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09/05/2013

Bavaglio a Kabul: proteste e repressione

Vietata nel giorno della ricorrenza; repressa la settimana seguente. E’ quanto ci racconta da Kabul il Partito della Solidarietà che, dopo intimidazioni e persecuzioni, è riuscito a postare sul web il resoconto di altri giorni neri.
Due giorni neri Non come le due date che ne ispirano ogni anno il corteo, ma secondo segnali agli antipodi della presunta tolleranza di Karzai. In occasione del 27 aprile (1978) anniversario del colpo di stato del Partito Democratico del Popolo contro Daud, e 28 aprile (1992) presa del potere di jihadisti e Alleanza del Nord, Hambastagi e altre componenti rivoluzionarie programmano nella capitale una manifestazione di memoria e protesta. Il governatore della provincia aveva proibito ogni assembramento rinviando tutto di una settimana. Quando il 2 maggio scorso gruppi di attivisti si sono dati appuntamento nella centrale piazza Cinema Pamir, hanno trovato ad attenderli oltre mille agenti in tenuta antisommossa. Ai dimostranti non era permesso di muoversi né di attraversare Maiwand Avenue dove i negozi erano stati fatti chiudere forzatamente. 


Intimidazione e repressione
Nonostante il numero di aderenti al corteo crescesse agenti del NDS, l’Intelligence afghana, vietavano agli organizzatori di muoversi sotto la minaccia di arresto. Fin quando Ayub Salangi, il capo della polizia in persona, dava il benestare a un percorso breve con la messa al bando di slogan ostili a Warlords e jihadisti che, assieme al governo fantoccio di Karzai e agli occupanti Nato, erano l’obiettivo della protesta. Perentorio il diktat poliziesco: le immagini dei criminali, sfuggite a un iniziale sequestro, non dovevano essere né bruciate né calpestate. I manifestanti risultavano circondati da una vera  armata con decine di plotoni di forze dell’ordine che li separavano dai cittadini di Kabul. Eppure gli slogan risuonavano durante il percorso, tanto che agenti in borghese inseriti fra gli attivisti cercavano di innescare alcune provocazioni. La maggiore s’è verificata al comizio finale, nello slargo Chawk Sopahy Gomnam dove uno dei responsabili di Hambastagi che aveva concluso l’intervento, ormai fuori dalla visuale dei giornalisti, veniva agguantato.



Violenza e arresti
Trattenuto e picchiato dai poliziotti, difeso da alcune persone arrivavano tafferugli e fuga. Gli agenti sfoderavano pistole e sparavano in aria per intimorire i militanti completamente disarmati. Otto fra attivisti e simpatizzanti venivano fermati, picchiati e arrestati nei pressi di Chaman Huzuri Park. Di costoro tre sono tuttora trattenuti in carcere con accuse di violenza. Nel partito si teme che possano venire torturati come accadde durante la repressione dello scorso anno. Hambastagi ha lanciato un comunicato in cui si legge: “In un Paese dove criminali, corrotti e i loro lacché hanno potere e impunità, lo sfacciato attacco del governo a un raduno pacifico e legale non può celarsi dietro la facciata d’un regime fantoccio nemico della vera democrazia e dei diritti umani. Gli attivisti non verranno intimoriti dai mafiosi che gestiscono la nazione in combutta con gli occupanti americani, i profittatori pakistani e iraniani. Chiediamo a chi crede nella democrazia, ricerca la giustizia, combatte il fondamentalismo di alzare la voce contro il fascismo del governo Karzai”.


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