Presentazione


Aggregatore d'analisi, opinioni, fatti e (non troppo di rado) musica.
Cerco

13/05/2013

Il mondo nel 2030



La crisi? Praticamente infinita. Il rapporto della Cia che accoglie ogni nuovo presidente Usa spiega: se va bene, ne usciamo nel 2023. Ma nel frattempo l'Occidente avrà perso l'egemonia. Cosa faranno, allora? 

*****

Ogni quattro anni, con l’inizio del nuovo mandato presidenziale negli Stati Uniti, il National Intelligence Council (Nic), Ufficio di analisi e di anticipazione geopolitica ed economica della Central Intelligence Agency (Cia), pubblica un rapporto che diventa automaticamente un riferimento per tutti i ministeri degli esteri del mondo. Anche se, ovviamente, si tratta di una visione molto particolare (quella di Washington), preparata da un’agenzia, la Cia, la cui missione principale è quella di difendere gli interessi degli Stati Uniti, il rapporto strategico del Nic presenta una indiscutibile utilità perché è il risultato di una messa in comune – rivista da tutte le agenzie di intelligence degli Stati Uniti – di studi elaborati da esperti indipendenti di molti altri paesi (Europa, Cina, India, Africa, America Latina, mondo arabo-musulmano, ecc.).

Il documento confidenziale che il presidente Barack Obama ha trovato sulla sua scrivania, lo scorso 21 gennaio, quando ha preso possesso del suo secondo mandato, è stato appena pubblicato con il titolo  “Global Trends 2030. Alternatives Worlds . Cosa ci dice?

La constatazione principale è il declino dell’Occidente. Per la prima volta a partire dal XV secolo, i paesi occidentali stanno perdendo potere di fronte all’ascesa delle nuove potenze emergenti. Inizia la fase finale di cinque secoli di dominazione occidentale del mondo. Anche se gli Stati Uniti rimarranno una delle principali potenze planetarie, perderanno la loro egemonia economica a favore della Cina. E non eserciteranno più la loro “egemonia militare solitaria”, come hanno fatto dalla fine della guerra fredda (1989). Andiamo verso un mondo multipolare nel quale nuovi attori (Cina, India, Brasile, Russia, Sud Africa) hanno la vocazione a costituire solidi poli regionali e a insidiare a Washington e ai suoi alleati (Giappone, Germania, Regno Unito, Francia) la supremazia internazionale.

Per avere un’idea dell’importanza e della velocità del declassamento occidentale che si avvicina, basta segnalare queste cifre: la quota dei paesi occidentali nell’economia globale passerà dal 56 per cento attuale al 25 nel 2030… Così, in meno di vent’anni, l’Occidente perderà più della metà del suo predominio economico… Una delle conseguenze di questo è che gli Usa e i loro alleati non avranno probabilmente più i mezzi finanziari per assumere il ruolo di gendarmi del mondo… In modo che questo cambiamento strutturale (aggiunto alla attuale crisi finanziaria ed economica) potrebbe realizzare ciò che non hanno ottenuto né l’Unione Sovietica né Al-Qaeda: indebolire stabilmente l’Occidente.

Secondo questo rapporto, in Europa la crisi durerà almeno un decennio, cioè fino al 2023… E, sempre secondo il documento della Cia, non è certo che l’Unione europea sarà in grado di mantenere la sua coesione. Nel frattempo, si conferma l’emergere della Cina come seconda economia mondiale, con la vocazione a diventare la prima. Allo stesso tempo, gli altri paesi del gruppo chiamato Brics (Brasile, Russia, India e Sud Africa) si piazzano nella seconda fila competendo direttamente con gli antichi imperi dominanti del gruppo Jafru (Giappone, Germania, Francia, Regno Unito: l’acronimo deriva dai nomi di questi paesi in spagnolo, ndt).

In terza linea appaiono ora una serie di potenze intermedie, con demografie in aumento e con forti tassi di crescita economica, anch’esse chiamate a convertirsi in poli egemonici regionali, con la tendenza a trasformarsi in gruppo con una influenza mondiale, il Cinetv (Colombia, Indonesia, Nigeria, Etiopia, Turchia, Vietnam).

Ma da qui al 2030, nel Nuovo Sistema Internazionale, alcune delle maggiori collettività del mondo non saranno più paesi ma comunità aggregate e vincolate tra loro attraverso Internet e le reti sociali. Per esempio, “Facebookland”: più di un miliardo di utenti… O “Twitterland”, più di 800 milioni… La loro influenza, nel gioco dei poteri della geopolitica mondiale, potrà rivelarsi decisiva. Le strutture di potere diventeranno liquide grazie all’accesso universale alla Rete e all’uso di nuovi software.

A questo proposito, il rapporto della Cia annuncia la nascita di tensioni tra i cittadini e alcuni governi in un tipo di dinamiche che vari sociologi definiscono “post-politiche” o “post-democratiche”… Da una parte, la generalizzazione dell’accesso alla rete e l’universalizzazione dell’uso delle nuove tecnologie permetteranno alla cittadinanza di conquistare alti livelli di libertà e di sfidare i suoi rappresentanti politici (come durante le primavere arabe o la crisi, in Spagna, degli “indignados”). Ma, allo stesso tempo, secondo gli autori del rapporto, questi stessi mezzi elettronici forniranno ai governi “una capacità senza precedenti di controllo sui propri cittadini”.

“La tecnologia – aggiungono gli analisti di Global Trends 2030 
continuerà ad essere il grande livellatore, e i futuri magnati di Internet, come potrebbe essere il caso di Google e di Facebook, possiedono intere montagne di dati, e gestiscono in tempo reale più informazione di qualunque governo”. Per questo, la Cia raccomanda all’amministrazione Usa di far fronte a questa eventuale minaccia delle grandi aziende di Internet attivando lo Special Collection Service, un servizio di intelligence ultrasegreto – amministrato congiuntamente dalla Nsa (National Security Agency) e dal Sce (Service Criptology Elements) delle forze armate – specializzato nell’intercettazione clandestina di informazioni di origine digitale. Il pericolo che un gruppo di imprese private controlli tutta questa massa di dati risiede, principalmente, nel fatto che questo potrebbe condizionare il comportamento su grande scala della popolazione mondiale e anche delle entità governative. Si teme anche che il terrorismo jihadista sia rimpiazzato da un cyberterrorismo ancora più pervasivo.

La Cia prende tanto più sul serio questo nuovo tipo di minacce perché, alla fine, il declino degli Stati Uniti non è stato provocato da una causa esterna ma da una crisi interna: il crollo economico iniziato nel 2008. Il rapporto insiste sul fatto che la geopolitica di oggi deve interessarsi a nuovi fenomeni che non hanno necessariamente un carattere militare. Anche se le minacce militari non sono scomparse (si vedano le intimidazioni armate contro la Siria o il recente atteggiamento della Corea del Nord e il suo annuncio di un possibile uso dell’arma atomica), i pericoli principali che oggi corrono le nostre società sono di ordine non-militare: cambiamento climatico, conflitti economici, crimine organizzato, guerre digitali, esaurimento delle risorse naturali…

Su quest’ultimo aspetto, il rapporto indica che una delle risorse che si sta più velocemente esaurendo è l’acqua dolce. Nel 2030, il 60 per cento della popolazione mondiale avrà problemi di rifornimento di acqua, ciò che darà luogo all’apparizione di “conflitti idrici”… In merito alla fine degli idrocarburi, invece, la Cia si mostra molto più ottimista degli ecologisti. Grazie alle nuove tecniche di fracking (fratturazione idraulica), lo sfruttamento del petrolio e del gas di scisto sta raggiungendo livelli eccezionali. Già gli Stati Uniti sono autosufficienti per quanto riguarda il gas, e nel 2030 lo saranno per il petrolio, la qual cosa rende più bassi i suoi costi di produzione manifatturiera e suggerisce la rilocalizzazione delle industrie delocalizzate in passato. Ma se gli Usa – principali importatori attuali di idrocarburi – smettono di importare petrolio, è da prevedere che i prezzi precipiteranno. Quali saranno allora le conseguenze per gli attuali paesi esportatori?

Nel mondo verso il quale andiamo il 60 per cento delle persone vivranno, per la prima volta nella storia dell’umanità, nelle città. E, in conseguenza della riduzione accelerata della povertà, le classi medie saranno dominanti e triplicheranno, passando da uno a tre miliardi di persone. Questo, che in sé è una rivoluzione colossale, comporterà come conseguenza, tra altri effetti, un cambiamento generale nei costumi dell’alimentazione e, in particolare, un aumento del consumo di carne a scala planetaria. Il che aggraverà la crisi ambientale. Perché si moltiplicherà l’allevamento di bovini, maiali e pollame, e questo presuppone un consumo di acqua (per produrre mangime, di fertilizzanti e di energia) cfon conseguenze negative in termini di effetto serra e di riscaldamento globale…

Il rapporto della Cia annuncia anche che, nel 2030, gli abitanti del pianeta saranno 8,4 miliardi, ma l’aumento demografico cesserà in tutti i continenti meno che in Africa, con il conseguente invecchiamento della popolazione mondiale. In cambio, il legame tra l’essere umano e le protesi tecnologiche accelererà il suo sviluppo fino a nuove generazioni di robot e l’apparizione di “superuomini” capaci di prodezze fisiche e intellettuali inedite.

Il futuro è scarsamente prevedibile. Non per questo bisogna smettere di immaginarne le prospettive. Preparandoci ad agire nelle diverse circostanze possibili, delle quali alla fine una sola si produrrà. Anche se abbiamo già avvertito che la Cia ha il suo proprio punto di vista soggettivo sull’evoluzione del mondo, condizionato dal filtro della difesa degli interessi statunitensi, il suo rapporto quadriennale non smette di essere uno strumento estremamente utile. La sua lettura ci aiuta e prendere coscienza delle rapide evoluzioni in corso e a riflettere sulla possibilità di ciascuno di noi di intervenire e a orientarne la direzione. Per costruire un futuro più giusto.

* Direttore di Le Monde diplomatique, edizione in lingua spagnola. Articolo tradotto da www.democraziakmzero.org


Da leggere tutto d'un fiato questo pezzo e meditarci sopra a lungo, possibilmente in compagnia.
Gli Articolo 31 non ci avevano visto male quando cantavano il loro 2030.  

Nessun commento:

Posta un commento