Sergio Marchionne sta valutando la possibilità di trasferire il quartier generale di Fiat da Torino negli Stati Uniti una volta completata la fusione con Chrysler. L’indiscrezione, che era nell’aria già da tempo, proviene questa volta da una fonte autorevole: l’agenzia americana Bloomberg,
che cita tre fonti ben informate, precisando comunque che una decisione
definitiva ancora non è stata presa e altre opzioni sono attualmente al
vaglio.
L’azienda torinese ha rilasciato prontamente un
comunicato per avvertire che il trasferimento “non è all’ordine del
giorno come ha recentemente ricordato Marchionne”, senza però negare
completamente tale ipotesi.
Una scelta che favorirebbe di sicuro la rinascita di Detroit
con un aumento delle vendite negli Stati Uniti. D’altronde, come spiega
l’articolo, i profitti dell’azienda torinese si stanno spostando sempre
più in Nord America, con il 75 per cento degli utili operativi del 2012 generati in Usa. Bloomberg
avverte poi che l’abbandono della sede torinese rischia di provocare
una pericolosa “ricaduta negativa politica” per l’Italia, un Paese
“pieno di debiti, con un settore industriale in declino e un tasso di disoccupazione vicino ai massimi di vent’anni, dove le imprese tendono a non assumere nuovo personale a causa della più lunga recessione in oltre due decenni”.
Il possibile trasferimento del quartier generale non è una novità. Le vendite della casa torinese in Europa sono infatti “calatate drasticamente” da quando Fiat ha preso il controllo di Chrysler nel 2009. Le immatricolazioni
nel Vecchio continente rappresentavano nel 2012 soltanto il 24 per
cento del fatturato totale della società, quasi un quarto rispetto al 90
per cento del 2004, quando Marchionne ha preso le redini del gruppo.
Non si è fatta attendere la reazione dei sindacati.
“Sergio Marchionne probabilmente sta valutando da anni, non in questi
giorni, la possibilità di trasferire la sede Fiat da Torino agli Usa ed è
anche per evitare questo se dal 2010 abbiamo fatto degli accordi per
migliorare la produttività”, ha detto il segretario generale dell’Ugl, Giovanni Centrella,
sottolineando che “fondamentale è che in Italia restino almeno le
braccia cioè gli stabilimenti e quindi i lavoratori”. E ha aggiunto:
“Questa scontata ma non positiva notizia dovrebbe far riflettere il governo,
perché si tratta di un fenomeno non isolato. Bisogna trovare il modo di
rendere nuovamente appetibile da un punto di vista industriale questo
Paese, non abbassando i diritti ma creando nuove infrastrutture e
alleggerendo il fisco“.
Fonte
Il modo precipitoso con cui i sindacati hanno messo le mani avanti dovrebbe indurre a pensare che ai piani alti, il commiato di FIAT dall'Italia era dato per certo da almeno 3 anni.
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