La Germania, il paese che impone agli altri l’austerità e ricette basate
su tagli draconiani e privatizzazioni, sta diventando la terra promessa
di coloro che scappano dai paesi oggetto delle attenzioni di Berlino.
Si tratta di una piccola, ma significativa "invasione",
legata alle precarie condizioni del mondo del lavoro, alla povertà
sempre più diffusa e alle oggettive difficoltà di mettere a frutto, in
un mercato pressoché bloccato, le competenze acquisite in anni di
studio. Nell'anno di crisi 2012, dall'Italia sono emigrate verso
la Germania oltre 42mila persone, cioè ben il 40% in più rispetto al 2011
e mai così tante dal 1996. Di più: secondo i dati resi noti ieri da
Destatis, l'Istat tedesca, dal 2008, anno in cui è esplosa la crisi
finanziaria internazionale, la percentuale di connazionali che hanno
lasciato l'Italia è aumentata del 113%. Ad arrivare in Germania sono
certo i cervelli in fuga, ma anche professionisti che scappano dalla
burocrazia italiana, o lavoratori non particolarmente qualificati in
cerca di una occupazione e di uno stipendio superiore a quello da fame
che riceverebbero nel nostro paese. Che quella recente sia un'immigrazione legata alla crisi è dimostrato anche dai dati relativi
all’emigrazione dagli altri paesi mediterranei investiti in pieno dalla
crisi e dalla gestione della troika. Dalla Spagna si sono trasferiti
in Germania l'anno scorso il 45% di persone in più rispetto all'anno
precedente, circa 30 mila immigrati, mentre dalla Grecia (+ 34 mila) e
dal Portogallo l'immigrazione è aumentata del 43%. Percentuali simili o
superiori a quelle dell’Italia. Destatis ha registrato aumenti
percentuali importanti anche da Paesi entrati più recentemente
nell'Unione europea, come Slovenia, Ungheria, Romania (+ 116 mila) e
Bulgaria e Polonia (+ 176 mila). Complessivamente si sono trasferite
in Germania nel 2012 poco più di un milione di persone, mentre nello
stesso periodo hanno lasciato il Paese 712mila residenti, con un saldo
attivo di ingressi pari a 369mila unità. Era dal 1995 che non si
registravano tanti ingressi e un saldo attivo così alto.
Mentre nei
paesi di emigrazione la disoccupazione è cresciuta rapidamente, fino ad
arrivare ai livelli record - 27% - di Spagna e Grecia, in Germania il
numero di senza lavoro è stabile al 6,9%, esattamente come ai tempi
della unificazione tra Repubblica Federale e Repubblica Democratica.
Fonte
Sarà contenta la confindustria tedesca che grazie a un simile flusso di manodopera (spesso qualificata) in ingresso potrà aprire una proficua gara al ribasso nelle retribuzioni dei dipendenti, con somma felicità dei salariati locali.
Sarò da verificare se uno scenario simile aprirà le porte al ritorno della tanto agognata solidarietà sociale tra classi subalterne, oppure se condurrà al razzismo nazionalista più becero.
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