
giorno – si manifesta questa funzione. Già la forma costituzionale
stessa dello Stato, la sua struttura amministrativa, le sue funzioni
repressive, sono sagomate dagli interessi storici, di lungo periodo,
della borghesia. Ma esistono anche i problemi individuali o di settore
di singole parti o frazioni della borghesia stessa, che si traduce in
una molto prosaica “pressione” sui legislatori. Ovvero sui parlamentari.
Poiché non siamo in dittatura, ma in democrazia, questa “pressione” non
si manifesta con colpi di pistola sparati contro l'abitazione del
parlamentare, ma con un banale stipendio supplementare. Ovviamente, visto
che un solo parlamentare non basta a far passare una certa legge, ecco
che i grandi gruppi – quindi fondamentalmente le grandi holding
multinazionali – saranno “obbligati” a comprarsene la maggioranza; o
almeno quella quota che serve per raggiungere la maggioranza.
Questa scoperta, peraltro relativa, pone comunque meritoriamente davanti agli occhi due conseguenze.
In primo luogo, la futilità di tutta la polemica sul rapporto tra
elettore ed eletto, ovvero sul “vincolo di mandato”. Se un parlamentare
si vende, o è disposto a vendersi, niente e nessuno potrà esercitare su
di lui una “pressione superiore”. Una volta c'erano i partiti,
organizzazioni che selezionavano e “formavano” i futuri parlamentari; e
ne disciplinavano quindi gli appetiti, indirizzandoli verso gli
“interessi privilegiati” e lasciando un margine limitato a quelli
personali. La rielezione del singolo, infatti, dipendeva dal
funzionamento della macchina collettiva. Con i “partiti personali”, e lo
scioglimento di fatto delle formazioni “nazionali” in una serie di
aggregazioni correntizie, ogni singolo “onorevole” è disponibile sul
mercato. E trova sempre un compratore.
In secondo luogo, si vede
come sia idiota e deviante tutta la retorica populista sui “costi della
politica”. Che certo possono e devono essere ridotti, ma sono spiccioli rispetto al costo delle conseguenze delle scelte legislative o operative pilotate dalle lobby aziendali.
L'esempio della Tav è quello più vicino agli occhi di tutti. Una
“grande opera” che non serve a un tubo, ma che garantisce – con i soldi
dello Stato – immensi guadagni a chi viene chiamato a costruirla (e che
paga naturalmente, per avere l'appalto e con i soldi dell'appalto,
politici nazionali e amministratori locali). Un'opera per cui si
distrugge una valle e si attaccano militarmente i suoi abitanti,
mobilitando forze dell'ordine e un'intera procura della magistratura.
Ognuno faccia pure le sue deduzioni e si ricordi di Andreotti (“a pensar
male si fa peccato, ma ci si azzecca quasi sempre”). La sola Tav,
insomma, costa molto più di parecchi anni di “costi della politica”. E
non parliamo poi degli F35...
In terzo luogo, se "le leggi"
vengono confezionate a suon di bigliettoni sottobanco – facciamo mente
locale all'ammissibilità dei cibi Ogm, per esempio – quant'è stupida (in
una scala da uno a dieci) quella retorica che fa della "legalità" un
totem indiscutibile a prescindere dal contenuto delle leggi
realmente esistenti? Volete un altro esempio? Il falso in bilancio è un
reato "contro il capitale l'azienda e gli azionisti" in tutti i paesi
dell'occidente capitalistico, meno che in Italia (dove, non a caso, il
"fare impresa" coincide in buona parte con la falsificazione dei
bilanci, l'evasione fiscale, ecc). "Merito" di Berlusconi, campione
assoluto di quel "padronato sanfedista" che non è mai arrivato a
concepirsi come "impresa capitalistica" – quindi in larga misura
"impersonale" – ma è rimasto molto simile al "padrone" ossessionato
dalla "roba". Piccolo, sempre a un passo dal fallimento, bulimico di
consumi e status symbol, sempre gravante sulla "decisione pubblica" per tutelare i propri – e negativi, sul piano sistemico – interessi.
In
quarto luogo, le lobby non sono un fenomeno solo italiano, ma globale.
Ovunque le imprese usano dei "pierre" per influenzare a proprio
vantaggio la legislazione dei singoli paesi o delle istituzioni
internazionali. In Italia sono "sommerse", semi clandestine, e se ne
parla – come in questo caso – solo quando ci sono singoli scandali.
Ricordiamo decine di "faccendieri" arrestati negli anni, e tutti
facevano esattamente la stessa cosa: tutelavano interessi affaristici
privati dentro la sfera pubblica. Come in molte attività clandestine, il
confine tra "economia in chiaro" e "traffici criminali" è alquanto
labile. E quindi molti "faccendieri" erano e sono anche massoni,
piduisti, fascisti, ex criminali in proprio, ricattatori, procacciatori
di "escort", ecc. Ora si parla di "formalizzarle per legge", come
avviene per esempio a Bruxelles. Dove le decisioni dell'Unione Europea
vengono prese sotto l'assedio di centinaia di lobby tutte "legali", ma
con interessi decisamente opposti a quelli delle popolazioni che poi,
quelle decisioni, dovranno subirle. Do you know Troika?
Ma come hanno reagito gli accusati (i senatori, in questo caso, visto che il servizio delle Iene era fondato sull'intervista a un ex assistente di un ignoto inquilino di Palazzo Madama)?
Per tutti ha risposto Pietro Grasso, presidente, in quota Pd, ex capo
nientepopodimeno che dell'Antimafia: “Un comportamento che, se provato,
sarebbe gravissimo”. ”Purtroppo la natura di denuncia,
anonima nella fonte e nei destinatari, rende difficile procedere
all’accertamento della verità. Spero quindi che gli autori del servizio e
il cittadino informato di fatti così gravi provvedano senza indugio a
fare una regolare denuncia alla Procura,
in modo da poter accertare natura e gravità dei fatti contestati. Da
parte mia assicuro che mi adopererò per fornire agli inquirenti nel più
breve tempo tutte le informazioni che riterranno utili alle indagini”.
Se si dovesse combattere anche la mafia con tanta circospetta
circospezione, i picciotti potrebbero dormire sonni tranquilli...
Fonte
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