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12/05/2013

Dr. Feelgood


E' da circa 2 anni che ho in mente di scrivere qualcosa su questo disco, ma non essendo mai soddisfatto di ciò che metto insieme, non ho mai condotto in porto la presente recensione.
Ci riprovo oggi perché in questo fine settimana non ho avuto voglia di fare la consueta summa di notizie da comunisti e il clima "californiano" mi ha messo di buzzo buono.

Non ho mai trovato semplice parlare di Dr. Feelgood perché non sono interessato a buttar giù una disamina classicamente intesa del disco. Non mi interessa perché non ci vogliono particolari doti critiche per rendersi conto che il quinto album dei Motley Crue è probabilmente quello più completo della loro carriera risultando ineccepibile per:
  • qualità delle composizioni - a dispetto del passato non c'è una sola traccia in calando nell'album
  • esecuzione - il gruppo non sbava mai tenendo costantemente alta l'attenzione dall'inizio alla fine
  • produzione - su questo disco Bob Rock s'è speso in un'opera monumentale che suona attuale anche a distanza di 20 anni come pochissimi altri dischi riescono a fare
Ciò che a mio parere rende Dr. Feelgood una pietra miliare, più d'un classico del rock è, tuttavia altro. Mi riferisco alla capacità che questo disco ha fatto propria d'iconizzare lo stile di vita uscito vincente dagli anni '80 ovvero l'individualismo sfrenato e la tendenza a consumare l'esistenza come fosse un vuoto a perdere, non tanto sul personale - in quel periodo i Crue presero, almeno in parte, le distanze dagli eccessi del periodo di Girls, Girls, Girls di cui si trova testimonianza in pezzi come quello d'apertura e Kickstart my heart - quanto su una dimensione più globalizzata, che in sostanza ammazza qualsivoglia concezione sociale e condivisa del vivere che esuli dal bucarsi in compagnia e fottere come conigli arrapati.
In Dr. Feelgood i Crue portano dunque a compimento un "disegno" che, a posteriori, mostrerà d'aver destrutturato il rock con precisione chirurgica. L'alter ego per eccellenza della musica colta, infatti, dopo due decenni trascorsi ad impersonare il braccio artistico della critica sociale di massa, nel corso degli anni '80 viene ridotto a mera valvola di sfogo in cui il singolo può vomitare tutta la propria misoginia, uno strumento con cui liberarsi da frustrazioni e ambizioni represse senza uno straccio di progettualità condivisa per mutare la propria condizione.

Dr. Feelgood ha quindi peso biografico notevole nella storia del rock perché meglio di chiunque altro banalizzò il messaggio enfatizzandone la forza espressiva.

Questo concetto penso sia reso magistralmente dal brano di chiusura del disco, quella Time for change che pare scritta su misura per l'allora Partito Repubblicano di Ronald Reagan,  che si è conquistato un posto nel cuore della gente con le politiche di crescita economica - che hanno ammazzato la manifattura statunitense - e l'impegno per la pace - che si concretizzava in merdate come lo scandalo Iran-Contras -.



Vale la pena ascoltare questa canzone per godere dello splendido assolo con cui la chiude Mick Mars e per rendersi conto che, forse, poteva davvero essere il tempo per cambiare, ma non in peggio.

1 commento:

  1. Aaahhh, non ti nascondo parecchia delusione quando ho letto il titolo della recensione.
    Ero convinto buttassi giù due righe sugli ANWL.
    Comunque sai come la penso, mi basta ascoltare anche due sole note di un qualsiasi Alive! dei Kiss per lasciare tranquillamente nel dimenticatoio questi noti beccioni.

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