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01/12/2014

Le macerie dell’ennesimo post-partito

Le vicende del M5S sono illuminanti. Non ci soffermeremo sulla natura, la visione politica e le caratteristiche di questo “movimento”, già ampiamente dette e non certo solo da noi. Sta venendo a galla in questi ultimi giorni tutta l’inconsistenza della retorica anti-partitica di gran moda oggi in Europa. E’ una sconfitta, quella grillina, che ha più direzioni. Ne vorremmo sottolineare alcune. A cominciare dallo smontare il frame dominante che si sta imponendo in questi giorni, e cioè quello di un movimento più o meno sano e dialettico oppresso dall’esasperato leaderismo della Casaleggio associati. Tutta la parabola 5 stelle ci dice esattamente il contrario. Sebbene sia evidente la pessima gestione del partito da parte di Grillo e Casaleggio, è un altro il dato significativo e in qualche modo stupefacente. Tutte le fuoriuscite, volontarie o imposte che siano state, sono avvenute da destra e hanno guardato a destra della linea imposta dal duo dirigente. Ciascuno dei fuoriusciti, per non dire del dibattito di chi ancora è dentro, spinge verso delle direzioni precise: dialogo con il PD o con SeL; collaborazione per le varie nomine parlamentari; collaborazione per l’elezione del Presidente della Repubblica; maggiore presenza sui media mainstream; eccetera. I percorsi di chi ha lasciato o è stato allontanato dal M5S sono poi chiarificatori: la maggior parte degli espulsi si è riciclata in partiti a destra del M5S, dal “partito delle autonomie”(!) a SeL, dalla “Led”(!!) al PLI(!!!). I più imbranati si sono affidati al gruppo misto in attesa di una chiamata renziana. Insomma, se la dirigenza è pessima, il corpo del partito è ancora peggio, e preme verso determinate linee di rottura completamente sbagliate, che hanno la capacità di impedire qualsiasi empatia verso delle scelte che sono peggiori della linea dettata dal comico ligure e dalla controfigura di Krusty il clown. Dei tanti aspetti da combattere delle linea politica del movimento, quelle rotture avvengono proprio su ciò che invece andrebbe “salvato” dell’impostazione grillina: coi responsabili politici di questo sistema di sviluppo non ci si parla, non ci si accorda, non gli si facilita il compito. Coi media mainstream non ci si parla, non si presenzia in tv, non si concedono interviste, se non da una posizione di forza, e cioè facendo parlare di sé smontando il giocattolo mediatico.

Questa vicenda ha però da insegnare anche altro. Come volevasi dimostrare, alla prima folata di vento contrario il M5S sta venendo giù come un castello di carte senza fondamenta. Senza alcun tipo di organizzazione che non sia l’estremo verticismo dirigenziale e un blog dal quale dettare la linea, qualsiasi spallata provoca un terremoto all’interno del movimento. Un terremoto al quale non può porre argine neanche una certa disciplina di partito, per non dire della formazione politica dei rappresentanti. L’assenza di organizzazione, di strutturazione, impedisce sia al corpo dei militanti di acquisire quegli strumenti per fare fronte alla lotta politica quotidiana, sia all’insieme degli eletti di avere quella disciplina e quella fedeltà all’organizzazione capace di fare quadrato quando serve. Un insieme di “bravi” ragazzi/e gettati/e in politica senza alcun tipo di esperienza ha prodotto quello che era lecito supporre: una masnada informe ed eterogenea di punti di vista personali, senza una chiara linea politica condivisa e comprensibile, senza un sistema di idee di riferimento che potesse servire ad inquadrare ogni singolo fatto quotidiano in un preciso schema politico. Messi alla rinfusa e coscientemente privati di questo bagaglio politico, ognuno ragiona per sé, ciascuno secondo propria coscienza politica che suppone di avere ed evidentemente non ha, tutti in ordine sparso e legati insieme dalle capacità economiche e aggregatrici del leader. Ma la lotta politica è un’altra cosa, e la parabola discendente del M5S ce lo ricorda oggi in tutta la sua interezza.

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