Da quando si è manifestata la crisi finanziaria ed è esplosa la bolla
immobiliare, in Italia gli sfratti per morosità sono quasi raddoppiati. E
la fine delle politiche di edilizia popolare aggrava il problema.
In Italia il numero totale dei provvedimenti di sfratto ha
subito una progressiva diminuzione dalla fine degli anni '80 (con
qualche occasionale ripresa) fino al manifestarsi della crisi
immobiliare ed economica della metà degli anni 2000: dai quasi 140 mila
provvedimenti emessi nel 1983 si passava ai 45 mila del 2005. Poi la
lenta ma inesorabile risalita (soprattutto dal 2008 in poi) fino ai
quasi 64 mila del 2011. E c’è da giurare che nel 2012 i dati siano
ancora più allarmanti.
I dati sono stati resi noti ieri a Firenze
nel corso del convegno ''Abitare difficile'' promosso dalla Regione
Toscana. Sempre a livello nazionale, dal 1995 al 2006 la contrazione
della quota di alloggi in affitto e la liberalizzazione del mercato con
il superamento e poi l’annullamento dell'equo canone accentuano
progressivamente la sofferenza delle fasce che vivono in affitto, anche
di coloro che prima potevano essere annoverati nelle classi medie: i
provvedimenti per finita locazione passano da 33.901 a 9.838, quelli per
morosità invece crescono da 23.978 a 32.901.
Ma è dal 2007, anno
in cui si manifesta apertamente prima la bolla immobiliare poi la crisi
finanziaria, che gli sfratti per morosità registrano una vera impennata:
in soli 4 anni, dal 2007 al 2011, passano da 33.959 a 55.543, mentre
quelli per finita locazione diminuiscono ancora fino a 7.471.
Nel
corso del convegno a Firenze è stato lanciato ieri anche un allarme sul
modo in cui vivono gli immigrati in Italia. Secondo il rapporto oltre il
20% si trovava nel 2011 in una situazione di “disagio” in quanto a
qualità e sicurezza abitativa, considerando situazioni di affitto con
altri cittadini stranieri, ospitalità offerta da parenti e amici oppure
sistemazione nel luogo di lavoro.
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