Bombardare Damasco per colpire Teheran.
Sono
due i raid israeliani condotti nel week-end appena trascorso
dall'aviazione israeliana sul territorio siriano. Sono il segno di
un'escalation militare in un'area del medioriente attraversata da un
conflitto armato che dura ormai da più di due anni. Un conflitto in cui
sono chiare le intromissioni delle potenze imperialistiche occidentali
(Usa in primis ma anche Francia e Gran Bretagna) e delle petro-monarchie
del Golfo (soprattutto il Qatar, sede della Tv inter-araba Al-Jazeera,
riconvertita negli ultimi anni a supporto propagandistico del détournement bellico delle insorgenze che avevano interessato il nord-Africa arabo).
Fare
queste affermazioni non significa assolvere il regime siriano dalle sue
responsabilità e rigidità di fronte alle legittime richieste del suo
popolo ma non è di quello che si parla oggi... La sollevazione popolare è
stata velocemente "catturata" dai cospicui flussi di denaro e armi che
provenivano da soggetti esterni interessati ad un brusco regime change
in uno stato da sempre avverso agli interessi congiunti dei paesi del
Golfo e all'asse euro-americano. Come ha scritto molto bene Massimo
Trentin un mese fa (in un testo che fornisce anche un buona mappa delle fonti informative e contro-informative sul conflitto siriano in corso):
«Questa
dimensione è indissolubilmente legata alle ingerenze internazionali.
Per la sua posizione geografica al centro delle vie di comunicazione e
scambio del Medio Oriente, il governo della Siria è troppo importante
per chiunque ambisca a proporsi come leader della regione. Oggi è il
momento dei Paesi arabi del Golfo alleati con i cugini dell’AKP della
Turchia. Dall’essere motore e catalizzatore del decennio di crescita
appena passato, sintetizzato col come di “Dubai consensus”, ora le
classi dirigenti del Golfo giocano il tutto per tutto per imporsi come
classe dirigente politica del Medio Oriente. Cercano e
ottengono l’appoggio delle capitali europee, Londra e Parigi in primis,
e in parte di Washington. Sono queste che addestrano, finanziano e
sostengono buona parte delle formazioni ribelli armate in Siria, senza
peraltro averne un pieno controllo strategico. Non volendo intervenire
direttamente perché i rischi in termini di perdite e i costi finanziari
sono troppo alti, la “santa alleanza” opta per l’outsourcing della
guerra contro il regime di Damasco e i suoi alleati, Iran e
Hizb’allah».
Hezbollah, appunto! Il media mainstream europeo è appiattito su questa versione dei fatti ("bloccare gli are senali e i rifornimenti di Damsco alla milizia sciita libanese"), facendo finta di non accorgersi che da più di due anni è in corso in quella regione un conflitto devastante (soprattutto per la popolazione civile), costato già decine di migliaia di morti e sfollati nell'ordine del milione, in cui le responsabilità e ingerenze euro-americane non sono delle minori. In realtà, come sottolineato da pochi commentatori di casa nostra (Michele Giorgio sul Manifesto, il sito NENA-news e i collettivi impegnati da sempre nel sostegno alla causa palestinese), se l'obiettivo immediato è facilitare l'abbattimento del regime di Assad, il fine ultimo è iniziare l'escalation contro l'Iran, ultimo bastione contro la penetrazione Nato nell'Asia centrale (col duplice obiettivo di controllare i flussi - e i prezzi - del petrolio e in seconda ma ancor più strategica battuta cingere militarmente Cina e Russia).
In questo contesto, l'intervento armato di Israele si inserisce come un acceleratore della/nella crisi siriana. Approfittando della debolezza del regime di Assad, provato da due anni di scontro armato e importanti defezioni nell'esercito, si prova a mettere in discussione la pace armata con cui sono di fatto regolate (seppur non formalmente) le frontiere maledette del Golan dalla fine della guerra del Kippur (1973).
Sugli obiettivi reali dell'operazione riprendiamo i punti elencati dal volantino di alcuni compagni torinesi che da anni portano avanti una battaglia di verità sul conflitto arabo-israeliano e le responsabilità e interessi occidentali nelle guerre del medioriente:
- Dare una copertura aerea ai mercenari inviati a combattere in Siria per il regime change, in gravi difficoltà di fronte alle controffensive lanciate su vasta scala dalle forze armate siriane, testando
contemporaneamente il grado di “tolleranza” dell'opinione pubblica
arabo-mussulmana sull'inedita alleanza salafita-sionista, preparata da
oltre due anni di propaganda antisiriana ed antiresistenziale.
-
Valutare sul campo il grado di reattività delle stesse forze armate
siriane, indebolite da più di due anni di aggressione politico-militare
e dalle conseguenti, importanti, perdite subite a tutti i livelli
della linea di comando.
- Lanciare
una minaccia trasversale all'Iran, testando proprio sui bunker
militari del Monte Qassioun (a nord di Damasco) la capacità distruttiva
delle nuove e potentissime bunker buster bomb (MOP), appena
consegnate dagli USA a Israele. Verificando la tenuta delle
fortificazioni in cemento armato siriane, presumibilmente simili a
quelle dei bunker iraniani. Le immagini delle esplosioni fatte girare
proprio in occasione dei bombardamenti supportano l'ipotesi
dell'avvertimento mafioso e del test pre-aggressione all'Iran.
In mezzo c'è certo anche l'obiettivo di indebolire le milizie di Hezbollah ma esso è solo un obiettivo tattico e immediato, sopra il quale sta però la ricerca di un cambiamento più strutturale e duraturo dei rapporti di forza geo-politici nell'area. Come dire, si bombarda Damasco per colpire Teheran!
Fonte
Aggiungo alle conclusioni dell'articolo che il perdurare di questa voglia d'accerchiamento militare nei confronti di Cina e Russia non fa altro che avvicinare il rischio di una terza guerra mondiale.
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