Vietata nel giorno della
ricorrenza; repressa la settimana seguente. E’ quanto ci racconta da
Kabul il Partito della Solidarietà che, dopo intimidazioni e
persecuzioni, è riuscito a postare sul web il resoconto di altri giorni
neri.
Due giorni neri Non
come le due date che ne ispirano ogni anno il corteo, ma secondo
segnali agli antipodi della presunta tolleranza di Karzai. In occasione
del 27 aprile (1978) anniversario del colpo di stato del Partito
Democratico del Popolo contro Daud, e 28 aprile (1992) presa del potere
di jihadisti e Alleanza del Nord, Hambastagi e altre componenti
rivoluzionarie programmano nella capitale una manifestazione di memoria e
protesta. Il governatore della provincia aveva proibito ogni
assembramento rinviando tutto di una settimana. Quando il 2 maggio
scorso gruppi di attivisti si sono dati appuntamento nella centrale
piazza Cinema Pamir, hanno trovato ad attenderli oltre mille agenti in
tenuta antisommossa. Ai dimostranti non era permesso di muoversi né di
attraversare Maiwand Avenue dove i negozi erano stati fatti chiudere
forzatamente.
Intimidazione e repressione
Nonostante il numero di
aderenti al corteo crescesse agenti del NDS, l’Intelligence afghana,
vietavano agli organizzatori di muoversi sotto la minaccia di arresto.
Fin quando Ayub Salangi, il capo della polizia in persona, dava il
benestare a un percorso breve con la messa al bando di slogan ostili a
Warlords e jihadisti che, assieme al governo fantoccio di Karzai e agli
occupanti Nato, erano l’obiettivo della protesta. Perentorio il diktat
poliziesco: le immagini dei criminali, sfuggite a un iniziale sequestro,
non dovevano essere né bruciate né calpestate. I manifestanti
risultavano circondati da una vera armata con decine di plotoni di
forze dell’ordine che li separavano dai cittadini di Kabul. Eppure gli
slogan risuonavano durante il percorso, tanto che agenti in borghese
inseriti fra gli attivisti cercavano di innescare alcune provocazioni.
La maggiore s’è verificata al comizio finale, nello slargo Chawk Sopahy
Gomnam dove uno dei responsabili di Hambastagi che aveva concluso
l’intervento, ormai fuori dalla visuale dei giornalisti, veniva
agguantato.
Violenza e arresti
Trattenuto e picchiato dai
poliziotti, difeso da alcune persone arrivavano tafferugli e fuga. Gli
agenti sfoderavano pistole e sparavano in aria per intimorire i
militanti completamente disarmati. Otto fra attivisti e simpatizzanti
venivano fermati, picchiati e arrestati nei pressi di Chaman Huzuri
Park. Di costoro tre sono tuttora trattenuti in carcere con accuse di
violenza. Nel partito si teme che possano venire torturati come accadde
durante la repressione dello scorso anno. Hambastagi ha lanciato un
comunicato in cui si legge: “In un Paese dove criminali, corrotti e i
loro lacché hanno potere e impunità, lo sfacciato attacco del governo a
un raduno pacifico e legale non può celarsi dietro la facciata d’un
regime fantoccio nemico della vera democrazia e dei diritti umani. Gli
attivisti non verranno intimoriti dai mafiosi che gestiscono la nazione
in combutta con gli occupanti americani, i profittatori pakistani e
iraniani. Chiediamo a chi crede nella democrazia, ricerca la giustizia,
combatte il fondamentalismo di alzare la voce contro il fascismo del
governo Karzai”.
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