L’Isis non ha mancato l’appuntamento con le celebrazioni per la fine del Ramandan e ieri ha colpito con un attentato suicida a Khan Bani Saad, cittadina a maggioranza sciita pochi chilometri a nord di Bagdad, facendo strage in un mercato.
Il bilancio, ancora provvisiorio, parla di almeno 120 morti, una
ventina di dispersi e oltre 170 feriti tra donne, uomini e bambini
usciti per gli acquisti della sera dell’Eid al-Fitr.
La rivendicazione del sedicente Stato islamico, che controlla parte del Paese, è arrivata in serata. Il
kamikaze era a bordo di un furgoncino imbottito di tre tonnellate di
esplosivo, si è lanciato contro la folla e ha fatto esplodere
l’autobomba. Le autorità della provincia di Diyala,
in cui si trova Khan Bani Saad, hanno proclamato tre giorni di lutto e
hanno cancellato tutti gli eventi legati all’Eid al-Fitr (per gli sciiti
venerdì e per i sunniti giovedì).
Diyala era caduta nelle mani delle milizie di Abu Bakr al-Baghdadi
l’anno scorso, successivamente ricacciate fuori dalla provincia dalle
Forze armate irachene e dai combattenti curdi. Tuttavia, nell’area sono
ancora presenti cellule legate all’autoproclamato califfato e i
combattimenti tra i jihadisti e l’esercito iracheno non sono mai finiti.
L’inizio della settimana era stato segnato da una serie di attentati
nella capitale, anche questi rivendicati dall’Isis.
La provincia di Diyala oggi è militarizzata, con nuovi check point e il dispiegamento massiccio di militari e polizia. Il presidente del Parlamento, Salim al-Jabouri,
ha ribadito che il governo è impegnato a impedire che “il terrore dei
jihadisti destabilizzi Diyala”, ma tra la popolazione cresce la rabbia.
La provincia è teatro di scontri e attentati.
“Siamo usciti per andare al mercato per i preparativi
dell’Eid, ma la gioia si è trasformata in dolore, abbiamo perso amici e
parenti, tutto a causa del fallimento del governo nel garantirci
sicurezza”, ha detto un abitante di Khan Bani Saad all’Associated Press. I racconti dei sopravvissuti parlano di scene d'orrore, con persone intente a raccogliere i resti in brandelli delle vittime.
Non è la prima strage a Diyala, dove lo scorso agosto fu una moschea
sunnita a entrare nel mirino dell’Isis. Il bilancio fu di 64 morti e,
secondo la gente del posto, si trattò di una ritorsione dei jihadisti
per il rifiuto di alcune tribù di giurare fedeltà allo Stato islamico.
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