Una delle chiavi di questa mitologia,
tenuta cara da amici e nemici, è quella legata ai misteri d’Italia dei
quali Andreotti sarebbe stato ineguagliabile detentore. E qui non
bisogna confondere la logica giudiziaria, quella per la quale
l’attribuzione della responsabilità è sempre invocata ma sempre incerta,
con quella della storia. Non esistono i misteri d’Italia se non nella
forma di carte che forse non verranno mai alla luce ma che non potranno
aggiungere molto alla verità già emersa. Non c’è bisogno di ulteriori
carte, magari nascoste chissà dove, per affermare con certezza che
Giulio Andreotti è stato tra i massimi responsabili, nella storia della
repubblica, di trame golpiste, fiancheggiamento di stragi, omicidi,
speculazioni finanziarie, relazioni con la mafia e con la P2. I fatti
già emersi, pubblici e certificabili inchiodano irrimediabilmente alle
sue responsabilità storiche e politiche uno dei peggiori uomini che mai
siano nati nell’Italia contemporanea.
Il fatto che Andreotti sia stato anche
una persona brillante getta, sicuramente, un’ombra su questa qualità in
generale, ma non rappresenta certo un’attenuante. Un uomo che ha concorso ad
uccidere, imbrogliare, tramare, gettando nella disperazione un
paese troppo spesso scosso dalle stragi. Il mito di Giulio Andreotti,
con tutto il suo portato di sedicenti misteri, non va quindi coltivato.
Va proprio dimenticato. Perché la sua storia fa piuttosto parte di una più
generale storia di una classe dirigente, quella della DC, che è rimasta
al potere ben oltre ogni decenza ma soprattutto necessità di questo
paese. Quella è la storia da studiare ben più degli aneddoti su
Andreotti. La vicenda di una classe dirigente corrotta e mafiosa ma
abile e accorta. Compromessa ma capace di ricavarsi a lungo un ruolo e
una necessità. Classe dirigente che si è nutrita di sangue, quando l’ha
ritenuto necessario, e che è persino rimpianta dai meno accorti. Classe
dirigente che non dimentichiamolo, nel momento di massima difficoltà e
di delegittimazione completa di un intero paese, è stata salvata dal
Pci. Partito che non trovò di meglio che salvare, con voti decisivi alle
camere, ben 27 volte Andreotti dall’autorizzazione al processo. Ma qui
comincerebbe un’altra storia. Di quando la sinistra salvò, con la regia
di Giorgio Napolitano, Andreotti e la Dc. Ricorda qualcosa?
Ecco, meglio dimenticare Andreotti, il
suo inutile folklore e concentrarsi sui veri drammi politici di questo
paese. Quelli che vogliono che, in un modo o in un altro, ogni tipo di
spinta a sinistra finisca per consolidare le destre specie se
traballanti. E chissà che chi oggi ciancica di “traditori” finisca una
volta tanto per capire che il traditore, verso il quale la storia deve
emettere un verdetto senza scampo, è proprio lui. Il progressista colto,
moderato, democratico della porta accanto. Altro che Andreotti che il
suo mestiere di boia l’ha svolto con stile persino impeccabile.
redazione
6 maggio 2013redazione
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